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I Domenica di Quaresima – Nel deserto Gesù è stato particolarmente Figlio …perché nella lotta col diavolo si realizza massimamente il suo essere Figlio.

Gesù tentato nel desertoÈ la prima domenica del tempo di Quaresima, tempo severo ma “favorevole” (2Cor 6,2) per il cristiano: soprattutto, tempo di lotta contro le tentazioni.  Per questo la chiesa all’inizio di questo tempo ci offre sempre il racconto delle tentazioni di Gesù nel deserto, tentazioni che secondo Luca saranno sempre presenti nella sua vita, fino alla fine (cf. Lc 23,35-39). Anche Gesù sapeva che sta scritto: “Figlio, se vuoi servire il Signore, preparati alla tentazione” (Sir  2,1). [ E. Bianchi ]
La professione di fede del pio ebreo (prima lettura) insieme alla prova delle tentazioni di Gesù nel deserto (Vangelo), ci dicono con chiarezza che la fede non è adesione intellettualistica ad alcune verità, ma un’esperienza personale chiamata a gettare luce sulle scelte concrete della vita; un’esperienza che penetra insieme la storia di un popolo e la vita di ciascun uomo. [ N. Galantino ]
Su Gesù, dopo il battesimo,  è sceso lo Spirito che ha convertito Gesù nella manifestazione visibile del perdono e dell’amore di Dio. Si allontanò dal Giordano ed era guidato (letteralmente “condotto”) dallo Spirito nel deserto.  ( A Maggi )
 «…. Dal Battesimo lo Spirito lo sospinge nel deserto e qui vi è una cosa primaria: essere tentati dal satana. È chiaro quindi che i testi proclamano la divinità di Gesù. Il problema che mi resta è che Cristo è andato per ubbidire alla mozione del Padre che lo porta lì per essere tentato dal diavolo…. In quei giorni è stato particolarmente Figlioperché nella lotta col diavolo si realizza massimamente il suo essere Figlio.  …. Il demonio ha fatto una cosa profonda: ha fatto l’intruso, si è frapposto tra Padre e Figlio ma il Signore lo strappa via – così anche noi. …. Le tentazioni saranno queste o altre: succederà quel che succederà: l’unica cosa è sentirsi sempre più figli del Padre. Le lotte del satana hanno un solo punto quello di farci credere che non siamo figli. Comunque si configuri, la tentazione tocca sempre questo: cercare di farci dubitare dell’essere figli. Non stiamo tanto a combattere su campi particolari, ma rinnoviamo la nostra fede nel dichiararci figli. In quel periodo Gesù aveva solo da rinnovare l’intima certezza del suo rapporto col Padre»  (D. G. Dossetti, appunti di omelia, Gerico 3.3.1974).
 Per noi “tentazione” significa sempre qualcosa che induce a compiere il male.  Nulla di tutto questo.  Il diavolo, – lo vedremo – non si presenta come un rivale di Gesù, ma come un suo collaboratore. Allora più che tentazioni potremmo parlare di seduzioni del diavolo nel deserto.
Chi è il diavolo?  Mentre Dio è amore che si mette a servizio degli uomini, il diavolo è potere che domina le persone.  ( A Maggi )
Luca esemplifica in numero di tre le tentazioni che in realtà per Gesù devono essere state molte, e con sapienza antropologica le riassume in quelle del mangiare, del possedere, del dominare.

  • Mutare le pietre in pane: … La tentazione è quella di dimenticare l’umanizzazione scelta, di rinunciarvi, e di usare la potenza di Dio per saziare la fame e riempire l’estrema spogliazione. Ma Gesù resiste, perché conosce la parola: “Non di solo pane vivrà l’uomo” (Dt  8,3a). Sì l’uomo non ha solo fame di pane, ma anche – come evidenzia il parallelo matteano che cita per intero il passo del Deuteronomio – “di ogni parola che esce dalla bocca di Dio” (Dt  8,3b; Mt 4,4). ( E Bianchi )

…Quando Gesù dice: «Non di solo pane vive l’uomo» dice che nell’uomo c’è una tensione, che non può essere esaudita dal benessere materiale.  .    Che la nostra identità umana sia basata sull’avere è tanto vero che ormai siamo arrivati ad un punto che ogni identità che non si traduca in quantità di possesso è inesistente e anche  psicologicamente si dissolve.  Questa alienazione di fondo ha modellato la nostra stessa convivenza umana determinandovi gerarchie ed emarginazioni.   La scelta evangelica non è la scelta della rinuncia al pane, è la scelta di una priorità.( E. Balducci )

  • Possedere i regni della terra: di fronte a questa pulsione che abita tutti gli umani Gesù sa dire no. È venuto per servire non per dominare (cf. Mc 10,45; Mt 20,28), è venuto nella povertà, non nella ricchezza (cf. 2Cor 8,9). Ciò non solo non faciliterà la sua missione, ma ne segnerà visibilmente il fallimento secondo l’evidenza mondana; Gesù, però, non pensa alla sua missione come a una conquista, a un grande raduno di credenti su cui dominare. Per questo è libero di rispondere, citando ancora la Torà: “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto(Dt  6,13). ( E Bianchi )…

