Assunzione della Beata Vergine Maria – Vieni, benedetta dal Padre mio, ricevi in eredità il Regno preparato per te fin dalla fondazione del mondo.
Vorrei ora dedicare un pensiero alla Pasqua di Maria.
Maria è la prima che ha vissuto dopo Gesù l’esperienza pasquale del passaggio da questa vita alla vita gloriosa.
È il mistero dell’ Assunzione.
Ma come possiamo contemplare la Pasqua di Maria, se i testi non ce ne parlano?
Io credo, tuttavia, che ci sia un mezzo per contemplare questa Pasqua di Maria.
Vorrei quindi suggerirvi alcuni testi, che potrebbero aiutarci a comprendere come è stato il passaggio di Maria da questa vita e come è stato il suo ingresso nella gloria.
Sono questi appunto i due momenti della Pasqua: il passaggio da questa vita e l’ingresso nella gloria.
Per quanto riguarda il passaggio da questa vita, ho presente 2 Coro 5, 8, dove Paolo dice: «Cosi dunque siamo sempre pieni di fiducia e preferiamo andare in esilio dal corpo ed abitare presso il Signore»; insieme con questo testo Filip. 1, 21: «Per me infatti il vivere è Cristo e il morire un guadagno»; quindi il v. 23: «Sono messo alle strette tra queste due cose: da una parte il desiderio di essere sciolto dal corpo per essere con Cristo, il che sarebbe assai meglio…». Qui vedo rappresentato il sentimento di Maria, il suo desiderio di essere con Cristo, di essere sciolta da questa esperienza terrena, perché si manifesti in lei l’esperienza definitiva: la pienezza della visione.
La presenza di tale desiderio in Maria sta a significare che in lei Gesù ha vinto già la paura della morte.
Come dice la lettera agli Ebrei: «(Il Figlio) è divenuto partecipe della nostra carne e sangue, per ridurre all’impotenza mediante la morte colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo, e liberare così quelli che per timore della morte erano soggetti a schiavitù per tutta la vita» (2, 14 ss.).
Questo è un concetto molto importante.
Secondo la lettera agli Ebrei, il peccato nasce dalla schiavitù ai condizionamenti a cui il faraone ci sottopone.
Perché noi siamo assoggettati ‘a questi condizionamenti?
Perché abbiamo paura della morte.
In fondo, ogni peccato è espressione della paura della morte, in quanto realizza una forma di possesso spasmodico di qualcosa che non si vuol lasciare; infatti, quella certa cosa costituisce per noi il segno della vita, dimodochè, qualora ne perdessimo il possesso, ci sentiremmo sopraffatti dalla morte.
Quindi tutto ciò che è possesso, godimento sfrenato, ricchezza e sfruttamento degli altri, tutto ciò a cui in qualche maniera ci attacchiamo con gusto morboso e possessivo, si riassume in un grido: «Non voglio morire; anzi voglio darmi la certezza che non muoio, ma resto in vita ».
Perciò, dice la lettera agli Ebrei, Gesù, passando per primo attraverso la morte, ci libera dalla paura della morte e perciò stesso ci rende liberi da ogni tirannia che ci assoggetta.
E Maria, morendo così, fa sue le parole di Paolo: mostra, cioè, che è stata «pienamente liberata dal timore della morte» e che ormai guarda a Cristo come alla sua esperienza definitiva.
Vi suggerisco un altro testo per quanto riguarda l’ingresso di Maria nella gloria: un testo che può servire per la festa dell’Assunzione: «Vieni, benedetta dal Padre mio, ricevi in eredità il Regno preparato per te fin dalla fondazione del mondo: perché ho avuto fame e mi hai dato da mangiare; ho avuto sete e mi hai dato da bere» (Mt. 25, 34).
Maria per prima ha capito che il Verbo di Dio può nascondersi in una realtà piccolissima, come quella di un bambino, e che servendo questa realtà si raggiunge la pienezza, la totalità del Verbo di Dio.
Maria ha intuito il tutto nel frammento, cosicché, servendo il piccolo Gesù e servendo il piccolo gruppo dei primi cristiani, ha servito tutta l’umanità: il suo cuore ha avuto la capacità di aprirsi a tutte le creature, qualificandosi come Madre della Chiesa, non soltanto della Chiesa che c’è, ma di quella che ci deve essere e che ci sarà, quindi di tutta l’umanità. (+ C.M. Martini )
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…Il desiderio di un mondo non soggetto alla mostruosità del potere c’è sempre stato ed sempre stato vano.
