II Domenica del T.O. – Maria percepisce il gemito inespresso del mondo e lo esprime semplicemente: “Non hanno più vino”.
Per chi comprende il brano evangelico delle nozze di Cana nella sua intenzione più profonda, risulta sempre imbarazzante sentirlo proclamare nelle celebrazioni dei matrimoni. Perché? Perché, se lo si legge attentamente, ci si accorge che mai appaiono in esso uno sposa e una sposa che agiscono o sigillano il loro matrimonio nell’alleanza.
La sposa non è mai nominata, mentre allo sposo viene rivolta solo una volta la parola dal capo tavola, ma egli non ribatte: è una figura senza voce, senza carne, senza corpo, come se si sottraesse alla scena, lasciando lo spazio a un altro Sposo…
Il protagonista di questa pagina è infatti Gesù, mentre gli altri personaggi sono presentati solo in riferimento a lui: “la madre di Gesù”, “sua madre” (senza che si dica il nome Maria) e “i suoi discepoli”, testimoni silenziosi, ma che alla fine appariranno come la comunità, la sposa di quell’alleanza con lo Sposo Gesù, sigillata nel vino nuovo del Regno.
[…] Si celebra dunque un matrimonio al quale è presente la madre di Gesù ed è invitato Gesù stesso insieme ai suoi discepoli. Siamo nel “terzo giorno”, espressione temporale che evoca il giorno della gloria del Gesù, giorno in cui egli si è mostrato Kýrios più che mai (cf. Mc 8,31 e par.; At 10,40, ecc.).
La madre di Gesù è presenza, sta qui all’“inizio dei segni”, come sarà presenza, starà, alla fine dei segni, presso la croce (cf. Gv 19,25).
Proprio in quanto madre di Gesù, presente a quell’ora, vedendo che in queste nozze non c’è vino, si rivolge a lui con audacia per dirgli: “Non hanno vino”. E se non vi è vino, come si potranno celebrare le nozze con la gioia necessaria alla festa? Penso sovente che se la chiesa in mezzo all’umanità svolgesse anche solo questa funzione di far notare al Signore che “non c’è vino”, non c’è gioia, questo sarebbe già da parte sua assolvere un ministero essenziale…
Nelle Scritture il vino è innanzitutto promessa di Dio stesso, dono della beatitudine e della gioia fatto al suo popolo.
È il vino che rallegra il cuore dell’uomo (cf. Sal 103,15), ma anche il cuore di Dio (cf. Giudic 9,13 : ’Elohim), ed è proprio il vino che segnerà il banchetto escatologico promesso, attraverso il profeta, a tutti i popoli della terra, quel banchetto in cui si celebrerà la liberazione definitiva dalla morte (cf. Is 25,8): “Il Signore dell’universo imbandirà un banchetto, lo preparerà per tutti i popoli sul monte Sion, un banchetto di vivande scelte e vini eccellenti, di cibi gustosi e vini raffinati” (Is 25,6).
È il vino che crea il clima dell’amore tra lo sposo e la sposa nella “cella vinaria” (Ct 2,4) del Cantico dei cantici, vino che scenderà come rigagnoli dalle colline della terra benedetta (cf. Gl 4,18).
È il vino della gratuità, che fa trascendere la vita sotto il segno della necessità del pane, in un eccesso che chiama l’uomo e la donna fuori di sé. Per questo nel pasto lasciato da Gesù come suo memoriale ci sono il pane necessario e il vino gratuito (cf. Mc 14,22-24 e par.; 1Cor 11,23-25), perché l’umano deve sempre affermare l’uno e l’altro, sentirsi creatura bisognosa ma anche capace di creazione, di bellezza, di canto e di danza.
Non c’è dunque celebrazione di nozze senza vino, e la madre di Gesù per questo interviene. [ E Bianchi ]
Nel racconto evangelico tutti hanno qualcosa da fare: chi nella cucina, chi al servizio, chi agli strumenti musicali.
Soltanto Maria vede l’insieme, ha il colpo d’occhio e capisce che cosa di essenziale sta succedendo e che cosa di essenziale sta mancando. Questo è lo spirito contemplativo di Maria, il suo dono della sintesi, la capacità di attendere alle cose particolari.
[…] Maria percepisce il gemito inespresso del mondo e lo esprime semplicemente: “Non hanno più vino”. E’ l’unica a dire questa parola. […]
Il carisma di Maria è lo sguardo confortante all’insieme del corpo ecclesiale, che la rende attenta per tutti i punti dolenti e pronta ad esprimerli, a provvedere, avvisando chi di dovere, facendo intervenire altri.
A Cana infatti Maria non provvede direttamente alla necessità del vino, ma la mette in luce, la pone in rilievo e l’affida al Figlio.
Maria ci deve aiutare a scoprire ciò che manca, non per accusare o recriminare, ma per soffrire e per amare.
E anzitutto deve aiutarmi a scoprire quello che manca in me, quel “non so che” che dà il di più: forse sono piccole cose che mi mancano, piccoli passi che devo compiere nella disciplina del corpo, dello spirito, della mente, piccoli perdoni, piccole rinunce da vivere, piccole tensioni da coprire o piccole parole da frenare. Forse mi manca poco perché si manifesti il buon vino. [….] (Cardinale Carlo Maria Martini, in Maria, la donna del suo popolo 1984)
Noi ancora oggi continuiamo a bere di quel vino di Cana donatoci da Gesù, e alla sua tavola, quando celebriamo l’incontro con lui, l’adesione a lui, la fede in lui, celebriamo le nozze tra lui e la comunità cristiana, suo corpo.
Come nelle nozze i due diventano “una sola carne” (Gen 2,24; Mc 10,7.8; Mt 19,5.6; Ef 5,31), così nell’eucaristia i credenti diventano carne di Cristo, Signore e Sposo, Sposo che si dà totalmente alla sua comunità.
[ Il racconto delle nozze di cana è ] potente e intrigante perché più di altre esprime la verità dell’incarnazione: corpi che diventano un solo corpo, comunione e comunicazione nel canto dell’amore, nella sobria ebbrezza del vino. […][ E Bianchi ]
Il vino nuovo allieterà il giorno delle nozze eterne fra il Signore e il suo popolo (cf. Osea 2,21-24). In questa luce, il banchetto nuziale di Cana appare come l’ora dell’intervento definitivo di Dio, che viene a compiere in maniera sovrabbondante l’attesa e trasforma l’acqua della purificazione dei Giudei (acqua della preparazione e del desiderio: cf. v. 6) nel vino nuovo del Regno. …
Nella Chiesa nata dalla Pasqua di Gesù, la Vergine Madre è colei che presenta al Figlio i bisogni dell’attesa e conduce alla fede in Lui, condizione necessaria perché il vino nuovo riempia le giare dell’antico patto.
Il servizio di Maria è di orientarci a Gesù e di portarci a compiere la Sua volontà[…] ( B. Forte )
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