III Domenica di Quaresima: la parabola del fico sterile: meraviglioso simbolo terreno della “ discussione” intradivina tra giustizia e misericordia.
Il brano odierno del vangelo secondo Luca si colloca al cuore della salita intrapresa con decisione da Gesù verso Gerusalemme (cf. Lc 9,51), dove si compirà la sua passione, morte e resurrezione. Gesù ha appena chiesto a quanti lo ascoltano di esercitarsi a discernere i segni dei tempi, a valutare da se stessi ciò che è giusto (cf. Lc 12,54-57), ed ecco che alcuni sottopongono alla sua attenzione un tragico fatto di attualità, così come ne accadono ancora ai nostri giorni: gli riferiscono «circa quei galilei, il cui sangue Pilato aveva mescolato con quello dei loro sacrifici». La mentalità religiosa del tempo vedeva in avvenimenti come questo un segno del castigo di Dio per il peccato, facendone un’occasione di giudizio sulle vittime…
Gesù, al contrario, sa assumere questo evento nella fede, cogliendovi un invito alla conversione. E lo fa con parole nette: «Credete che quegli uomini fossero più peccatori degli altri? No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo». E di seguito cita un altro grave incidente, il crollo della torre di Siloe che aveva causato la morte di diciotto persone, commentandolo ancora con le parole: «Se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».
In questa vita terrena non esiste un castigo di Dio che cade sugli ingiusti mentre risparmia i giusti, ma la verità è un’altra: tutti siamo peccatori, sia chi è morto sia chi rimane in vita, e «chi crede di stare in piedi, dovrebbe fare attenzione a non cadere» (cf. 1Cor 10,12) …
Gesù non intende spaventare nessuno, ma vuole insegnarci che ogni evento richiede una comprensione profonda, ricca di sapienza: occorre cioè leggerlo nel proprio cuore non come un semplice fatto di cronaca, ma collocarlo nella storia, anzi nella storia di salvezza, quella che Dio porta avanti invisibilmente ogni giorno. Solo così ciascuno potrà comprendere, innanzitutto per sé, che «Dio non vuole la morte del peccatore, ma che si converta e viva» (cf. Ez 18,23; 33,11)
Affinché questo sia ben chiaro, Gesù narra la parabola del fico sterile, ( E. Bianchi ) «un meraviglioso simbolo terreno della “ discussione” intradivina tra giustizia e misericordia: come l’unica cosa appare qui divisa in due figure, il padrone e il giardiniere, e questo è però ,alla fine, di nuovo d’accordo col padrone: “ se non da frutto, puoi fargli scavare attorno “ Così il Figlio può essere d’accordo, o non, con il Padre ( da Hans Urs von Balthasar “ Chicco di grano – Aforismi” )
Se Gesù non ha mai condannato nessuno, ma ha sempre offerto a tutti la possibilità e la speranza della conversione, tanto meno spetta a noi ergerci a giudici della fecondità o sterilità degli altri! Ecco perché, come spesso accade nelle parabole, anche questa resta aperta, quale appello a ciascuno di noi a portare frutti di conversione.
Gesù sapeva bene che «la misericordia ha sempre la meglio nel giudizio» (Gc 2,13). Ed è proprio la conoscenza di questa misericordia di Dio, più forte dell’evidenza del nostro peccato, che ci può spingere alla conversione. Sì, ogni giorno il cristiano dovrebbe dire con convinzione: «Oggi ricomincio, oggi posso ricominciare», senza mai porre limiti alla misericordia di Dio.( E. Bianchi )
…Noi viviamo come chi ha già sentito pronunciare il giudizio di condanna e gode di una sospensione dell’esecuzione, come l’albero su cui ha posto l’occhio il padrone che deve essere tolto via ed invece, per un di più di misericordia e di tolleranza, deve dare l’ultima prova di sé.
Noi siamo all’ultima prova.
Questo tipo di analisi, che non mette in questione ciò che c’è nei cieli ma mette in questione ciò che c’è sulla terra, ci permette di riprendere le misure. Anche le misure della nostra fede in Dio.
Avremmo bisogno, come diceva Bonhoeffer, di assumerci un impegno (lui diceva di venticinque anni , ma noi potremmo dire anche di più) di non nominare Dio, di fare silenzio, perché ormai anche il suo nome imbroglia.
Dalla Scrittura di oggi però ci viene fatta una proposta: il Dio di cui parliamo è il Dio che ha avuto pietà degli oppressi. (Ernesto Balducci – da: “Gli ultimi tempi” – vol. 3 – anno C)
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