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Ascensione: ritorno di Gesù al Padre. Con lui la sua umanità, la sua realtà globale, totale, tutto il suo essere, venuto dal Padre, ritorna al Padre.

ascensione
…. L’ascensione del Signore è veramente un mistero chiave per la comprensione dell’oggetto della nostra fede. …  se vera­mente non si e arrivati a stabilire un rapporto vitale con il mistero dell’ascensione del Signore, è difficile che il nostro rapporto globale con il mistero di Cristo sia nella luce.   ….
Il Signore nel discorso dell’ultima cena con molta insistenza dice che l’atto di fede fondamentale è di credere che Egli è uscito dal Padre.
 Ora noi sappiamo bene che venuti dal Padre siamo anche tutti, tutti noi siamo venuti dal Padre.
 Ê stata la volontà del Padre che ci ha fatto essere e che ci fa vivere in questa vita, quindi c’è un senso in cui tutti noi siamo venuti dal Padre.
 Ma allora che cosa vuol dire il Signore quando dice che l’atto di fede fondamentale -e ci gira intorno incessantemente in tutti i capitoli dal 13 in avanti di Giovanni -è il credere che Egli è venuto dal Padre?
 Vuol dire che Egli è venuto dal Padre in un modo tutto personale, assolutamente diverso da quello in cui ogni altra creatura, noi compresi, è venuto dal Padre.
Cioè che egli è venuto dal Padre nel senso che è della stessa sostanza del Padre.
Che veramente Lui e il Padre sono ed erano una cosa sola, ed erano una cosa sola prima che il mondo fosse, prima quindi che tutte le creature venissero dal Padre.
Questo è il nostro atto di fede fondamentale: credere che Gesù è venuto dal Padre in questo senso.
 Allora l’Ascensione che cos’è nella sua immediatezza più diretta in rapporto alla base della rivelazione?
 L’Ascensione è il ritorno di Gesù al Padre in questo senso tutto particolare e fortissimo. Per cui Lui, la sua umanità, la sua realtà globale, totale, tutto il suo essere, venuto dal Padre, ritorna al Padre.
 Come è venuto dal Padre senza mai uscire dal Padre, senza mai separarsi da Lui in quanto alla sostanza, così ora ritorna al Padre nel senso che si realizza pienamente in Lui anche in un modo storico, per la sua umanità, questo reingresso nel seno del Padre, da cui è uscito e in cui è, a un tempo, da tutta l’eternità.
 Dunque il mistero dell’Ascensione è il ritorno di Gesù al Padre, di cui noi possiamo misurare la portata nella stessa misura in cui noi crediamo che Gesù è uscito dal Padre.
 Quanto più per noi si precisa, si approfondisce, diventa non solo pensiero, ma vita, l’esperienza di questa unicità della venuta di Gesù dal Padre, in questo modo assolutamente unito e personalissimo in cui Lui è venuto dal Padre, tanto più noi possiamo capire l’Ascensione, capire cosa vuol dire l’Ascensione come ritorno di Gesù al Padre.
 Questo è l’atto di fede fondamentale.
 Gesù è venuto dal Padre, Gesù ritorna al Padre in questo senso assolutamente unico e personalissimo.
 Ora questo che è l’atto di fede fondamentale, nel suo proprio nucleo, quello che poi conta che noi crediamo conta che soprattutto noi viviamo sperimentiamo nella nostra vita di fede, si complica nello stesso linguaggio della Scrittura con un’altra coppia di concetti che in un certo modo è simmetrica a questa: venuto, ritornato; cielo e terra
 
Ed ecco perché è molto importante renderci conto di che cosa vuol dire questa “Ascensione” di Gesù al “cielo”, di questa attesa da parte dei discepoli e dei cristiani di Gesù dal cielo …
 Quindi a che cosa noi siamo chiamati?
 Ce lo dice Paolo in quel brano al quale dobbiamo sempre tornare, l’inizio del cap. 1,17 fino al 20: Affinché Iddio di nostro Signore Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi dia lo Spirito di sapienza e di rivelazione per meglio conoscerlo, e illumini gli occhi del vostro cuore, sicché comprendiate qual è la speranza della sua chiamata, quali tesori di gloria la sua eredità riserva a voi tra i santi e qual è, verso di noi che crediamo, la smisurata grandezza della sua potenza, secondo l‘operazione dell‘efficacia della sua forza, che egli dimostrò nel Cristo, risuscitandolo dai morti e facendolo sedere alla sua destra nelle regioni celesti.
 Comprendere la Risurrezione di Gesù, la sua Glorificazione e la sua Ascensione, vuol dire penetrare il mistero più intimo dell’essere di Dio, sentire tutti gli esseri esistenti il Lui, acquisirne progressivamente, per il Cristo che è entrato in Dio, l’esperienza di tutti gli esseri in Dio.
La nostra esperienza prima di tutto, di noi stessi in Dio per il Cristo, e poi l’esperienza di tutti gli altri esseri, per il Cristo, in Dio. Di modo che non si può dare più nessun’altra unità con gli altri esseri, se non un’unità che sia adeguata da questa esperienza del nostro rapporto col Cristo in Dio.
Ecco perché tutti gli altri nostri rapporti divengono assorbiti e condizionati da quest’esperienza del Cristo in Dio. Noi non possiamo più avere rapporti di unità con un’altra creatura, se non mediatamente al Cristo stesso. Anzi al Cristo in Dio. Ed ecco allora non possiamo avere più esperienza della nostra personalità e del suo dilatarsi, se non nell’esperienza di Cristo in Dio.
Ed ecco perché allora di qui vengono ricavati i principi regolatori della nostra possibilità di dilatare il nostro essere (il problema dell’ebbrezza) e di entrare in comunione con un’altra creatura, se non nel mistero stesso fondante in Cristo e con la mediazione sua diretta e personale (il mistero del sesso).
Tutta l’Ascensione, tutti gli aspetti dell’esistenza cristiana, sono in questo; ed è attraverso la comprensione sempre più fonda di questa coppia di concetti: uscito da Dio -ritornato a Dio; terra e cielo (ma cielo è come Dio, non al di fuori e al di sopra, ma dentro di noi, negli spessori più intimi e più profondi del nostro stesso essere) che noi riconfermiamo tutta l’unità del mistero cristiano e della nostra esistenza, del mistero di Cristo e della nostra esistenza in Lui.
Diventa veramente il mistero chiave, non solo della realtà, ma il mistero chiave anche della comprensione della realtà e quindi dell’illuminarsi della nostra fede. Ê soltanto un abbozzo questo che abbiamo tracciato stamani, ma adesso dobbiamo chiedere al Signore che cancelli le parole e le faccia completamente tacere e che cancelli anche la loro eco nella mente e nei cuori, e invece parli soltanto Lui con la potentissima attrattiva del suo essere che è in noi e del suo essere in noi in Lui»   (Tratto da: “G. Dossetti, omelia registrata, 11.5.1972”).

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