IV Domenica di Avvento – La Chiesa è madre che sempre ha le porte spalancate e le braccia aperte per accogliere tutti.
Il Vangelo di questa domenica di Avvento pone in evidenza la figura di Maria. La vediamo quando, subito dopo aver concepito nella fede il Figlio di Dio, affronta il lungo viaggio da Nazaret di Galilea ai monti di Giudea per andare a visitare e aiutare Elisabetta.
L’angelo Gabriele le aveva rivelato che la sua anziana parente, che non aveva figli, era al sesto mese di gravidanza (cfr Lc 1,26.36). Per questo la Madonna, che porta in sé un dono e un mistero ancora più grande, va a trovare Elisabetta e rimane da lei tre mesi. ( Papa Francesco )
La storia della salvezza è presentata sovente nella Bibbia come una successione di “visite ” di Jahve al suo popolo …..
La visita nel linguaggio biblico è la visita di Dio al suo popolo e il mistero della visitazione va inquadrato in questo più ampio mistero, per Luca infatti la visita di Maria a Elisabetta è il prodromo della visita che il Signore fa al suo popolo per la mediazione di Maria. Come diceva il Cardinale Carlo Maria Martini Il mistero della Visitazione permette al credente d’oggi di approfondire un aspetto importante della vita di fede: la ricerca della volontà di Dio nelle relazioni e negli incontri quotidiani.
Nell’incontro tra Maria ed Elisabetta sono presenti tutte le caratteristiche di una relazione profonda e autentica fondata su Dio, soprattutto la reciprocità (si comprende, si è compresi , si discerne la la volontà di Dio, si comunica). E’ un comunicare che si manifesta anzitutto nel mistero della voce, comunicativa di gioia, vibrante e modulata così da far trasalire chi l’ascolta (“Ecco, appena la voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio seno”: Lc 1, 44).
Attenzione reciproca e concretezza sono alla base della comunicazione dialogica tra Maria e Elisabetta. E’ un incontro nel gesto e nella parola che esprime la sovrabbondanza del cuore, la gratitudine e la gratuità. Maria si sente capita a fondo, sente che il suo segreto, che non aveva osato dire a nessuno e che non sapeva come esprimere senza timore di essere tacciata di follia, è stato capito, accolto, stimato, apprezzato. La tenerezza di questo incontro è figura di un comunicare umano e riuscito. ( B. Forte )
Gli esegeti hanno notato che Luca, narrandoci l’episodio della visita di Maria a Elisabetta, si è ispirato ad un testo dell’Antico Testamento che ci descrive il cammino dell’arca dell’alleanza verso il Tempio di Gerusalemme (2 Sam. 6, 1-13). L’arca in cui abita Jahvé è trasportata alla volta di Gerusalemme. Davide, al suo passaggio, danza e salta di gioia. Prima che l’arca giunga da Obed-Edom nelle montagne della Palestina, Davide esclama: « Com’è possibile che l’arca del Signore venga verso di me? ».
Il raffronto con la scena della Visitazione è sorprendente. Le parole sono le stesse. Qui, come là, si parla delle montagne della Palestina. Come Davide salta (skirtai) davanti all’arca, Giovanni salta (skirtai) davanti a Maria; e le parole ,di saluto che Elisabetta rivolge a Maria sono le stesse con le quali Davide saluta l’arca. È facile scorgere la profondità teologale che questo collegamento fatto da Luca fra i due episodi, conferisce alla Visitazione. Quello che era l’arca nell’Antica Alleanza, il luogo dove Jahvé abitava in mezzo al suo popolo, lo è Maria nella Nuova Alleanza poiché in Lei ha preso dimora il Verbo. L’episodio della Visitazione è così quasi sottratto all’aneddoto ed acquista la sua dimensione divina.
