Assunzione di Maria – Assunta in cielo nell’integralità del suo essere umano, la Vergine Madre testimonia l’infinita dignità di ogni persona, il valore del corpo da custodire e amare, il destino eterno da non obliare
Ritorna nella liturgia della Chiesa la celebrazione dell’Assunzione di Maria. Una memoria fuori del tempo? Un’evasione spirituale, proposta per estraniarsi dalle inquietanti provocazioni della storia?
La risposta può sembrare paradossale, perché per certi aspetti è sì, per altri no. In realtà, la liturgia per sua natura celebra lo splendore dell’eternità nel tempo e tende a cogliere il senso del divenire temporale nell’orizzonte pacificante dell’eternità: la sua “attualità” sta spesso nel riproporre fedelmente ciò che è apparentemente “inattuale”, e tuttavia necessario.
Si tratta di un estraniarsi per appartenere: lo faceva comprendere il teologo evangelico Karl Barth, quando – nel profilarsi della barbarie nazista e delle sue violenze, di cui fu sempre fiero oppositore – osservava quanto fosse importante che i Benedettini della vicina Abbazia di Maria Laach continuassero a cantare le lodi di Dio senza fermarsi (l’osservazione è nel testo Esistenza teologica oggi del 1933). ( B. Forte )
Al termine della Costituzione sulla Chiesa, il Concilio Vaticano II ci ha lasciato una meditazione bellissima su Maria Santissima. Ricordo soltanto le espressioni che si riferiscono al mistero che celebriamo oggi: La prima è questa: «L’immacolata Vergine, preservata immune da ogni macchia di colpa originale, finito il corso della sua vita terrena, fu assunta alla gloria celeste col suo corpo e la sua anima, e dal Signore esaltata come la regina dell’universo» (n. 59).
E poi, verso la fine, vi è quest’altra: «La Madre di Gesù, come in cielo, glorificata ormai nel corpo e nell’anima, è l’immagine e la primizia della Chiesa che dovrà avere il suo compimento nell’età futura, così sulla terra brilla come segno di sicura speranza e di consolazione per il Popolo di Dio in cammino, fino a quando non verrà il giorno del Signore» (n. 68). Alla luce di questa bellissima icona di nostra Madre, possiamo considerare il messaggio contenuto nelle Letture bibliche che abbiamo appena ascoltato.
Possiamo concentrarci su tre parole-chiave: lotta, risurrezione, speranza.
Il brano dell’Apocalisse presenta la visione della lotta tra la donna e il drago.
La figura della donna, che rappresenta la Chiesa, è da una parte gloriosa, trionfante, e dall’altra ancora in travaglio. Così in effetti è la Chiesa: se in Cielo è già associata alla gloria del suo Signore, nella storia vive continuamente le prove e le sfide che comporta il conflitto tra Dio e il maligno, il nemico di sempre.
[…] La seconda Lettura ci parla della risurrezione. L’apostolo Paolo, scrivendo ai Corinzi, insiste sul fatto che essere cristiani significa credere che Cristo è veramente risorto dai morti. Tutta la nostra fede si basa su questa verità fondamentale che non è un’idea ma un evento.
E anche il mistero dell’Assunzione di Maria in corpo e anima è tutto inscritto nella Risurrezione di Cristo. L’umanità della Madre è stata “attratta” dal Figlio nel suo passaggio attraverso la morte.
Gesù è entrato una volta per sempre nella vita eterna con tutta la sua umanità, quella che aveva preso da Maria; così lei, la Madre, che Lo ha seguito fedelmente per tutta la vita, Lo ha seguito con il cuore, è entrata con Lui nella vita eterna, che chiamiamo anche Cielo, Paradiso, Casa del Padre.
