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III Domenica di quaresima: "Ci sono molti non assetati di niente perché hanno ormai tirato le somme ed hanno accettato la vita così come viene"

Gesù e la samaritanaSono tre i personaggi femminili nel vangelo di Giovanni, ai quali Gesù si rivolge con l’appellativo “donna”, che significa “sposa, moglie” e rappresentano in qualche modo le spose di Dio.
 Il rapporto tra Dio e il suo popolo, attraverso i profeti, in particolare da Osea in poi, il profeta della Samaria, era raffigurato come quello di un matrimonio. Dio era lo sposo e il popolo la sua sposa.
In questo vangelo Gesù si rivolge chiamandola “donna”, cioè “sposa”, la madre alle nozze di Cana, la madre rappresenta il popolo che è stato sempre fedele a Dio, testimone della nuova alleanza che Gesù verrà a proporre, perché in quella vecchia non c’è vino, cioè manca l’amore.
Poi Gesù, nel brano che adesso vediamo, si rivolge con lo stesso appellativo “donna”, moglie, alla donna adultera, la sposa adultera, che lo sposo va a riconquistare non attraverso delle minacce o dei castighi, ma con un’offerta ancora più grande di amore. Infine, il terzo ed ultimo personaggio femminile al quale Gesù si rivolgerà chiamandola “donna” è Maria di Magdala che rappresenta la nuova comunità, la sposa del Signore.
 In questo brano c’è l’intenzione di Dio, che è Gesù, di recuperare la sposa adultera.
 Ecco perché nel versetto che purtroppo la liturgia ha eliminato da questa lettura (i versetti 3 e 4) si legge che “Gesù lasciò la Giudea, si diresse di nuovo verso la Galilea” e, scrive l’evangelista, “doveva perciò attraversare la Samaria”. Questo “doveva attraversare la Samaria”, non si deve a un itinerario geografico…., ma a motivi teologici.
 E’ lo sposo che va a recuperare la sposa adultera.
  L’evangelista ci presenta una donna samaritana, anonima.
Quando i personaggi sono anonimi significa che sono personaggi rappresentativi di una realtà che l’evangelista vuole presentare. E Gesù, indifferente ai conflitti della razza, della religione e del sesso, si rivolge a questa donna chiedendole da bere.  E’ una cosa che un uomo giudeo non avrebbe mai fatto, chiedere a una donna, e per di più ad una samaritana, una nemica, che è considerata impura.
Infatti la donna samaritana si meraviglia e chiede a Gesù: “«Come mai tu che sei giudei, chiedi da bere a me che sono donna»”, e lo sottolinea, un uomo non rivolge la parola a una donna, e poi questa è samaritana.
I samaritani, per la loro idolatria che adesso vedremo, erano considerati impuri, nemici di Dio e nemici di tutti gli uomini. E l’evangelista diplomaticamente sottolinea: “I giudei infatti non hanno rapporti con i samaritani”, ovvero se le davano di santa ragione tutte le volte che si trovavano.
Bene, Gesù ha chiesto un minimo segno di accoglienza, di ospitalità, per poi rispondere lui con il suo dono.
E “Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio»”.
 Lo sposo va a riconquistare la sposa adultera, non attraverso le minacce, ma con un’offerta ancora più grande del suo amore. E dice Gesù: “se tu conoscessi questo dono e colui che ti da da bere, tu stessa gli avresti chiesto acqua viva”, cioè l’acqua della sorgente.
Ed ecco che qui il dialogo si svolge tra due differenti termini che riguardano il luogo di quest’acqua. Dispiace che i traduttori non ne tengano conto.
Mentre la donna parla di pozzo, che significa un luogo dove c’è l’acqua, ma l’acqua non è viva e, soprattutto, esige lo sforzo dell’uomo, in questo caso della donna, per attingere l’acqua.
Il pozzo è l’immagine della legge e l’acqua è quella che da la vita. Mentre la donna parla di pozzo, cioè lei non conosce un dono gratuito, Gesù le parla di sorgente. Nella sorgente l’acqua è viva, l’acqua zampilla, e soprattutto non richiede nessuno sforzo da parte della donna che ha sete, se non quello di bere.
 Infatti Gesù le risponde: “«Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete»”, immagine della legge.
 La legge non riesce a rispondere al desiderio che ogni uomo porta dentro. Perché, per la legge, l’uomo è sempre limitato, inadeguato, inadempiente.
Ma Gesù dichiara: “«Chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno»”.
