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Omelia del nostro Vescovo Vincenzo S. Messa del Crisma. Basilica Cattedrale, Giovedì Santo 2015.

crismale 2 mLa Messa Crismale che di consueto il Vescovo celebra il Giovedì Santo mattina nella Chiesa Cattedrale con il suo presbiterio e durante la quale vengono benedetti gli oli sacri e consacrato il sacro crisma, è considerata una delle principali manifestazioni della pienezza del sacerdozio del Vescovo e della comunione dei presbiteri con lui.
Si percepisce il clima di una vera festa del sacerdozio ministeriale all’interno di tutto il popolo sacerdotale.
Fedeli laici e presbiteri in forza del sacerdozio comune ci stringiamo attorno a Cristo Sommo ed eterno sacerdote, l’unto per eccellenza.
Saluto tutti affettuosamente e vi ringrazio per la vostra presenza così  significativa ed edificante, ma sopratutto saluto con sincera gratitudine voi carissimi sacerdoti e diaconi che assieme al Vescovo portate il peso e la responsabilità del ministero.
Abbiamo sì , la consapevolezza di essere servi inutili ma contemporaneamente la certezza di essere a tempo pieno.
Il mio saluto raggiunga i sacerdoti anziani e sofferenti, rammaricati di non poter essere presenti a questo evento di grazia.
Come sempre ha chiamato il carissimo Mons. Musciotto scusandosi di non poter partecipare e incaricandomi di salutarvi e di chiedervi una preghiera.
Il Giovedì santo ci fa fare memoria della nostra ordinazione sacerdotale e reciprocamente ci scambiamo gli auguri di santa perseveranza e di fedeltà alla sequela di Cristo e alla Chiesa.
Un augurio particolare a quanti celebrano il loro anniversario giubilare: Don Giuseppe Cigno (25°); Don Giovanni Silvestri (50°); Don Salvatore Dentico e don Salvatore Peri (60°); Di Giorgi Antonino e Musciotto Gaetano (70°).
A questi giubilei se ne aggiunge uno del tutto particolare: i cento anni dall’Ordinazione sacerdotale di Mons. Mariano Campo, che celebrerà nella liturgia del cielo, il 29 maggio p.v. .
Il Giovedì Santo ci invita a vivere in pienezza il nostro sacerdozio e il nostro ministero. Non siamo funzionari part-time: siamo a tempo pieno uomini di Dio, ma anche uomini che vivono in questo mondo con i piedi a terra, chiamati a ravvivare continuamente il dono ricevuto e a rinnovare la fedeltà alla sequela.
Nelle lettere pastorali, l’apostolo Paolo non lascia predominare il taglio dottrinale ma si abbandona all’esortazione, all’incoraggiamento, allo stimolo. Più che provocare l’adesione della mente vuole provocare nei suoi collaboratori l’adesione del cuore, l’impegno totale, incondizionato, radicale. È quello che fa con Timoteo e Tito.
Anche noi abbiamo bisogno di questa adesione del cuore.
Anch’io preferisco il taglio pastorale, esperienziale, e come vostro fratello vescovo vorrei rivolgere a ciascuno alcune esortazioni che valgono naturalmente anche per me.
Il nostro essere a servizio pieno comporta anzitutto il dovere della testimonianza.
Nella prima a Timoteo San Paolo scrive: “Sii di buon esempio ai fedeli nelle parole, nel comportamento, nella carità, nella fede, nella purezza… dedicati alla lettura… all’insegnamento.  Non trascurare il dono spirituale che è in te e che ti è stato conferito… con l’imposizione delle mani… da parte del collegio dei presbiteri… vigila su te stesso… e sii perseverante: così facendo salverai te stesso e coloro che ti ascoltano” (1 Tm 4, 12-16).
Non vergognarti della testimonianza da rendere al Signore nostro” (2 Tm 1,6-8). “ … Tendi alla giustizia, alla pietà, alla carità, alla pazienza, alla mitezza” (1 Tm 6,11-12).
E’ chiara l’insistenza dell’apostolo nell’esortare a non trascurare il dono spirituale e a ravvivare il dono di Dio.
Nel testo greco c’è un verbo molto espressivo anazopurein che significa: ravvivare il fuoco come si ravviva il fuoco che sta sotto la cenere.
Credo che l’apostolo voglia dire a me e a voi che tanta cenere ci è piovuta addosso provocando stanchezza, delusione, demotivazione.
È necessario prendere il coraggio con tutte e due le mani e soffiare sulla nostra coltre di cenere per riscoprire e vivificare quel fuoco dello spirito che ci è stato donato con l’imposizione delle mani il giorno della nostra Ordinazione sacerdotale.
Che fatica essere uomini! Ma ancor più: che fatica essere preti e vescovi!
Consentitemi un’altra sottolineatura. L’apostolo Paolo nel raccomandarci di non trascurare il dono ricevuto con l’imposizione della mani, richiama l’imposizione delle mani anche da parte del collegio dei presbiteri. Emerge, dunque, la dimensione della collegialità.
Credo che tutti avvertiamo il bisogno di riscoprire questa dimensione, di ravvivare questa mentalità collegiale: quanta solitudine! Lavoriamo e ci affanniamo come navigatori solitari.