[…] Il Vangelo ci suggerisce la terza parola: speranza. Speranza è la virtù di chi, sperimentando il conflitto, la lotta quotidiana tra la vita e la morte, tra il bene e il male, crede nella Risurrezione di Cristo, nella vittoria dell’Amore. Abbiamo sentito il Canto di Maria, il Magnificat: è il cantico della speranza, è il cantico del Popolo di Dio in cammino nella storia. E’ il cantico di tanti santi e sante, alcuni noti, altri, moltissimi, ignoti, ma ben conosciuti a Dio: mamme, papà, catechisti, missionari, preti, suore, giovani, anche bambini, nonni, nonne: questi hanno affrontato la lotta della vita portando nel cuore la speranza dei piccoli e degli umili. Maria dice: «L’anima mia magnifica il Signore» – anche oggi canta questo la Chiesa e lo canta in ogni parte del mondo. Questo cantico è particolarmente intenso là dove il Corpo di Cristo patisce oggi la Passione. Dove c’è la Croce, per noi cristiani c’è la speranza, sempre. Se non c’è la speranza, noi non siamo cristiani. Per questo a me piace dire: non lasciatevi rubare la speranza. Che non ci rubino la speranza, perché questa forza è una grazia, un dono di Dio che ci porta avanti guardando il Cielo. E Maria è sempre lì, vicina a queste comunità, a questi nostri fratelli, cammina con loro, soffre con loro, e canta con loro il Magnificat della speranza. ( Papa Fransceco – 2013 )
[…] L’Assunzione […], quasi a nostra insaputa, fissa ed esalta l’antropologia cristiana, cioè la scienza dell’uomo, nei termini più chiari e più consolanti. […] Noi ricapitoliamo, nel glorioso epilogo della vita di Maria, tutta la dottrina su la vita umana. Noi celebriamo una festa che si riferisce allo stato della vita oltre il tempo, alla vita futura; affermiamo con ciò stesso l’esistenza di questa vita futura; l’ultimo articolo del credo trova qui una sua gloriosa affermazione; […].
[…] la Madonna […] ci appare oggi viva e vera, nella integrità del suo essere stupendo e innocente, nella bellezza spirituale e corporea di tutta la sua immacolata umanità; nel trionfo vitale ed estetico proprio della risurrezione della più pura, della più gentile, della più ideale e più reale donna, che la terra abbia mai generata e che il cielo per sempre custodirà. […]
[…] ben diversa la nostra dalla sua sorte, non è diverso il finale destino, che in Lei è stato subito compiuto e anticipato sul giorno del finale giudizio, nel quale la morte sarà vinta, e la carne umana risorgerà. Risorgerà simile a quella della Madre celeste, se la purità, che durante la vita terrena fu sua per grazia, sarà nostra per virtù, che vuol dire per laboriosa difesa, per difficile conquista, per perseverante orazione. […] Da “L’umanità in Maria”. Omelia durante il Pontificale nel duomo di Mìlano nella solennità di Maria Assunta, 15 agosto 1956, in G.B. Montini (Arcivescovo di Milano), Discorsi e scritti milanesi (1954-1963), vol. I, Brescia-Roma, Istituto Paolo VI-Edizioni Studium, 1997, n. [413], pp. 918-924.
[…] Noi viviamo in un periodo in cui l’attrattiva delle cose naturali si è fatta assai suggestiva; natura, scienza, tecnica, economia e godimento impegnano potentemente la nostra attenzione, il nostro lavoro, la nostra speranza; e la fecondità meravigliosa, che l’ingegno e la mano dell’uomo hanno saputo trarre dal seno della terra, ci ha procurati beni, ricchezze, cultura, piaceri, che sembrano saziare ogni nostra aspirazione, e che sembrano corrispondere perfettamente alle nostre facoltà di ricerca e di possesso. Le parole del Vangelo […] dicono il rimprovero di Gesù a Marta troppo sollecita delle cose materiali. Qui è la vita, dice la nostra faticosa, ma vittoriosa conquista del mondo circostante; e qui si dirigono, si legano e si arrestano i nostri desideri; qui arriva la nostra speranza, qui si ferma il nostro amore. E quando è così – e come spesso lo è –, non siamo più capaci di pregare, di aspirare alle cose trascendenti e supreme, di porre la nostra speranza al di là del quadro della nostra immediata esperienza. […]
In altri termini: siamo gente tutta occupata dai desideri e dagli affari di questo mondo, come se altro noi non dovessimo cercare ed amare. Così non siamo più spiriti veramente religiosi, che conoscono la contingenza radicale delle cose presenti; e non siamo più allenati a estrarre i valori superiori, che sono quelli morali, connessi col nostro eterno destino, dal rapporto, che pur dobbiamo cercare e perfezionare, con le cose presenti; le quali sono solo a noi prodighe di valori utili, ma non definitivi.