Il suo messaggio, la sua persona, è la risposta di Dio al desiderio di pienezza che ogni persona si porta dentro. E, aggiunge Gesù: “«Anzi, l’acqua che io gli darò, diventerà in lui …»”, quindi non è più un’acqua esterna, ma un’acqua interiore “«… una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna»”.
 L’amore di Dio, che attraverso Gesù viene comunicato all’uomo, nella misura in cui l’uomo lo accoglie e lo trasmette agli altri, in questo dinamismo di un amore ricevuto e di un amore comunicato, realizza, fa crescere e matura la sua esistenza per sempre. Rende la vita indistruttibile.
Quindi non è un’esperienza di osservanza di una legge esterna all’uomo, ma l’esperienza di una forza interiore, perché Dio non governa gli uomini emanando leggi che questi devono osservare, ma comunicando loro la sua stessa capacità d’amore.
A questo punto, stranamente, Gesù chiede alla donna di andare a chiamare il marito.  La risposta della donna è che non ha marito. E Gesù le fa notare che ha avuto cinque mariti.
Cosa significa questo?
 Abbiamo visto che la donna è anonima; i personaggi anonimi sono personaggi rappresentativi, quindi la donna rappresenta la Samaria, e cosa sono questi cinque mariti? Questa regione era stata popolata da coloni provenienti da altre nazioni i quali avevano portato le loro divinità. Per cui su cinque monti c’erano cinque templi a cinque divinità. Poi, sul monte Garizim, il tempio a Jahvè. Quindi adoravano Jahvè, ma insieme agli altri dei. E, nella lingua ebraica, “signore” e “marito” hanno lo stesso significato.
La donna capisce.
Capisce che quello che quello che ha chiamato Signore adesso è un profeta, e si richiama alla tradizione. “«I nostri padri hanno adorato su questo monte, voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare»”. Ha compreso il richiamo di Gesù ed è disposta a tornare al vero Dio. Solo che vuole sapere dove.
Ci sono tanti santuari, specialmente quello importante del Garizim, dove adorano il Dio di Israele, ma c’è anche quello di Gerusalemme . Allora lei è disposta a tornare a Dio, ma vuole sapere dove.
Ecco la novità importante che Gesù proclama a questa donna samaritana, la fine del tempio, la fine del culto.
“«Credimi o donna»”, le si rivolge chiamandola “donna”, sposa, “«Viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre».
Lei s’è richiamata ai padri, “i nostri padri”, Gesù la invita ad accogliere il Padre, lei pensava di andare in un luogo per offrire a Dio, ora è iniziata l’epoca in cui è Dio che si offre agli uomini, chiede di essere accolto per aumentare la loro capacità d’amore e renderli capaci di un amore generoso e incondizionato come il suo.
Ecco l’importante annunzio di Gesù: “«Ma viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità»”.
Spirito e verità è un’espressione che indica l’amore fedele. L’unico culto che Dio chiede non parte dagli uomini verso Dio, ma dal Padre verso gli uomini. E’ la comunicazione del suo amore che l’uomo fa proprio, e l’unico culto che Dio gli chiede è il prolungamento di questo amore.  Spirito e verità significa un amore vero.
Quand’è che l’amore è vero?
Quando l’amore è fedele. Infatti … e qui c’è la traduzione della CEI … “«Infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano»”. E meglio andare al testo originale, dove l’evangelista dice: “«Infatti il Padre cerca tali adoratori»”
E’ tanta l’urgenza del Padre di manifestarsi agli uomini, che il Padre li cerca per realizzare il suo disegno d’amore.
Ed ecco l’espressione stupenda di Gesù: “«Dio è spirito»”; Spirito non è qualcosa di astratto, ma significa l’energia vitale creatrice. “«E quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità»”, in amore fedele. Quindi Dio è energia d’amore creatrice che chiede soltanto di essere accolto dall’uomo per prolungare il suo amore per tutta l’umanità.
 Questa è la novità apportata da Gesù. E’ la fine del tempio, perché non c’è più bisogno del tempio, e la fine del culto, che era una diminuzione dell’uomo nei confronti di Dio.
L’uomo doveva togliersi qualcosa per darla a Dio. Nel nuovo culto è Dio che si offre agli uomini perché con lui e come lui, si diano a tutta l’umanità. ( A. Maggi )