E’ l’incompatibilità tra Dio e il potere, tra l’amore e il servizio. Quindi Gesù rifiuta categoricamente la proposta del diavolo, questa idolatria del potere. ( A. Maggi )
La tentazione originaria: «Sarete come Dio» si è diffusa nel mondo.  Ognuno vuole essere Dio all’altro. «Mi è stato dato un potere ed io lo do a chi voglio» è il linguaggio dei gruppi di potere anche ai livelli bassi.
Sentire nelle proprie mani il destino di un altro uomo: ecco quale è la vera libidine umana da cui tutte le altre dipendono. Anche le perversioni sessuali sono sempre legate a questa riduzione dell’altro ad una cosa di cui si può fare quel che si vuole.
Ecco il nostro male dal fondo, la marea oscura che sale dentro di noi, diventa fatto collettivo, politica, volontà di potenza, armamento.
Satana è entrato nel santuario, non ha rispettato confini, ha trovato consensi da ogni parte.
La caduta del popolo di Dio, della Chiesa nella tentazione – Gesù ha vinto ma la Chiesa non ha vinto – è avvenuta quando qualcuno ha detto: «Io ti do ogni potere purché tu mi adori».
Noi siamo ancora dentro questa fenomenologia del peccato, di cui siamo anche contribuenti abbastanza efficaci, per la verità.
Questo uso del potere che ci viene concesso in nome dei cosiddetti valori dello spirito è diventato generale. O ci si libera da questo peccato, oppure non significa nulla tutto ciò che diciamo, anzi contribuisce al male. ( E. Balducci )

  • Gettarsi dall’alto del tempio per essere salvato dagli angeli: È la tentazione più alta, per questo l’ultima, la grande tentazione che per pudore non spiego pienamente ma alla quale solo alludo. Dal punto più alto della costruzione religiosa per eccellenza, il tempio, Gesù vede sotto di sé l’abisso, che è anche il nulla, il vuoto, perché la ragione ci dice che nell’abisso non c’è niente, neanche Dio, ma si è abbandonati per sempre, come se non si fosse mai nati: l’abisso dà le vertigini… Cosa deve fare Gesù davanti a questo buco nero? Gettarsi giù, costringendo il Dio che lo ha dichiarato Figlio a fare il miracolo, cioè inviando angeli a salvarlo per impedirgli la caduta, come lo tenta il diavolo citando la Scrittura (cf. Sal 90,11-12)? Oppure accettare la sua situazione, quella di chi vede il fallimento, il vuoto, ma resta fedele a Dio e non lo tenta, non lo provoca (cf. Dt 6,16)?

Sì, questa è la tentazione delle tentazioni, già provata da Israele nel deserto quando, di fronte alle difficoltà, alle contraddizioni e all’apparente smentita delle promesse di Dio, si domandava sgomento: “Il Signore è in mezzo a noi sì o no?” (Es  17,7).
Ciò avviene anche nei nostri cuori, quando il sentimento del fallimento dell’intera nostra vita ci coglie, ci sorprende e ci confonde, fino a farci dire dentro di noi: “È stato tutto un inganno! Dio non c’era nei nostri inizi, oppure ci ha abbandonato!”. Oso pensare che questa sia stata “la grande tentazione” di san Francesco alla fine della sua vita, quando nella solitudine della Verna fu pigiato come uva. Questa è la tentazione che vuole contraddire la fede, la fiducia posta in Dio: non bestemmiandolo, non litigando con lui, ma semplicemente negandolo, cioè estromettendolo dal proprio orizzonte e dalla vita. ( E Bianchi )

***

La Quaresima di quei Paesi dove si mangia bene, in cui si deve digiunare, non è uguale alla Quaresima vissuta tra i nostri popoli del Terzo Mondo, denutriti, in perpetua Quaresima, sempre a digiuno.
In queste situazioni, per coloro che sono ben nutriti, la Quaresima è un appello  allʼausterità, a privarsi di qualcosa per condividerla con i bisognosi. Invece, nei Paesi poveri, nelle famiglie in cui vi è fame, la Quaresima si deve celebrare come una motivazione per dare al sacrificio che si vive un significato di croce redentrice, ma non per un conformismo falso che Dio rifiuta, ma perché, sentendo nella propria carne viva le conseguenze del peccato e dellʼingiustizia, ci si senta stimolati a operare per la giustizia sociale e per un amore vero verso i poveri.
La nostra Quaresima deve destare il sentimento di questa giustizia sociale.
Allora facciamo un appello per celebrare così la nostra Quaresima, dando alle nostre sofferenze, al nostro sangue, al nostro dolore, lo stesso valore che Cristo diede alla sua situazione di povertà, di oppressione, di emarginazione, di ingiustizia, trasformando tutto ciò nella Croce salvatrice che redime il mondo e il popolo. E fare anche un appello affinché, senza odio per alcuno, ci convertiamo a condividere consolazioni e anche aiuti materiali, nelle nostre povertà, con coloro che forse hanno più bisogno (O. A. Romero, La violenza dellʼamore, 200).
 
 
 

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