IV Domenica del TO: la chiesa sa capire i suoi profeti ?
Siamo ancora nella sinagoga di Nazaret, dove Gesù durante la liturgia del sabato ha letto la profezia di Isaia sul profeta–servo di Dio inviato a portare la buona notizia ai poveri, a proclamare la liberazione a tutti gli oppressi, a predicare l’anno della misericordia del Signore (cf. Is 61,1-2).
Gesù ha appena commentato queste parole, dicendo agli abitanti di Nazaret là presenti che esse si sono realizzate in lui. ( E. Bianchi )
C’è un succedersi di sentimenti, di reazioni nell’uditorio che ha dell’incredibile, dell’inspiegabile. … Dapprima stupore, meraviglia per le parole di grazia che uscivano dalla sua bocca…. Poi tutti pieni di furore … pronti a condurlo fuori e precipitarlo dal monte.
Tra questi due momenti una perplessità, un’esitazione: “Non è il figlio di Giuseppe costui?”.
Che sia profeta l’uomo dell’eccezionalità, forse lo accettiamo, ma che sia profeta un figlio di falegname, uno che vedi tutti i giorni, l’uomo e la donna delle cose ordinarie, facciamo fatica ad accettarlo. E, così facendo, svuotiamo di profezia e d’importanza le cose di ogni giorno, gli incontri più quotidiani.
“In verità vi dico che nessun profeta è accetto nella sua patria”.
Gesù dà un criterio che vale per sempre.
Tutti i tempi conoscono l’ostracismo in patria dei profeti..
E poi succede … anche un’altra cosa, anche questa ricordata da Gesù: si rivalutano i profeti del passato, si chiede perdono per quelli cui è stata fatta violenza ieri e si continua, si persiste nell’ostracismo, nella violenza nei confronti dei profeti di oggi: pensate che cosa è successo per don Mazzolari, per Padre Turoldo, per don Lorenzo Milani.
E ai loro nomi potremmo aggiungere nomi di teologi impegnati, illuminati, appassionati del popolo di Dio. Uomini, ma anche donne, nella cui voce era facile percepire il sussulto della profezia, delle parole di Gesù che dava per possibile un cambiamento, una svolta, un’immagine nuova, un modo diverso di pensare, di progettare, di agire. …
Alcune delle voci che abbiamo ricordato, quanta eco ebbero fuori, fuori dei confini istituzionali della Chiesa.
Ma perché non in patria?
Forse perché -così sembra capire dalle parole di Gesù- la patria spesso è la patria della pretesa.
“I miracoli che hai fatto a Cafarnao, falli anche qui nella tua patria”.
Una pretesa.
Tante volte la Chiesa sembra aver ereditato il tragico destino di non capire i suoi profeti
La Chiesa che preferisce i miracoli o le visioni alla Parola di Dio, che non dà spazio alla parola, a volte scomoda, dei profeti, diventa, prima o poi, vuota di Gesù, come quella sinagoga di Nazaret. ( A. Casati )
La profezia non è solo parlare in nome di Dio all’umanità, ma anche portare a Dio il grido delle donne e degli uomini che pretendono una risposta.
Siamo orfani di voci profetiche che prestino le labbra al Signore della vita.
Se il silenzio di Dio ci sembra oggi più terrificante di ieri è anche perché non sempre riusciamo a intercettare presenze, vite, voci autorevoli, profonde, limpide che ci incalzino con la Parola, con il sogno di Dio, con “la verità che esce dalla sua bocca”. ( T. Dell’Oglio )
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