***

In questi brani l’emblema dell’impossibile è la roccia che fa scaturire l’acqua. Perché la roccia della realtà, questa roccia arida, faccia sgorgare l’acqua, ci vuole la fede.
Occorre avere questa fede, che è fede teologale in Dio ma anche fede umana.
Dobbiamo avere la fede che se vogliamo, se ci impegniamo, l’impossibile si fa possibile e la roccia ruvida e secca si apre e diventa vena d’acqua zampillante.
Questa fede dobbiamo comunicare!
Forse questo è il fervore che ci viene chiesto dai giovani assetati che preferiscono andarsene da questo mondo che è troppo disumano; forse è questo che ci chiedono. Certo noi abbiamo, piuttosto che la pretesa di essere salvatori dei disperati, la qualità di disperati che devono salvarsi.
È questo il vero modo di porsi in mezzo agli uomini senza la pretesa di essere salvatori del mondo: cerchiamo di salvarci, cerchiamo cioè di trovare acqua a questa sete o almeno di far nascere questa sete perché già la sete è nobiltà.
Ci sono molti non assetati di niente perché hanno ormai tirato le somme ed hanno accettato la vita così come viene.
 Come dicevo, la stupidità orale li sostiene, li sorregge.
Se non si uccidono è perché hanno sposato la mediocrità e la rassegnazione dell’esistente, ma, se scatta il momento autenticamente umano della non rassegnazione, entrano in pericolo.
Vorrei che ciascuno di noi si proponesse il piccolo compito di dare, in certi momenti e in certe circostanze, a chi è disperato una ragione di vita, di poter essere, in un altro momento, un alimento di speranza in colui che rischia di non averla più.
Questo ci sarà chiesto domani nel giudizio di Dio.
Allora, se ci mettiamo in questa situazione chi di voi può dirsi: io non ho niente da fare, non ho impegni da assolvere?
Ognuno di noi ha un suo orizzonte di contatti e di rapporti dove questa disperazione bussa, si fa viva, aspetta. Dio voglia che non restiamo indifferenti lasciando che l’assetato muoia di sete.

(Ernesto Balducci – da: “Gli ultimi tempi” – Vol. 1 – Anno A)

***

…… Guardate come noi moderni abbiamo fretta. Noi corriamo sempre, noi abbiamo poco tempo, ….. abbiamo l’ansia di guadagnar tempo, di abbreviare le distanze. Siamo degli affannati. C’è ancora su questi sentirsi frettolo­si qualcuno che ci aspetta e noi non vorremmo che ci aspettasse, perché quasi sembra di interrompere il nostro cammino.  
Questo qualcuno è .. .la nostra fede, è Cristo che ci dice: «Fermati un istante, pensa un momento, vieni da me ». « Fermati un momento ».  « Che cosa vuoi? ».  « Dammi da bere? ».
Cristo domanda ancora a noi qualche cosa. Cristo si è fatto mendicante davanti a noi.
Lo sentono specialmente le generazioni giovani che Cristo è esi­gente.
« Ma perché ti sei incontrato sul mio cammino e arresti l miei passi, ché io ho tanta ansia di arrivare e tu mi dici: dammi quello che sto cercando? ».    «lo ti aspettavo perché avevo bisogno di te, ti domandavo i tuoi anni, la tua giovinezza, ti domandavo qualche cosa: un posto nella tua vita, ti domandavo che tu rivolgessi a me i tuoi pensieri ed i tuoi passi. Dammi da bere.  Di quello che tu stai cercando su questa terra dammi qualche cosa, rivolgi a me i risultati della tua civiltà, i risultati della tua fati­ca, mettimi al vertice dei tuoi desideri ».
E voi sentite la risposta della Samaritana, di questo colloquio simbolico fra l’umanità e Cristo, la nostra risposta di uomini moder­ni che hanno il coraggio di dire a Cristo: «Ma che c’entri Tu? Sia­mo degli estranei, non abbiamo più dialogo da combinare, noi ab­biamo la nostra vita e Tu sei l’uomo di ieri, Tu sei il passato, Tu sei un altro mondo, Tu sei un sogno che non mi interessa più ».
Noi rispondiamo istintivamente con un no al Signore. Sarà tante volte un no temperato di qualche indulgenza, di qual­che tolleranza: si viene ancora in chiesa, si resta ancora cristiani di nome, si viene … quando si nasce, quando ci si sposa, quando si fa un funerale, quando si fa una festa. La re­ligione non resta altro che una decorazione, qualcosa di superfluo, tanto per integrare il panorama della vita, ma non ci interessa, c’è una distanza.
E allora badate, ed è la mia voce che quest’ oggi fa eco a quella di Cristo e ancora arresta i vostri passi … e viene a di­re così: «Uomo moderno se tu sapessi chi è quel Cristo a cui vai rifiutando il dono delle tue cose, della tua vita”  …  È il creatore del cielo e della terra, dei tuoi poveri doni e, se ti chiede, non è per renderti povero e per mortificarti, ma per arric­chirti ancora di più, è per darti qualcosa di più grande e di più corrispondente, di più proporzionato, di più adeguato ai tuoi desideri.    Se noi sapessimo veramente che cosa è il cristianesimo … noi non avremmo l’impressione che Cristo sia il preten­dente che viene a rubarci il tempo e le nostre cose ed a piegare i nostri desideri verso di Lui, ma capiremmo che Cristo veramente …  è il centro della esistenza, è l’indispensabile, …  Chi fonda la sua vita su Cristo la troverà. Cristo è la pietra su cui si deve costruire. Chi rigetta questa pietra franerà …
 Ricordate che Cristo è il Salvatore, ricordate che Cristo può da­re soltanto Lui l’ acqua che sazia, …. Aprite le vostre anime e siate ambiziosi di desiderare molto .. (Paolo VI Dall’Omelia in S. Stefano di Tradate, 13-03-60)

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