…. La presenza nell’arca appartiene ancora all’ordine dei simboli. La presenza in Maria è già nell’ordine del compimento. Ed è qui che appare il carattere unico dell’ordine di Giovanni poiché è pur vero che egli appartiene ancora all’Antica Alleanza ed al tempo delle preparazioni e delle prefigurazioni. E tuttavia, quando Maria visita Elisabetta, le promesse sono state adempiute e Dio ha visitato il sua popola. È già il Verbo incarnato che, presente Maria, fa balzare di gioia Giovanni come un novello Davide, nel seno di sua madre. La Visitazione e la santificazione di Giovanni sono le prime manifestazioni dell’Incarnazione. È già opera del Verbo; sono già le prime manifestazioni della Grazia. (JEAN DANIÉLOU )
Nell’incontro tra le due donne – immaginatevi: una anziana e l’altra giovane, – è la giovane, Maria, che per prima saluta.
Il Vangelo dice così: «Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta» (Lc 1,40) . E, dopo quel saluto, Elisabetta si sente avvolta da grande stupore – non dimenticatevi questa parola: stupore.
Elisabetta si sente avvolta da grande stupore che risuona nelle sue parole: «A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me?» (v. 43). E si abbracciano, si baciano, gioiose, queste due donne: l’anziana e la giovane, ambedue incinte.
Per celebrare in modo proficuo il Natale, siamo chiamati a soffermarci sui “luoghi” dello stupore. E quali sono questi luoghi dello stupore nella vita quotidiana? Sono tre.
Il primo luogo è l’altro, nel quale riconoscere un fratello, perché da quando è accaduto il Natale di Gesù, ogni volto porta impresse le sembianze del Figlio di Dio. Soprattutto quando è il volto del povero, perché da povero Dio è entrato nel mondo e dai poveri, prima di tutto, si è lasciato avvicinare.
Un altro luogo dello stupore – il secondo – in cui, se guardiamo con fede, proviamo proprio lo stupore è la storia. Tante volte crediamo di vederla per il verso giusto, e invece rischiamo di leggerla alla rovescia. Succede, per esempio, quando essa ci sembra determinata dall’economia di mercato, regolata dalla finanza e dagli affari, dominata dai potenti di turno. Il Dio del Natale è invece un Dio che “scombina le carte”: Gli piace farlo! Come canta Maria nel Magnificat, è il Signore che rovescia i potenti dai troni e innalza gli umili, ricolma di beni gli affamati e rimanda i ricchi a mani vuote (cfr Lc 1,52-53). Questo è il secondo stupore, lo stupore della storia.
Un terzo luogo dello stupore è la Chiesa: guardarla con lo stupore della fede significa non limitarsi a considerarla soltanto come istituzione religiosa, che lo è; ma sentirla come una Madre che, pur tra macchie e rughe – ne abbiamo tante! – lascia trasparire i lineamenti della Sposa amata e purificata da Cristo Signore. Una Chiesa che sa riconoscere i molti segni di amore fedele che Dio continuamente le invia. Una Chiesa per la quale il Signore Gesù non sarà mai un possesso da difendere gelosamente: quelli che fanno questo, sbagliano; ma sempre Colui che le viene incontro e che essa sa attendere con fiducia e gioia, dando voce alla speranza del mondo. La Chiesa che chiama il Signore: “Vieni, Signore Gesù!”. La Chiesa madre che sempre ha le porte spalancate e le braccia aperte per accogliere tutti. Anzi, la Chiesa madre che esce dalle proprie porte per cercare con sorriso di madre tutti i lontani e portarli alla misericordia di Dio. Questo è lo stupore del Natale!
A Natale Dio ci dona tutto Sé stesso donando il suo Figlio, l’Unico, che è tutta la sua gioia. E solo con il cuore di Maria, l’umile e povera figlia di Sion, diventata Madre del Figlio dell’Altissimo, è possibile esultare e rallegrarsi per il grande dono di Dio e per la sua imprevedibile sorpresa. Ci aiuti Lei a percepire lo stupore – questi tre stupori l’altro, la storia e la Chiesa – per la nascita di Gesù, il dono dei doni, il regalo immeritato che ci porta la salvezza. L’incontro con Gesù farà sentire anche a noi questo grande stupore. Ma non possiamo avere questo stupore, non possiamo incontrare Gesù se non lo incontriamo negli altri, nella storia e nella Chiesa. ( Papa Francesco )
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