XIX Domenica del T.O. – Fatevi imitatori di Dio … non solo date il pane, ma diventate voi stessi pane!
Alla scuola del Vangelo di Giovanni, continuiamo a meditare su Gesù “Pane del cielo”.
Un “pane donato” in risposta alla fame degli uomini quando, stremati e senza forze, sembrano soccombere alle tante sconfitte, paure e debolezze della vita. Come accade a Elia, il più grande dei profeti.
Anche lui sperimenta stanchezza e scoraggiamento, al punto da invocare la morte: «Ora basta, Signore! Prendi la mia vita…».
[…] Ma proprio il raggiungimento di questo limite diventa il “luogo” in cui il Signore si rende presente.
Come accade a Elia, cui Dio manda due segni: un angelo, un po’ di pane e un sorso d’acqua.
Poca cosa davvero! Ma sufficiente a rimettere in cammino il profeta, permettendogli di tornare al suo posto e continuare a servire il popolo.
In modo simile, Gesù dona ai suoi un “po’ di pane” – l’Eucaristia –, accompagnandolo con affermazioni sorprendenti: «Io sono il pane della vita… Io sono il pane vivo… Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno».
Il Vangelo di oggi ci offre un’ulteriore possibilità per cogliere la ricchezza dell’Eucaristia, riscattandola dall’abitudine del “mangiare senza nutrirsi” e del “bere senza dissetarsi”.
La Chiesa, infatti, vuole ricordarci che, quando accettiamo l’invito di Gesù – accostandoci all’altare per cibarci di quel “poco pane” e fare comunione con lui – avviene anche a noi quello che è accaduto al profeta Elia.
E come il pane e l’acqua di Elia, così il pane eucaristico e il vino consacrato fanno trasparire lo stile di Dio.
Egli interviene nella nostra storia con la forza delle cose quotidiane, con l’umiltà e la povertà delle cose essenziali: il pane, il vino, l’acqua, l’aria, la luce, un amico.
Un “cibo semplice”, ma in grado di risvegliare tutte le energie creative dell’uomo, la sua dignità e la sua libertà. Perché quel “pane” è Gesù stesso che ci chiede di accoglierlo nella nostra vita, come compagno di strada. «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno». Come rispondere a questo dono? «Fatevi imitatori di Dio», ci dice san Paolo: non solo date il pane, ma diventate voi stessi pane.
Proprio come Gesù, nutriti di lui, per essere “l’angelo di Elia” per i fratelli, per portare loro sollievo nelle fatiche della vita, senza giudicare, senza moralismi, senza pretese… ma con sincero amore. (Monsignor Nunzio Galantino)
«Abbiamo bisogno di cibo continuo. Per questo cominciamo la giornata alle quattro e mezzo del mattino. Abbiamo la Messa, la comunione, la meditazione… Poi, la sera, in tutte le nostre case, abbiamo un’ora di adorazione tutte le sere. Viene esposto il Santissimo Sacramento, e tutte le suore comunitariamente (facciamo tutto comunitariamente), fanno un’ora di adorazione. È questa una grande sorpresa per me: siamo, infatti tutte e ciascuna molto occupate; abbiamo tante cosa da fare per la nostra gente. Eppure quest’ora di adorazione non è un’ora sottratta al lavoro per i poveri. Facciamo tutte le nostre ore di servizio pieno per i poveri. Quest’ora di adorazione trascorsa davanti a Gesù non toglie nulla la nostro sevizio. Ci ha avvicinate le une alle altre, ha intensificato il nostro amore verso i poveri, ha reso la presenza di Cristo più viva, più reale, qualcosa che veramente ci unisce.» Ascolto della Parola (Madre Teresa di Calcutta)
Il pane di cui parla Gesù è costituito essenzialmente da due componenti: la sua parola e l’Eucaristia.
La parola, che come ogni cibo, dopo essere stato consumato si trasforma all’interno del nostro organismo nelle sostanze necessarie alla vita materiale, deve essere ascoltata, digerita e metabolizzata affinché possa trasformarsi in nutrimento per lo spirito e rafforzare la fede.
L’Eucarestia è il mezzo per consolidare la comunione con lui e con il Padre e per aiutarci in particolare quando siamo nelle difficoltà, nei momenti di buio, di solitudine, quando siamo deboli e stanchi.
Con queste parole Gesù intende indicare senza mezzi termini la strada maestra per liberarci dalle schiavitù terrene e dar spazio allo spirito che è in noi.
Gesù ci dice di essere il “pane disceso dal cielo”; per noi questo “pane” che cosa è? La comunione che Dio Padre ci ha dato come dono ci rende capaci di percorrere il cammino, anche se cosparso di difficoltà, per arrivare alla meta finale? Gesù ci invita a mangiare il suo corpo per entrare in relazione con il Padre attraverso di lui: crediamo veramente che questo Gesù è colui che il Padre ha mandato per la nostra salvezza? Abbiamo ancora dei dubbi? [AA]
C’è un profondo bisogno di amore in ciascuno di noi, così spesso prigionieri delle nostre solitudini. È il bisogno di una parola di vita che vinca le nostre paure e ci faccia sentire amati. Il profeta Amos descrive con efficacia questa situazione: “Ecco, verranno giorni – oracolo del Signore Dio – in cui manderò la fame nel paese; non fame di pane né sete di acqua, ma di ascoltare le parole del Signore” (8,11). E sant’Agostino – che quella Parola ha incontrato, fino a farne la ragione di tutta la sua vita – così presenta la risposta del Dio vivente al nostro bisogno: “Da quella città il Padre nostro ci ha inviato delle lettere, ci ha fatto pervenire le Scritture, onde accendere in noi il desiderio di tornare a casa” (Commento ai Salmi, 64, 2-3).
Se si arriva a comprendere – come è capitato a tanti credenti di ieri e di oggi – che la Bibbia è questa “lettera di Dio”, che parla proprio al nostro cuore, allora ci si avvicinerà a essa con la trepidazione e il desiderio con cui un innamorato legge le parole della persona amata. Allora, Dio, che è insieme paterno e materno nel suo amore, parlerà proprio a ciascuno di noi e l’ascolto fedele, intelligente e umile di quanto egli dice sazierà poco a poco il nostro bisogno di luce, la tua sete d’amore. Imparare ad ascoltare la voce di Dio che parla nella Sacra Scrittura è imparare ad amare: perciò, l’ascolto delle Scritture è ascolto che libera e salva. (Bruno FORTE, Lettera ai cercatori di Dio, EDB, Bologna, 2009, 63-64).
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