Quando viene ordinato un nuovo sacerdote è tutto il presbiterio che impone le mani sul suo capo. La dimensione collegiale è un fatto teologico – sacramentale.
Va recuperato il senso della corresponsabilità e della condivisione che si esprime anche attraverso la regolare e attiva presenza e partecipazione alla vita della Chiesa diocesana, ai ritiri, agli esercizi spirituali, agli incontri diocesani.
La Chiesa, la parrocchia, la Diocesi, non è né mia né vostra: è di Gesù Cristo.
Ogni latitanza voluta, assunta come stile di vita, ogni isolamento istituzionalizzato è l’anticamera del fallimento oltre che un tradimento a quell’affectus collegialis che promana dalla nostra ordinazione sacerdotale e dal profumo del sacro crisma che ci è stato spalmato nelle mani.
Anche quest’anno tutte le Chiese d’Italia profumano di bergamotto, grazie alla Diocesi di Locri-Gerace che ha regalato per la Messa Crismale l’essenza del raro agrume per profumare l’olio della celebrazione. Un gesto di fratellanza e di solidarietà che certamente vuole esprimere la fragranza di quella comunione a cui siamo chiamati quotidianamente.
Consentitemi, carissimi presbiteri, sulla scia delle raccomandazioni dell’apostolo Paolo, una nota pastorale che vi può sembrare fuori posto o quanto meno superflua.
Lo faccio con il più grande rispetto che voi meritate e che io vi devo, lo faccio con la forza dell’esperienza del passato, sperando anche di offrirvi una qualche soluzione concreta a
situazioni che a volte si presentano.
Voi conoscete bene le norme liturgiche che regolano il triduo pasquale e quindi sapete che da oggi alla domenica di resurrezione sono proibite tutte le messe dei defunti, anche esequiali e quindi non è consentita la celebrazione dei funerali.
Ma sapete pure bene che eventuali esequie, senza solennità e senza messa, possono essere celebrate in orari che non disturbi la partecipazione ai riti del triduo pasquale.
Non possiamo costringere la gente a tenere la salma in casa per più giorni.
La Messa esequiale potrà essere celebrata a partire da lunedì di Pasqua. Per venire incontro alle famiglie colpite da lutto potranno essere adibite chiese non parrocchiali eventualmente anche come accoglienza della salma in attesa dei funerali.
Un’altra nota pastorale riguarda gli oli santi che vanno prelevati al più presto dalla Cattedrale, presentati solennemente alla comunità parrocchiale nella Messa vespertina In Coena Domini e custoditi dignitosamente in appositi cofanetti.
È auspicabile e lodevole che siano ripristinate, laddove sono presenti, le antiche e artistiche custodie degli oli santi.
Gli oli avanzati dall’anno precedente siano rispettosamente bruciati o versati nella lampada del SS. Sacramento.
Da oggi, dunque, nell’amministrazione dei sacramenti nei quali si deve fare uso dei sacri oli non si usino più gli oli vecchi, tranne che non vi sia una vera e propria necessità (cfr. can. 847).
E’ a tutti noto che in caso di necessità e urgenza, qualunque presbitero, può nella stessa celebrazione dell’unzione degli infermi, benedire gli oli da usare al momento.
Come già ricordato l’anno scorso, deve verificarsi la necessità, l’urgenza e l’eccezionalità del caso. Benedire gli oli in casa dell’ammalato ogni qualvolta veniamo chiamati per l’unzione degli infermi è un abuso che la nostra gente riscontra e giustamente non approva.
Il Vangelo proclamato ci ha riportato nella Sinagoga di Nazaret dove Gesù commentando le parole del profeta Isaia, afferma di essere lui l’unto del Signore, colui che il Padre ha mandato per annunciare ai poveri il lieto annunzio, per proclamare ai prigionieri la liberazione, ai ciechi la vista.
Noi sacerdoti con l’Ordinazione presbiterale siamo stati chiamati a condividere la stessa missione di Cristo, ecco perché siamo stati “unti” e inviati nel giorno della nostra Ordinazione sacerdotale.
Con l’animo colmo di gratitudine rinnoveremo adesso le promesse sacerdotali che ci rimandano con la mente e con il cuore a quel giorno indimenticabile in cui il Vescovo, imponendoci le mani, ci ha consacrati ministri di Dio.
Vorremmo rinnovare le promesse di allora con lo stesso entusiasmo, la stessa passione, la stessa convinzione che faceva di noi uomini liberi e dal cuore indiviso.
A Maria Regina degli Apostoli e Madre della Chiesa, affidiamo la nostra vita, in maniera particolare in questo anno dedicato alla vita consacrata, perchè nella fedeltà al Figlio suo Gesù, possiamo con gioia proseguire il nostro cammino nella Chiesa e per la Chiesa.
A voi, carissimi fedeli laici, vi chiediamo di sostenerci con la vostra preghiera incessante e la vostra benevolenza. A lui, sommo ed eterno sacerdote, gloria e potenza nei secoli dei secoli. Amen (Ap 1,6).

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