III Domenica di Pasqua: Siate Pastori del gregge affidatovi!
“Pasci i miei agnelli, le mie pecorelle”.
Blaise Pascal, …, fa lʼosservazione: “Gesù dice, pasci i miei agnelli, i miei, non i tuoi”, terribile!
Noi siamo agnelli di Cristo, non del papa, …. Chi pascola – “Pasci i miei agnelli” – è lui pure un garzone, non è il padrone, il padrone del gregge è Gesù, il pastore è lui, gli agnelli e le pecorelle non sono di Pietro: Pietro è in servizio, non in comando. Tra noi niente piramide, ma fratellanza, perché apparteniamo direttamente a Cristo pastore, non a lui per il tramite di scansioni gerarchiche, che non siano un puro servizio (A. Bergamaschi, Andate e mostrate, 128).
Pascete il gregge che vi è stato affidato …. Siate pastori !
La Chiesa perciò è di Dio, il gregge è di Cristo. Risulta chiaro che lui è il vero pastore, il pastore supremo (v. 4: archipoìmen). Il gregge è suo e di nessun altro, è lui che lo possiede e lo conduce; noi siamo vicari, collaboratori, aiutanti, delegati.
È fondamentale, per conservare la pace del cuore e liberarci dall’ ansietà, sapere che, pur sacrificandoci per il gregge, non ne siamo i responsabili ultimi. Siamo certamente responsabili davanti a Dio, ma ricordando che non potremo mai aver cura della nostra gente più di quanto ne abbia il Signore.
È lui il padrone unico.
Noi abbiamo il compito di pascere «sorvegliando» (epi-skopountes), come chi vede dall’alto e non si lascia condizionare dalle situazioni, perché vede e giudica l’insieme, senza affannarsi o preoccuparsi per i particolari, ma valutando tutto in un ambito generale più vasto.
Le caratteristiche del pascere:
– «Non per forza», non dando l’impressione di portare un peso.
Conosco presbiteri e anche Vescovi che vivono molto il loro ministero come fatica e quasi fanno sentire alla gente il rimprovero per il peso che devono portare.
Sovente raccomandavo ai parroci: guardate che il buon umore della gente dipende dal vostro buon umore. Se voi siete tristi, affaticati e di cattivo umore, i fedeli si accorgono immediatamente e non sanno in che modo aiutarvi. Se invece sorridete, siete contenti, vi seguono volentieri. E lo stesso vale per un Vescovo.
«Secondo Dio». …. Chi è responsabile deve essere sempre conscio di non compiere la propria volontà, ma quella del Signore e quindi la vive con pace, serenità, tranquillità. È il Signore che lo guida e si rende in qualche maniera responsabile delle sue azioni.
«Non per vile interesse». Dobbiamo essere liberi da ogni interesse, sia di beni e di denaro, come pure di prestigio. Cito a chiarimento due passi della Scrittura.
Il primo si trova nel Discorso di Paolo a Mileto: «Non ho desiderato né argento, né oro, né la veste di nessuno. Voi sapete che alle necessità mie e di quelli che erano con me hanno provveduto queste mie mani» (At 20, 33-34). …
È decisiva la testimonianza di disinteresse e la gente è molto sensibile nel cogliere qualunque segnale di avarizia nel prete o nel Vescovo. ……
Non si nega ovviamente che si possa ricevere il giusto compenso per il proprio sostentamento, e però la gratuità è la caratteristica evangelica di fondo.
Ed è appunto la proprietà del responsabile che si spende nel servizio alla gente, senza calcolare troppo gli orari e le prestazioni. È certamente giusto fissare un orario, avere una regolarità, e però c’è differenza tra il darsi un orario e il ritirarsi in casa, facendo capire alla gente che non vogliamo essere disturbati.
«non spadroneggiando sulle persone a voi affidate, ma facendovi modelli del gregge».
…. L’autorità nella Chiesa è anzitutto l’autorità dell’ esempio, come ci insegna Gesù:
«Chiamati a sé i Dodici, disse: “I capi delle nazioni, voi lo sapete, dominano su di esse e i grandi esercitano su di esse il potere. Non così dovrà essere tra voi; ma colui che vorrà diventare grande tra voi, si farà vostro servo, e colui che vorrà essere il primo tra voi, si farà vostro schiavo; appunto come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti“» (Mt 20, 24-28).
E in una circostanza simile Gesù ha detto ancora:
«Chi è più grande, chi sta a tavola o chi serve? Non è forse colui che sta a tavola? Eppure io sto in mezzo a voi come colui che serve» (Lc 22, 27).
È questo l’ideale per un presbitero, per un Vescovo, per un responsabile di comunità: dare l’esempio, fare per primi ciò che chiediamo agli altri; insegnare, comandare col nostro modo di vivere. Allora le nostre parole saranno credibili.
Ritengo utile sottolineare che esiste un pericolo contrario allo spadroneggiare; è il caso del prete, del responsabile che non comanda affatto, facendosi anzi guidare dalla gente.
Eppure l’esperienza dimostra che la gente ha bisogno di una guida, non autoritaria, non imperiosa, non autocratica. Ha molto bisogno di riferirsi e anche di obbedire a persone che fanno crescere e danno fiducia di volere il vero bene, in modo da essere accompagnata soprattutto nelle scelte decisive della vita. E allora si fa disponibile ad ascoltare più di quanto non si pensi, pur se dobbiamo riconoscere che l’obbedienza è oggi qualcosa di estremamente difficile. …( C..M. Martini ).
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