( XXXIV Dom del T.O.B ) – Gesù Cristo Re di questo mondo in altro modo
La solennità di Cristo Re dell’universo conclude il cammino dell’anno liturgico, ricordandoci che la vita del creato non avanza “alla cieca”, ma procede verso una meta finale: la definitiva manifestazione di Cristo, Signore della storia. Ecco allora che, nella solennità odierna, trovano risposta le tante domande che possono essere sorte, domenica dopo domenica, nel confronto tra messaggio evangelico e vita quotidiana, tra celebrazione e storia concreta.
Chi infatti cerca di partecipare in maniera attiva alla vita della Chiesa – ai momenti di ascolto e di preghiera, come a quelli di azione concreta – si sente interpellato sul senso della vita cristiana, trovandosi inevitabilmente dinanzi a nuove scelte da fare o a comportamenti da tenere, in un mondo che spesso segue logiche del tutto estranee al Vangelo.
Per non parlare poi della reale possibilità di dover fare i conti con incoerenze consumate all’interno della stessa Chiesa che, da comunità che testimonia in maniera credibile le esigenze del Vangelo, finisce talvolta di fatto per esibire uomini e comportamenti che poco hanno a che fare con Cristo e con il Vangelo! Tutto questo provoca domande del tipo: «Ma dove sta la differenza tra la proposta di Cristo e le altre prospettive da lui divergenti che, ogni giorno, il mondo propone?»; […] (Nunzio Galantino)
Il Vangelo di oggi ci fa contemplare Gesù mentre si presenta a Pilato come re di un regno che non è di questo mondo. Questo non significa che Cristo sia un re di un altro mondo, ma che è re in un altro modo. Ma è Re in questo mondo!!
Si tratta di una contrapposizione tra due logiche:
- La logica mondana poggia sull’ambizione, sulla competizione, combatte con le armi della paura, del ricatto e della manipolazione delle coscienze;
- La logica del vangelo, cioè la logica di Gesù, invece si esprime nell’umiltà e nella gratuità. Si afferma silenziosamente ma efficacemente con la forza della verità.
I Regni di questo mondo a volte si reggono su prepotenze, rivalità, oppressioni. Il regno di Cristo è un regno di giustizia, di amore e di pace. ( Papa Francesco )
Il regno di Gesù non ha caratteristiche religiose, convenzionalmente parlando. I suoi cittadini sono coloro che vengono dalla verità. … Noi li vediamo ogni tanto, ma solo Dio li vede tutti. Non ne possiamo fare l’anagrafe. Quando si conta, si sbaglia, perché contare vuoi dire obbedire ad una esigenza quantitativa, mentre la nostra esigenza è qualitativa. Siamo tanti in tutto il mondo, siamo (per un momento, per necessità retorica mi ci metto anch’io), siamo tanti a rendere testimonianza di questa verità nel mondo.
Abitare in questo regno vuol dire vivere in comunione con tutti i nostri concittadini, che sono quelli che, invece, non hanno molta possibilità di essere accolti nel regno terreno, di cui sono cittadini in senso anagrafico e pubblico: i vecchi, i malati, i bambini, gli inermi, gli handicappati… È una compagnia non molto efficiente, ma l’efficienza è criterio del regno di questo mondo. ( Ernesto Balducci da “Il Vangelo della pace” vol 2- anno B (1981/82)
Gesù si è rivelato Re nell’evento della Croce. Chi guarda la croce di Cristo non può non vedere la sorprendente gratuità dell’amore
Qualcuno di voi può dire: “Ma, Padre, questo è stato un fallimento!”. E’ proprio nel fallimento del peccato – il peccato è un fallimento – nel fallimento delle ambizioni umane, lì c’è il trionfo della Croce, c’è la gratuità dell’amore.
Nel fallimento della Croce si vede l’amore, questo amore che è gratuito, che Gesù ci dà.
Parlare di potenza e di forza, per il cristiano, significa fare riferimento alla potenza della Croce e alla forza dell’amore di Gesù: un amore che rimane saldo e integro, anche di fronte al rifiuto, e che appare come il compimento di una vita spesa nella totale offerta di sé in favore dell’umanità.
Sul Calvario, i passanti e i capi deridono Gesù inchiodato alla croce, e gli lanciano la sfida: «Salva te stesso scendendo dalla croce!» (Mc 15,30). “Salva te stesso!”.
Ma paradossalmente la verità di Gesù è proprio quella che in tono di scherno gli scagliano addosso i suoi avversari: «Non può salvare sé stesso!» (v. 31). Se Gesù fosse sceso dalla croce, avrebbe ceduto alla tentazione del principe di questo mondo; invece Lui non può salvare sé stesso proprio per poter salvare gli altri, proprio perché ha dato la sua vita per noi, per ognuno di noi.
Dire: “Gesù ha dato la vita per il mondo” è vero, ma è più bello dire: “Gesù ha dato la sua vita per me”. […]
[ Questo lo ha capito ] bene uno dei due malfattori che sono crocifissi con Lui, detto il “buon ladrone”, che Lo supplica: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno» (Lc 23,42). Ma questo era un malfattore, era un corrotto ed era lì condannato a morte proprio per tutte le brutalità che aveva fatto nella sua vita. Ma ha visto nell’atteggiamento di Gesù, nella mitezza di Gesù l’amore.
E questa è la forza del regno di Cristo: è l’amore. ( Papa Francesco )
Se c’è un’ora in cui il Regno di Dio è venuto, è stato in mezzo a noi e si è rivelato, è stato narrato, questa è l’ora della passione e della croce. Comprendiamo allora perché l’evangelista subito dopo annota che Pilato, rivolgendosi alla folla e ai capi dei giudei, proclama per due volte che Gesù è innocente, che non c’è in lui alcuna colpa secondo il diritto romano (cf. Gv 18,38; 19,4; e ancora in 19,6); poi, dopo averlo fatto flagellare (cf. Gv 19,1), lo presenta con le parole: “Ecco l’uomo!” (Gv 19,5). Pilato però – ci rivela sempre l’evangelista – durante quell’interrogatorio ha paura, e quando sente che, secondo l’accusa, Gesù si è fatto Figlio di Dio, “ha ancor più paura” (cf. Gv 19,7-8). I poteri di questo mondo possono non avere paura l’uno dell’altro, e per questo si fanno guerra; ma di fronte a Gesù “hanno paura”, perché Gesù inerme, mite, povero, innocente, regna veramente ed è lui il Re e il Giudice di tutto l’universo.
Questa festa di Cristo Re è stata come ri-evangelizzata dalla riforma liturgica del Vaticano II, grazie alla scelta delle letture evangeliche che presentano Gesù quale Re nella passione (il testo odierno e Lc 23,35-43) e quale Giudice veniente nella misericordia (cf. Mt 25,31-46). ( E. Bianchi )
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