A 50 anni dal concilio Vaticano II: una riflessione di Enzo Bianchi
(l’Unità, 15 luglio 2012 di ENZO BIANCHI )
Cinquant’anni fa Giovanni XXIII annunciava il Concilio Vaticano II.
( Cliccando sull’immagine a dx si potrà vedere il filmato ) >>>>>>>>>>>
Cinquant’anni sono un arco di tempo significativo per una lettura di quella «nuova pentecoste» che ha attraversato la Chiesa cattolica e il suo rapporto con le altre confessioni cristiane, con le altre religioni e il mondo contemporaneo.
I «padri conciliari» ancora vivi sono pochissimi e più nessuno esercita ancora un ministero pastorale (il teologo Joseph Ratzinger vi prese parte come «perito»), abbondano ormai studi e ricostruzioni storiche basate su archivi, diari e documenti di ogni tipo…
Eppure la lettura non può essere«distaccata» perché le energie spirituali suscitate e i cambiamenti innestati dal Concilio sul tronco vivo e vitale della tradizione bimillenaria della Chiesa sono attualissimi ancora oggi, nonostante vi sia chi, anche nella Chiesa purtroppo, lavora contro quella che Giovanni Paolo II definì «la grazia più grande fatta da Dio alla Chiesa del XX secolo … l’evento ecclesiale più significativo e determinante».
Davvero il Concilio resta ancora da attuare pienamente: non si dimentichi che, ancora all’inizio del nuovo millennio il Papa aveva chiesto a tutte le Chiese locali di interrogarsi sulla ricezione del Concilio e di ritornare ai testi emanati dal Vaticano II, in modo da conoscerli e assimilarli.
Del resto la storia ci insegna che eventi epocali come un’assise ecumenica necessitano di diversi decenni per divenire patrimonio condiviso da tutta la Chiesa e questa progressiva assimilazione non può essere accelerata semplicemente da mezzi di comunicazione più rapidi.
Tuttavia chi ha vissuto con consapevolezza la Chiesa negli anni precedenti al Concilio può misurare il cambiamento, leggendo con relativa oggettività e soprattutto con uno spirito di ringraziamento il cammino già percorso.
La vicenda cristiana è un «ricominciare» sempre, nella vita del singolo cristiano come nella vita della Chiesa: mutamento quindi non significa che il Vangelo cambia, ma – come osava dire il beato Giovanni XXIII – che siamo noi, la Chiesa, a comprenderlo sempre meglio.
In questo senso appare sterile e artificiosa una polarizzazione tra «rottura» e «continuità»: la Chiesa non è tanto un’istituzione quanto il corpo di Cristo, un organismo vivente che conosce stagioni e che esige la «riforma», la quale sempre dovrebbe ricondurre gerarchia e popolo di Dio a una rinnovata fedeltà al Vangelo e al suo Signore.
Se anche oggi vi è chi piange sulla situazione della Chiesa e scorge segni di disfacimento e di crisi, in realtà il fuoco ardente del Vangelo è ancora ben presente sotto la cenere: basta un fascio di legna secca, un bastone per scostare la cenere, un soffio e la fiamma torna a riaccendersi, a illuminare e scaldare.
Basterebbe pensare alla qualità della fede di molti cristiani quotidiani, alla consapevolezza della chiamata universale alla santità cristiana, alla presenza della parola di Dio al cuore delle comunità ecclesiali, alla capacità di dialogo che la Chiesa ha acquisito nei confronti delle altre confessioni e delle altre religioni…
Non si tratta di fare una lettura apologetica degli anni post-conciliari: inadempienze al Vangelo e contraddizioni in diversi ambiti e su diversi temi sono ancora presenti, ma la strada imboccata con il Concilio per ora non è smentita, né dimenticata.
Se volessimo evidenziare un aspetto che ancora attende piena realizzazione è che la Chiesa, scopertasi con il Vaticano II essenzialmente «comunione», lo diventi in profondità, fino a essere «casa comune» per tutti i cristiani e, di conseguenza, scuola di comunione anche per tutti gli uomini.
La sinodalità deve trovare nuove vie per esprimersi; l’unità della chiesa deve inventare strade di maggior comunione e corresponsabilità tra vescovi, presbiteri e fedeli, pur nella differenza dei doni e dei ministeri; la ricerca della verità deve sempre più manifestarsi nella dolcezza della compagnia degli uomini.
Forse proprio in questo campo il Concilio può essere una chiara bussola per orientare con rinnovato slancio il continuo cammino di ritorno della Chiesa al suo Signore.
Lascia un commento