Omelia del nostro Vescovo in occasione dell' l'istituzione, il rinnovo e il mandato degli operatori pastorali.
Basilica Cattedrale, 18 ottobre 2014
Mi accompagna il gradito ricordo dell’ultima assemblea diocesana del 26 settembre u.s. a Petralia Sottana.
Eravamo veramente tanti e insieme abbiamo proclamato l’apertura dell’anno pastorale con la consegna delle indicazioni pastorali 2014-2015 dal titolo: “Diremo la tua gloria. La dimensione missionaria della Chiesa alla luce della Evangelii Gaudium.”
Ci incontriamo adesso per l’istituzione, il rinnovo e il mandato degli operatori pastorali.
Siete presenti catechisti ed evangelizzatori, Accoliti e lettori, Ministri della Comunione, operatori liturgici e della caritas. Vi saluto tutti affettuosamente.
Nella vigna del Signore c’è posto per tutti, non esiste la disoccupazione, e solo chi non vuole lavorare non lavora.
Felicemente questa celebrazione coincide con la 88esina Giornata Mondiale Missionaria.
In tal senso vi ho fatto già pervenire un messaggio che facendo eco al messaggio del Papa, caldeggia la celebrazione della giornata sostenuta dalla preghiera e dalla solidarietà generosa.
Domani, 19 ottobre, alle ore 10.30 in Piazza San Pietro, il Santo Padre, Papa Francesco, celebrerà la Santa Messa in occasione della chiusura dell’Assemblea straordinaria del Sinodo dei Vescovi e presiederà il rito della beatificazione del Servo di Dio Paolo VI.
Il Sinodo dedicato alle “sfide pastorali sulla famiglia nel contesto della evangelizzazione” ci ha fatto respirare un’aria ecclesiale con il comune sentire della Chiesa.
Non si può ridurre il Sinodo alla dialettica sui divorziati risposati: troppo poco sarebbe.
Quel che è emerso in questi giorni è un atteggiamento di rispetto verso tutti e verso tutto.
Pure mettendo in luce l’accoglienza, la misericordia, l’ascolto delle famiglie ferite, disgregate, colpite dalla sofferenza dell’abbandono, non possiamo lasciare in ombra l’impegno di tante famiglie capaci di resistere ai tanti assalti nefasti del momento presente.
Ribadire con forza il ruolo delle coppie che non si arrendono e continuano a dare chiara testimonianza di fedeltà e coraggiosa perseveranza, mi sembra un atto dovuto di onestà che fa onore alla verità.
Soffermarsi e condensare tutto il dibattito sulle due linee di tendenza, cioè pro e contro la riammissione ai sacramenti per i divorziati risposati, significa far torto alla verità.
C’è il Sinodo dei Padri Sinodali e c’è il Sinodo dei mezzi di comunicazioni sociali. Noi preferiamo il Sinodo dei Padri e il loro confronto, ripartendo dalla bellezza del matrimonio e della famiglia.
Ben a proposito coincide la pagina del Vangelo che ci obbliga a far chiarezza dando a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio.
La felice coincidenza della beatificazione di Paolo VI ci invita a riscoprire il suo magistero sulla famiglia e sull’amore coniugale espresso con lucidità profetica nella Enciclica Humanae vitae. Fu la Humanae Vitae il gesto più rivoluzionario del ‘68
I lavori del Sinodo non si concluderanno domani con delle decisioni ma con delle proposte.
Sarà il Santo Padre a valutare, a discernere e a dire l’ultima parola che noi sapremo accogliere e accettare con senso ecclesiale e spirito di fede.
Rivolgendomi direttamente a voi carissimi fratelli e figli che mi collaborate nell’azione pastorale della nostra Santa Chiesa di Dio che e in Cefalù, proprio in qualità di operatori pastorali, sento innanzitutto di ringraziarvi per il generoso e prezioso servizio che rendete.
La vostra è una presenza per servire e il servizio risulta sempre più qualificato nella misura in cui ci si e convenientemente preparati a renderlo e nella misura in cui ci si rende conto della nostra appartenenza ecclesiale e, pertanto, nessuno agisce e opera per conto proprio.
Il prossimo 21 novembre ricorderemo i cinquant’anni della costituzione dogmatica sulla Chiesa: Lumen Gentium.
Mi piace ricordare che proprio in forza di questa appartenenza alla Chiesa ci sentiamo particolarmente chiamati a vivere la comunione ecclesiale che riscopre nel proprio Vescovo che manda la voce stessa di Cristo che lui sacramentalmente rappresenta.
Alla fine del numero 20 della Lumen Gentium leggiamo cosi: “Il sacro Concilio insegna che i Vescovi per divina istituzione sono succeduti al posto degli apostoli quali pastori della Chiesa, e che chi li ascolta, ascolta Cristo, chi li disprezza, disprezza Cristo e colui che ha mandato Cristo”.
Il mandato, dunque, si pone in una visione di fede prima ancora che in una dimensione di semplice organizzazione pastorale.
Essere chiamati e inviati come operatori pastorali ci inserisce in quella innumerevole schiera di operai della vigna del Signore che nella continuità con le prime comunità cristiane perdura ad oggi.
Qualunque sia il settore dove siete chiamati e inviati a operare siete sempre tenuti a dare a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che e di Dio.
Cioè siamo tutti coinvolti nella costruzione del Regno di Dio che passa anche attraverso le vicende temporali dalle quali non possiamo sottrarci.
La fede, se vissuta intensamente, è fermento della storia.
L’Apostolo Paolo scrivendo ai Tessalonicesi elogia la Comunità e parla della “operosità della fede, della fatica della carità e della fermezza della speranza”.
L’impegno umano, all’interno della Comunità di Tessalonica, è espresso dalle tre virtù teologali che fioriscono tra i credenti: fede, speranza e carità. Una fede operosa, una speranza costante, una carità matura.
Come Paolo per i Tessalonicesi, anch’io voglio rendere sempre grazie a Dio per tutti voi, ben sapendo che siete stati scelti da lui per il Vangelo.
“Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi — dice il Signore — perchè portiate frutto e il vostro frutto sia abbondante”.
Con questa certezza nel cuore e con l’auspicio di proseguire con entusiasmo nella via del Signore, ci impegniamo a risplendere come astri nel mondo, tenendo salda la parola di vita.
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