La vera profezia di Cristo è la resurrezione dai morti
Nella commemorazion dei defunti riportiamo da “ Deserto nella città” di Carlo Carretto ” alcuni brani tratti da” Domenica – Resurrezione profezia di Gesù ”
… Non è difficile convincersi che la vera profezia del Cristo è la Resurrezione dai morti.
Penso sia davvero il sunto del suo insegnamento, del suo annuncio reso autentico e terribilmente vero del fatto che fu Lui a risorgere per primo, aprendo una via definitiva attesa da secoli con lo spasimo di tutte le morti.
Basta vedere un animale morire dilaniato nelle sue carni, basta vedere un uomo agonizzare per capire che sulla natura tutta quanta pesa un interrogativo insopportabile, una tragedia senza limiti, una oscurità totale.
Nessuno ha saputo dare una risposta.
Le parole sono fuori posto quando da un corpo vivo esce un lamento doloroso. Tutt’al più si può dire con Giobbe:
“Perisca il giorno in cui nacqui
e la notte in cui si disse:
è concepito un uomo” (Giobbe 3, 3).
La creazione è stata molto paziente nel sopportare la morte per tante generazioni prima che venisse Lui a spiegare le cose.
Certamente era aiutata dallo Spirito che abitava in essa per avere la forza di attendere perché altrimenti non sarebbe stata capace.
La pazienza di morire fa onore ai fiori, agli uccelli, alle volpi, all’uomo.
Io mi commuovo sempre davanti ad una formica che resta immobile schiacciata dalla mia sbadataggine o davanti a un coniglio che mi guarda con gli occhi vuoti mentre io con un coltello gli ho aperto la gola per preparare il pranzo ai miei fratelli.
Guai se cerco di capire!
Meglio vivere tra le pagine di un libro di favole dove vita e morte si incontrano come cose naturali e senza farci paura.
Anche Giovanni non fa paura quando presenta la morte con l’immagine del chicco di grano che muore.
“In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore produce molto frutto” (Giovanni 12, 24).
L’immagine è talmente viva che ha il potere di distrarti dalla visione di questo piccolo chicco che si disfa nella morte. La tua attenzione viene subito portata a contemplare la meraviglia di ciò che capita dopo: nel sole sono apparsi trenta, quaranta chicchi, frutto di quello morto a cui non pensi più.
Proprio come capita alla donna – ed è sempre di Giovanni il paragone – che “quando deve partorire soffre ma poi dimentica le doglie perché è nato al mondo un uomo” (Giovanni 16,21).
Il Vangelo ci sta preparando alla grande spiegazione del perché del dolore e della morte e ci rivela il mistero nascosto nei secoli, “la vita nasce dalla morte” .
Quando avremo visto spuntata tutta la vita dimenticheremo la paura provata sul cammino della morte.
È inutile nascondercelo.
Il Vangelo è escatologico.
Nelle sue tappe intermedie ti lascia col cuore sospeso. È per questo che solo i bimbi che sanno dare fiducia possono vivere senza morire di paura.
Sì, la vita nasce dalla morte, la resurrezione spunta su una distruzione totale.
Ma a guardarci bene dentro scopriamo una cosa molto importante, direi fondamentale.
La resurrezione non è la riesumazione di un cadavere. È altra cosa… state tranquilli.
Ve lo immaginate, ad esempio, il vostro corpo giunto, a forza di pillole, e di attenzioni, a 95 anni e che grida con la sua debolezza, la sua bruttezza di scomparire, vederselo ricomparire in piedi tale e quale dopo la resurrezione?
Che disastro!
Se la forza di Dio nella resurrezione fosse quella di riesumare un cadavere, gli direi umilmente ma sinceramente, a proposito del mio: “Signore, per favore, lasciami nella terra e che più nessuno veda la mia faccia”.
Semmai, se proprio vuoi servirti del letame del mio corpo, fagli spuntare sopra un fiore.
E basta!
No, fratelli e anche sorelle… che alla bellezza ci tenete ancora di più… la resurrezione non è la riesumazione di un cadavere anche se bellissimo come lo può essere quello di una bella ragazza che ha avuto la fortuna di morire a venti anni o quello dell’ adolescente amico del Pascoli che il poeta così ricordava sul letto di morte:
“Meglio morire con la testa bionda
che poiché giacque sul guanciale
ti pettinò quei bei capelli ad onda
tua madre, adagio per non farti male“.
C’è qualcun altro che pettinerà i nostri capelli ridotti a lesine dure dalla sofferenza della vita e bagnati dal sudore della nostra morte.
È il Dio della Vita che si avvicina alla nostra morte resa più morte dal tempo, dal peccato, dalle esperienze del dolore e alitando come la prima volta nella genesi dell’universo ci dirà: “lo faccio nuove tutte le cose” e quindi faccio nuovo anche te!
Ti faccio come hai desiderato tu.
Tu desideravi amare e non ci riuscivi: ora ci riuscirai.
Tu volevi la castità e hai pianto sui tuoi fallimenti? Eccoti, ora, ti faccio casto.
Hai sognato di salvare tutti gli uomini e ti sei svegliato ogni giorno umiliato dal tuo egoismo e dalle tue paure: ecco ti faccio capace di comunicare con tutti i poveri dell’universo e di vivere finalmente il dono di te.
La resurrezione non è la riesumazione del mio cadavere. Quello non esiste più come il chicco di grano caduto nella terra.
Esso semmai è solo più il segno di un’ altra cosa che sta spuntando: la memoria di una storia vera, la mia, una continuità nella quale il meglio di me, la coscienza, ha trovato il suo ambiente e ha sviluppato la sua divina realtà a figlio di Dio.
La resurrezione è il trionfo di Dio in noi, la prova della sua potenza creatrice, la capacità di rinnovare tutte le cose.
È straordinario!
Isaia l’aveva profetato:
“Ecco infatti io creo nuovi cieli e nuove terre.
Non si ricorderà più il passato
non verrà più in mente
poiché si godrà e si gioirà sempre
di quello che sto per creare” (Isaia 65, 17)
e Giovanni visto coi suoi occhi incantati di amore:
“Io vidi la città santa, la nuova Gerusalemme
scendere dal cielo da Dio
ed era bella come una sposa
adorna per il suo sposo” (Atti 21,2).
È questo il mio corpo risorto dai morti, la nuova Gerusalemme che va incontro al suo Dio, i Cieli nuovi di Isaia, la Terra divenuta possesso di Dio. ….
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