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Il volto umano

Riportiamo un post di fratel Marco  apparso sul blog  dei Piccoli Fratelli di Jesus Caritas del 08 Settembre 2012 dal titolo ” il Volto Umano ” .
 Si contempla in modo semplice ma efficace come il nostro volto sia unico e diverso da quello di chiunque altro, la nostra personalità originalissima con il suo carattere specifico, il nostro corpo e i tratti del nostro cuore che sono solo nostri e non saranno mai di nessun altro sulla faccia della terra.
Ormai in tutte le parti del mondo le possiamo incontrare, le donne arabe, avvolte nei loro veli e nei loro lunghi abiti nei quali ad essere esaltato è il volto. L’unica parte scoperta che tutti possono vedere e spesso “contemplare” è il loro viso. Vivendo in Medio Oriente questa visione è più frequente perché le donne musulmane sono molto numerose.

Volti spesso assai belli costituiti di una carnagione scura, dai tratti delicati e profondi, occhi scuri e grandi che richiamano il senso del mistero, sorrisi affascinanti che risaltano la bellezza e l’armonia dell’intero viso. Con il loro intento, tipicamente islamico, di custodire la bellezza ed il segreto unicamente per il loro uomo, ci aiutano a guardare all’essere umano non come ad un oggetto, bensì come ad un mistero apparentemente inafferrabile e irraggiungibile: il volto dell’uomo.
Con questa immagine vogliamo esprimere quella domanda antica per lo meno quanto lo è la razza umana: chi è l’uomo? Chi è questa creatura così affascinante proprio perché unica, “fatta poco meno di un Dio” (Sal 8,6), della quale, secondo la tradizione, gli angeli stessi sono gelosi, e quale mistero porta nel suo intimo?
L’umanità di cui siamo impastati è davvero un dono grandioso che Dio ci ha fatto, il primo regalo divino che si esprime nel nostro volto unico e diverso da quello di chiunque altro, la nostra personalità originalissima con il suo carattere specifico, il nostro corpo e i tratti del nostro cuore che sono solo nostri e non saranno mai di nessun altro sulla faccia della terra. È la prima parola che Dio ha detto proprio a noi e la prima parola che Dio dice attraverso di noi.
Veniamo da una tradizione non troppo amica di questa natura umana nella quale spesso si è visto una specie di ostacolo al cammino spirituale della persona. Tutto ciò che aveva il sapore di naturale, istintivo, passava sotto il sospetto di peccato e doveva difendersi dall’accusa di essere fuorviante rispetto al cammino salvifico dell’uomo. Ma quale mistero mirabile è l’Incarnazione che fa sì che Dio prenda la forma dell’uomo ed assuma una umanità concreta originalissima, come è la nostra, e faccia sue tutte le caratteristiche della natura umana che troviamo inscritte nel nostro corpo e nel nostro spirito. Da allora non ci è più consentito di parlare della nostra umanità come di un limite, ma anzi siamo chiamati a vedere in essa appunto quella rivelazione di un volto ancora più misterioso e più grande: quello del Dio-uomo, quello di Gesù Cristo.
Mi hanno sempre colpito, soprattutto in questa terra orientale, le immagini della tradizione ecclesiale ortodossa, le icone. In molti casi sono la “scrittura”, la descrizione del volto di Cristo. Soffermandosi a contemplare quel volto si scorgono i tratti di una umanità specifica, la bellezza di un uomo scritta attraverso dei tratti che sono forse un po’ distanti dal nostro gusto occidentale. Ma dietro tali tratti si scorge allo stesso tempo la rivelazione del mistero del Dio incarnato e dell’uomo divinizzato. In altre parole guardando a quel volto si può scorgere il volto di Dio ed anche il mio.
Possono apparire riflessioni astratte e distanti dalla vita quotidiana ma non è così. A rivelarci primariamente il volto di Dio è proprio l’uomo, quello che incontriamo ogni giorno accanto a noi, quello che fa parte del mondo delle relazioni più strette, l’uomo che noi stessi siamo. Attraverso i rapporti di amicizia, di amore, di lavoro, possiamo incontrare il Dio che si fa carne e si fa storia e che viene a salvarci. Allo stesso tempo però dobbiamo subito aggiungere che è il volto di Dio che ci dice chi sia realmente l’uomo, quale strada è chiamato a percorrere per essere autenticamente sé stesso.
È famosa a questo proposito la frase di un tale, molto noto da queste parti, Ponzio Pilato, che inconsapevolmente fa una affermazione di una portata rivelatrice a lui stesso sconosciuta. Quando fa affacciare Gesù dal terrazzo del pretorio perché la folla possa vedere il suo volto e il suo corpo, per altro ferito e segnato dalle percosse e le frustate che rappresentano le vicissitudini di un’intera vita, dice: “Ecce homo!”. “Ecco l’uomo!” (Gv 19,5). Non è solo l’affermazione di chi proclama che è lui l’uomo in questione, da giudicare, se lasciarlo vivere o farlo morire, ma è la frase di chi attesta che in lui, in quel volto e in quel corpo specifici provati dalla vita, si rivela il volto ed il mistero dell’uomo.
Se vogliamo incontrare veramente Dio non possiamo saltare la nostra umanità e la persona del fratello e se vogliamo essere veramente uomini non possiamo trascurare il rapporto con la persona di Cristo.
Per questo, a mio avviso, tra tutti gli uomini e le donne del suo tempo, Gesù ha prediletto i bambini e i poveri. Perché in loro l’immagine dell’umanità e l’immagine del mistero erano più “pure”, più vicine all’essenziale, proprio perché non avevano molti mezzi su cui contare e che potevano anche allontanare da quel nucleo centrale in cui umanità e divinità si incontrano. Per questo i ricchi si trovano nella condizione paradossalmente più povera e più insidiosa. Per questo ha percorso le strade della Galilea risanando e guarendo uomini e donne di tutte le nazionalità e condizioni sociali. Per questo chi non si riconosce tra i “malati”, tra i poveri, non può incontrare la sua salvezza.

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