Noi costatiamo, in questo momento, la particolare tentazione dell’impotenza a superare certe regole perché il mostro ha i suoi strumenti vari.
In genere i contemporanei non ne avvertono la mostruosità, ma pensate al denaro, alla potenza economica.
È mostruosa!
Che faccia delle mostruosità lo sappiamo di tanto in tanto, ma le fa sempre. Ogni tanto leggiamo che anche istituti finanziari rispettabilissimi, in realtà, compiono loschi traffici. È il mostro! Non parliamo poi delle armi: la guerra.
Ne abbiamo avuto sotto gli occhi esempi spaventosi. Insomma, possiamo liberarcene?
È una domanda perenne.
La risposta più semplice è: no, non è possibile. Se diciamo così noi siamo senza fede, perché non crediamo alle parole del Signore.
Questa per me è una linea discriminante importante.
Si può anche essere devotissimi della Madonna ma nello stesso tempo credere che non si può cambiare niente.
Allora uno è un miscredente, perché Maria ha creduto a queste cose.
Essa è grande non perché ha creduto in Dio, ma perché ha creduto alle sue promesse.
È una discriminante di fondo, lo abbiamo detto più volte, ma non dobbiamo mai stancarci di ripeterlo perché ne va del senso della nostra stessa fede, del nostro stesso modo di guardare il mondo in cui viviamo.
Detto questo mi sembra che l’invincibilità del mostro si possa sperimentare a due livelli.
Uno antropologico: la vittoria del mostro è la morte.
È bene non dimenticarci di questa connotazione terribile, nefasta della morte al di là di ogni addomesticamento. Potremo dire anche «sorella morte» con Francesco, però all’interno di una fede in cui essa cambia significato. Ma di per sé, nell’immediatezza del nostro perire umano, la morte è una inaccettabile mostruosità, un invincibile, ma che noi speriamo debba essere vinto.
Questo è un punto essenziale ed è giusto che Paolo, in questo brano della Lettera ai Corinzi, la chiami «l’ultima nemica».
Sappiamo che la potenza di questo nemico irride tutte le nostre competenze scientifiche.
Possiamo rubare un palmo, uno spazio, ma l’essere mortali qualifica all’interno l’intera nostra opera umana.
Poi c’è un livello di carattere storico e allora il male è il potere che mira ad unificare le creature con la legge del dominio e che mira a discriminare quelli che si assoggettano alle regole del potere, e ne traggono vantaggi, e quelli che non si assoggettano.
L’oggetto della fede è che questo drago sarà sconfitto, che Dio ha preparato nel cuore del mondo un’alternativa. In questo brano dell’Apocalisse si parla del popolo di Dio.
In genere il popolo salvatore, anche nelle mitologie esterne all’ebraismo, viene raffigurato attraverso l’immagine di una donna che partorisce un figlio e questa donna è il bersaglio del drago.
La donna è il popolo eletto, è il popolo di Israele nel deserto – «Dio le aveva preparato un rifugio nel deserto» – ed è il popolo del nuovo Israele nato dalla sconfitta della croce. Il drago ha vinto con la crocefissione, ma Dio ha preso il Figlio con sé: ecco l’Ascensione – e anche questa donna è presa con se da Dio: ecco l’Assunzione.
Sono questi i misteri che noi, partitamente, secondo contenuti dogmatici e rappresentativi diversi, celebriamo, ma la sostanza è questa: Dio non si lascia vincere dal drago e il popolo che egli ha scelto vincerà.
Ecco la fede.
È una fede che è costretta ad infrangersi continuamente contro l’evidenza.
Ecco perché: «Beata te che hai creduto».
Lo potrei dire a tutti,voi a me stesso, perché come si fa a credere?
Ci vuole davvero una grande dose di illusione, ma non è una illusione perché ecco il riferimento a Dio: il Magnificat, l’esaltazione di Dio che compie cose grandi.
Queste cose grandi Dio le ha già compiute: Maria è una «grande cosa».
La fanciulla di Nazareth che viene fatta madre di Gesù, che rappresenta e realizza la promessa di Dio, è il grande mistero gioioso della fede cristiana che però non dobbiamo svellere da questo contesto, altrimenti anche questo mistero si evapora in nebbie auree di esaltazione. Dobbiamo tenerci fermi a questo perché così facendo i misteri ritrovano carne e sangue dentro di noi, nella nostra reale esperienza e non costituiscono una specie di glorioso luna park ai lati della vita.
Dobbiamo cogliere il senso del mistero dentro le fibre della nostra vita anche collettiva…
(Ernesto Balducci – “Gli ultimi tempi” vol 2 – Anno B)
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