Epifania: per vedere bisogna aprire gli occchi, guardare e, quando si è visto, l'immobilismo non è più giustificabile … Dio bisogna cercarlo !
( In occasione della solennità dell’Epifania, riportiamo alcuni brani di varie omelie di Paolo VI, quando era arcivescovo di Milano. I brani so tratti dall’omelia del Cardinale Tettamanzi nella festività dell’Epifania del 2005 )
«L’apparizione di Dio nel mondo non si manifesta propriamente come la luce fisica, cioè per ogni verso e in modo obbligante l’occhio ad accoglierla; ma si manifesta, direi […] a fasci, a coni luminosi, a strati: chi non entra nella zona percorsa dalla luce, non s’accorgerà ch’essa passa sul suo capo, ch’essa lo sfiora vicina. Per vedere bisogna aprire gli occhi, almeno, bisogna guardare.
C’è di più: quando s’è visto, bisogna muoversi. Come i Magi. Bisogna andare a Cristo venuto» (Card. Montini : Omelia per il pontificale dell’Epifania, 6 gennaio 1956)…
[ Sì, l’apparizione di Cristo, la rivelazione del suo mistero] , «genera una responsabilità… l’immobilismo non è più giustificabile» È una responsabilità, quella della fede, che si esprime anzitutto nella «ricerca di Cristo, di Dio, della verità»: una ricerca di cui i Magi sono per tutti noi di esempio quanto mai luminoso ed attraente.
Essi – annota il futuro Paolo VI – «cercano una soluzione convergente del loro pensiero con il fatto storico e reale della nascita del Messia; cercano vegliando e studiando i cieli, desumono cioè anche dalla osservazione della natura e dalla scienza umana il segno indicatore; cercano impegnando il loro tempo e sacrificando la loro tranquillità; cercano la testimonianza umana della voce divina; cercano perseverando nell’alternarsi della luce celeste e dell’insegnamento umano; cercano senza vergognarsi dello scopo del loro pellegrinare e senza scandalizzarsi di non aver precursori e seguaci quelli più informati di loro; cercano e trovano nella gioia e nell’umiltà; cercano e trovano per adorare e per dare, felici di offrire e di scomparire» (Omelia durante il pontificale dell’Epifania, 6 gennaio 1957, in DSM, p. 1146).
….. I Magi ci dicono «che Dio bisogna cercarlo: l’ignoranza, l’inerzia, l’indifferenza, l’agnosticismo, il dubbio sistematico, la noia raffinata, lo spiritualismo pago delle sue interiori esperienze, la riduzione del sapere alla sola conoscenza del dato sensibile e di evidenza razionale, e tante altre espressioni della areligiosità moderna sono accusate dai Magi come abdicazione del pensiero umano al suo fine principale, al dovere primo della vita: conoscere Dio» (ivi, in DSM, pp. 1146-1147).
… «per conoscerlo bisogna fare qualche cosa: pensare, studiare, istruirsi, pregarlo» .. . (ivi) e che occorre sempre più «progredire nella conoscenza e nell’intelligenza delle cose di Dio». E questo perché, «l’atto di fede non ci dispensa dallo studio della verità religiosa, ed ecco la teologia; dal culto della verità religiosa, ed ecco la meditazione; dall’amore della verità religiosa, ed ecco la preghiera; dalla coerenza con la verità religiosa, ed ecco la virtù e la vita cristiana» (ivi, in DSM, p. 1149).
Ma la responsabilità della fede non si ferma alla ricerca e alla conoscenza di Dio. La fede esige di essere conservata e, nello stesso tempo, di essere approfondita. … [ I Magi, ad un certo momento, hanno perso di vista la stella, ma non per questo hanno smesso di cercare il nato re dei Giudei: non hanno dimenticato ciò che avevano visto e che aveva fatto muovere i loro passi; hanno continuato a credere all’importanza e alla verità di quel segno; vi sono rimasti fedeli e, con caparbia ostinazione, hanno continuato a cercare. Con il loro comportamento ci insegnano che ] «bisogna non mai rifiutare ciò che abbiamo una volta conosciuto essere vero. Bisogna essere fedeli alla fede», come diceva il cardinale Montini nell’Epifania del 1961 (Omelia nel pontificale dell’Epifania, 6 gennaio 1961, in DSM, p. 4040).
«Ma conservarla non basta, la fede; bisogna studiarla, bisogna approfondirla, bisogna seguirne le interiori e vitali esigenze. Spesso anzi la fede si perde, perché non si nutre di sufficiente alimento di pensiero e di studio. La fede è un inizio di verità che deve crescere… Ricordiamo […] che ancor più del dubbio la verità è feconda; la verità è inesauribile. Possederla costituisce dovere di ulteriore ricerca. Possederla apre il colloquio spirituale, suscita fervore interiore. Possederla crea obbligo di conformarvi la vita… Si classifica qui perciò l’obbligo d’un continuo studio della verità della fede e d’uno sviluppo sempre nuovo e progressivo della cultura cattolica» (Omelia nel pontificale dell’Epifania, 6 gennaio 1961, in DSM, pp. 4040-4041).
Questo dovere di approfondire la fede, di farla diventare sempre più una “fede pensata”, capace di rendere ragione di sé di fronte al mondo e in grado di innervare e animare le vicende delle persone, della società e della storia si presenta quanto mai urgente e indilazionabile nel nostro contesto culturale, spesso impermeabile, o addirittura contrario e ostile ai valori e alle esigenze del Vangelo e della stessa razionalità umana.
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