Cardinale Carlo Maria Martini: ci sono cose che vorrei dire alla Chiesa
Dall’articolo su “ Repubblica” di Zita Dazzi [ 05/06/2008) (http://www.repubblica.it/2008/05/sezioni/esteri/benedettoxvi-21/martini-vizi/martini-vizi.html) sottolineiamo alcuni passaggi del Card. C.M. Martini, affetto da M di Parkinson , dagli esercizi spirituali predicati a sacerdoti nella casa dei Gesuiti di Galloro.
E’ un impegno che vuole onorare a tutti i costi “Devo farlo perché sarà l’ultimo ritiro, fa parte delle scelte che fa una persona anziana e in dirittura d’arrivo, ci sono cose che devo dire alla Chiesa. “
Commentando alcuni brani della lettera di Paolo ai Romani [ Rm 12, 2: Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto. etc …], la dove si parla del peccato, con monito austero, lancia delle piste di riflessioni:
“Tutti questi peccati, nessuno escluso, sono stati commessi nella storia del mondo, ma non solo. Sono stati commessi anche nella storia della Chiesa. Da laici, ma anche da preti, da suore, da religiosi, da cardinali, da vescovi e anche da papi. Tutti “
L‘inganno che per me è anche fingere una religione che non c’è. Fare le cose come se si fosse perfettamente osservanti ma senza nessuna interiorità“.
L’invidia, vizio clericale per eccellenza, “Che cosa ho fatto io di male perché il tale fosse nominato vescovo e io no “.
La calunnia: “beate quelle diocesi dove non esistono lettere anonime. Quando io ero arcivescovo davo il mandato di distruggerle. Ma ci sono intere diocesi rovinate dalle lettere anonime, magari scritte da Roma.“
Il vanto di fare gruppo , “ di coloro che credono di fare molti proseliti, di portare gente perché così si conta di più. Questo difetto grave è molto presente anche nella Chiesa di oggi. Come il vizio della vanagloria, del vantarsi. Ci piace più l’applauso del fischio, l’accoglienza della resistenza. E potrei aggiungere che grande è la vanità nella Chiesa. Grande! Si mostra negli abiti. Un tempo i cardinali avevano sei metri di coda di seta. Ma continuamente la Chiesa si spoglia e si riveste di ornamenti inutili. Ha questa tendenza alla vanteria“.
“Anche nella Curia romana ciascuno vuole essere di più. Ne viene una certa inconscia censura nelle parole. Certe cose non si dicono perché si sa che bloccano la carriera. Questo è un male gravissimo della Chiesa, soprattutto in quella ordinata secondo gerarchie perché ci impedisce di dire la verità. Si cerca di dire ciò che piace ai superiori, si cerca di agire secondo quello che si immagina sia il loro desiderio, facendo così un grande disservizio al Papa stesso“.
“Purtroppo ci sono preti che si pongono punto di diventare vescovi e ci riescono. Ci sono vescovi che non parlano perché sanno che non saranno promossi a sede maggiore. Alcuni che non parlano per non bloccare la propria candidatura al cardinalato. Dobbiamo chiedere a Dio il dono della libertà. Siamo richiamati a essere trasparenti, a dire la verità. Ci vuole grande grazia. Ma chi ne esce è libero“.
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