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XXI Domenica del T.O. – Gesù è la porta attraverso cui entrare nel Regno.

Entrare-per-la-porta-strettaCome salvarsi, come essere salvati?
Questa domanda che abita il cuore di tutti gli uomini –  è al centro della pagina evangelica di questa domenica.  
  Gesù è in cammino verso Gerusalemme, sta percorrendo con risolutezza (cf. Lc 9,51) quella via che lo porterà all’ingiusta morte di croce. A un tale che gli si avvicina e gli chiede: «Sono pochi quelli che si salvano?», egli risponde: «Lottate per entrare attraverso la porta stretta, perché molti cercheranno di entrare ma non potranno». ( E. Bianchi )
 Che cosa è la porta stretta?
Istintivamente pensiamo che stretta è la porta della rinuncia, del sacrificio, per la quale ci si sforza a passare vincendo se stessi, ponendo qualche gesto significativo di austerità. Al contrario, larga è la porta che tutti preferiscono, la porta della facilità e della comodità.
C’è del vero in tutto questo, perché in realtà il Signore ci chiama alla vigilanza, al sacrificio.
Credo tuttavia che è stretta la porta di chi si accetta povero, inadeguato, fragile, senza però temere il giudizio misericordioso di Dio; di chi non ha paura di fronte agli altri né di fronte al futuro, sentendosi amato, accolto, valorizzato, riabilitato dal Signore, ed è così che uno può giocarsi.
Larga è la porta di chi non vuole aver bisogno della divina misericordia, di chi si erede autosufficiente e non si scopre, non chiede, si nasconde.  ( C.M. Martini )

 ***

I cristiani hanno imboccato la porta larga.
La fedeltà alla parola del Signore che pare abbia animato le comunità primitive, implicava la rinuncia al potere, alla ricchezza, alla cultura dominante, implicava uno stato di emarginazione nei confronti della società (come ancora accade oggi in diversi paesi del mondo). Ma ben presto le comunità cristiane hanno scelto la porta larga.
Erano molti ad aprire ed allargare le porte.
C’erano gli imperatori, le classi ricche e, perfino, gli ambienti di cultura. E così i cristiani sono entrati nella grande strada, una strada che noi chiamiamo la “civiltà cristiana”. Una strada larga, dove ci stan tutti, al punto tale che nessuno può non dirsi cristiano ( E. Balducci )

 ***

La vita cristiana richiede sforzo, fatica, esige «la bella battaglia della fede» (1Tm 6,12): non è una lotta contro altri uomini, bensì una battaglia che ognuno di noi combatte nel proprio cuore contro le dominanti del male e del peccato (cf. Ef 6,10-17), … È la stessa battaglia combattuta e vinta da Gesù mediante la sua fedeltà alla Parola di Dio e la sua preghiera: dalla vittoria contro le tentazioni nel deserto (cf. Lc 4,1-13) alla notte del Getsemani (cf. Lc 22,39-46) e addirittura fino alla croce (cf. Lc 23,35-39), egli vive in prima persona tale lotta, e anche in questo è la porta attraverso cui entrare nel Regno (cf. Gv 10,7) !
 Non si tratta dunque di compiere uno sforzo volontaristico per carpire la salvezza, ma di predisporre ogni fibra del nostro essere per accogliere il dono di grazia di Dio, «il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati» (1Tm 2,4), e a tutti offre questa salvezza in Gesù Cristo; …. Ecco perché egli parla di un padrone di casa, il Signore, il quale può aprire o chiudere la porta: il giudizio su ciascuno di noi spetta solo a lui. ( E. Bianchi )

***

[ in questo padrone di casa ]  la controrisposta alla parabola del prodigo. Ci avete pensato? Nella famosa parabola del prodigo, il padre si affaccia alla porta, aspetta il figlio e quando lo vede da lontano corre e poi da ordine di fare festa e così via.
È un Padre che è preoccupato della salvezza, ma è ovvio che la salvezza passa attraverso la conversione, di cui il prodigo è un illustre esemplare.
 Ma questo Padre chiude la porta, voglio dire che l’epoca della misericordia non procede all’infinito, …..
Il Padre si alza chiude la porta, certo la scena qui è drammatica, direi tragica, quindi la salvezza è un fatto irrepetibile, non ci sono rimandi: il tempo della salvezza è qui fino al momento in cui io ho vita. … (Padre Aldo Bergamaschi)

 ***

  [ Dicevamo che ] il giudizio su ciascuno di noi spetta solo a lui. Ed è un giudizio che svelerà la verità profonda della nostra vita, la realtà della nostra comunione vissuta o meno con Cristo, ossia il nostro aver amato o no gli altri come lui li ha amati (cf. Gv 13,34; 15,12), gli altri in cui lui è presente (cf. Mt 25,31-46).
Questo è ciò che conta, non la garanzia che pretendiamo di acquisire in virtù della nostra appartenenza ecclesiale («Tu, Signore, hai insegnato nelle nostre piazze»), o della nostra partecipazione al sacramento dell’eucaristia («Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza»). Se non viviamo l’amore oggi, non servirà a nulla nell’ultimo giorno bussare alla porta e implorare: «Signore, aprici!»; allora ci sentiremo rispondere: «Non vi conosco, non so di dove siete … Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!».
 Gesù aggiunge poi una parola di grande speranza: «Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno, e sederanno alla tavola del regno di Dio».
È il banchetto escatologico già annunciato dai profeti (cf. Is 25,6-10; 66,18-21) , aperto alle donne e agli uomini di tutta la terra.
Gesù ha inaugurato questo banchetto nel sedersi a tavola insieme a pubblicani e peccatori  (cf. Lc 7,34) : con la sua pratica di umanità egli ha narrato che cos’è una vita salvata, una vita umanamente piena, capace di amare la terra e di servire Dio nella libertà e per amore.
È al termine di questa vita che Gesù ha fatto risuonare per tutti la sua promessa: «Io preparo per voi un regno, perché mangiate e beviate alla mia tavola»  (cf. Lc 22,29-30) .
Questa è la meta che ci attende: l’unica condizione richiesta per prendere parte alla gioiosa festa escatologica, al «banchetto delle nozze dell’Agnello» (Ap 19,9), è la bella lotta per vivere qui e ora come Gesù ha vissuto.
«Ci sono alcuni tra gli ultimi che saranno primi e alcuni tra i primi che saranno ultimi»: quest’ultima affermazione di Gesù ci mette in guardia, è un importante monito a valutare l’oggi della nostra esistenza non secondo criteri mondani o superficiali, ma con i suoi stessi occhi.
Non dimentichiamo ciò che scriveva s. Agostino: «Nell’ultimo giorno molti che si ritenevano dentro si scopriranno fuori, mentre molti che pensavano di essere fuori saranno trovati dentro»…  ( E. Bianchi )

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