Ecco allora che la festa dell’Assunzione di Maria fa risuonare alle nostre anime, quasi uno squillo di trombe celesti, una chiamata che parte di là, dall’altra riva della vita, quella oltre il tempo e oltre questo quadro del nostro mondo naturale, quella dell’eternità e della vita soprannaturale nella sua dispiegata pienezza.
Così l’Assunzione della Madonna ci obbliga, con suadente invito, a verificare se la via, che ciascuno di noi percorre, è rivolta verso il sommo traguardo, e a rettificarla decisamente verso di esso. […]
Maria ci chiami. Maria ci dia la fede nel Paradiso e la speranza di raggiungerlo. Maria ci aiuti a camminare per la via di quell’amore che a quel beato termine conduce. Maria ci insegni ad operare con bravura e con dedizione, sì, nella cura delle cose di questo mondo, che ci danno il programma dei nostri immediati doveri; ma Maria ci dia insieme la sapienza e la povertà di spirito, che tengano liberi i nostri cuori e agili i nostri animi per la ricerca dei beni eterni. […] Da “Leviamo in alto le nostre teste”. Omelia durante il Pontificale nel Duomo di Milano nella solennità di Maria Assunta, 15 agosto 1961 in G.B. Montini (Arcivescovo di Milano), Discorsi e scritti milanesi (1954-1963), vol. III, Brescia-Roma , Istituto Paolo VI-Edizioni Studium, 1997, n. [1831], pp. 4545-4552.
Nel cuore dell’estate, la celebrazione dell’assunzione di Maria diventa un richiamo a rispettare la dignità di ogni donna, a valorizzarne il mistero, a umanizzare il mondo rendendolo più accogliente nell’irripetibilità di ciascuno e nella reciprocità delle relazioni di vita e d’amore, che fanno la storia di tutti.
È questo gioco di visibile concretezza e d’invisibile profondità, che fa parlare di Maria come di un’icona del Mistero: in lei si offre il duplice movimento, che ogni icona tende a trasmettere, la discesa e l’ascesa, l’antropologia di Dio e la teologia dell’uomo.
In lei risplende l’elezione dell’Eterno e il libero consenso della fede in Lui.
Come «l’icona è la visione delle cose che non si vedono» (P. Evdokimov), così la Vergine è, allo sguardo della fede, l’«arca dell’alleanza», coperta dall’ombra dello Spirito, la dimora santa del Verbo della vita tra noi, la Madre cui rivolgersi con fiducia perché ci accompagni al Figlio.
E come l’icona ha bisogno del colore e della forma per rendere presente il mistero che annuncia, così la Madre del Signore veicola il dono, che in lei si è reso presente, nella concretezza dei suoi tratti di donna libera e credente, nella sua corporeità destinata a vincere la morte, nel suo essere capace di speranza fino alla fine, oltre la fine.
Assunta in cielo nell’integralità del suo essere umano, la Vergine Madre testimonia l’infinita dignità di ogni persona, il valore del corpo da custodire e amare, il destino eterno da non obliare. Così la figura di Maria di Nazaret può divenire un singolare incoraggiamento a credere e sperare nel tempo che ci è dato di vivere, dove proprio la speranza appare dono prezioso e forza necessaria di trasformazione del presente. ( B. Forte )
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