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II Domenica di Quaresima – ….la vita umile di Gesù piace al Padre e rivela il Padre stesso.

Trasf[ In questa II Domenica di quaresima eccoci davanti all’episodio molto ricco e articolato del Tabor ] testimoniato dai tre vangeli sinottici (cf. Mc 9,2-10; Mt 19,2-9), ciascuno con dei particolari diversi e significativi.
Luca scrive che “otto giorni dopo” (Lc  9,28a)  [quello della svolta, cioè quello della confessione di Pietro che ha riconosciuto e confessato Gesù come “il Cristo di Dio” (Lc  9,20), quello in cui lo stesso Gesù ha annunciato per la prima volta la necessitas della sua passione, morte e resurrezione (cf. Lc 9,22), ] Gesù decide di salire sul monte santo per dedicarsi alla preghiera.
Porta con sé i discepoli a lui più vicini, Pietro, Giovanni e Giacomo, ai quali aveva promesso la visione del regno di Dio prima della loro morte (cf. Lc 9,27) (E. Bianchi )
 In Marco  e Matteo si dice che «Gesù si trasfigurò davanti a loro» (Mc 9, 2; d Mt 17, 2). ( Il verbo greco significa di per sé «si trasformò» ed è tradotto con «si trasfigurò» a indicare la particolarità di tale trasformazione.) …  L’evangelista Luca si esprime diversamente e parla del volto di Gesù: «Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto» (9, 29), cioè il suo volto divenne altro mentre pregava.
 Il mistero del Tabor è mistero di preghiera, in cui Gesù prega e insegna a pregare. [ C. M. Martini ]
Gesù entra in quell’incontro con Dio esercitandosi all’ascolto della sua voce, della sua Parola, per poterla comprendere, assumere e conservare nel cuore e, di conseguenza, poter dire il suo “amen” a questa volontà di Dio.
 La preghiera di Gesù sta tutta qui, e tale è anche la preghiera del cristiano: non c’è molto da dire a un Padre che conosce ciò di cui abbiamo bisogno (cf. Mt 6,8) e ciò che abbiamo nel cuore, non ci sono lunghi discorsi da fare (cf. Mt 6,7), ma c’è solo da rispondere al Signore con l’obbedienza, con il “sì” assunto liberamente e con grande fede amorosa.
Ebbene, in quell’ascolto del Padre, in quell’adesione a lui, accade la rivelazione indirizzata ai tre discepoli, che così vengono costituiti “testimoni della sua gloria” (cf. 2Pt 1,16): il volto di Gesù appare “altro”, le sue vesti raggianti di luce.
[…] A prescindere dall’inadeguatezza delle nostre parole, la realtà è che Gesù viene percepito nella sua alterità: l’uomo Gesù, che i tre discepoli seguivano come profeta e Messia, ha un’identità altra, non ancora rivelata, ma che con questo evento si rivela loro momentaneamente, per allusione, comunque in modo sufficiente a trasformare la loro fede in lui.
Qui non riusciamo a dire molto di più, balbettiamo, ci sentiamo alla presenza di un evento che è solo da adorare.
Nel corso dei secoli i cristiani si sono molto interrogati, alla lettura di questo brano.
Nella tradizione orientale si è giunti a pensare che in verità Gesù è rimasto lo stesso, mentre sono stati gli occhi dei discepoli a subire una trasfigurazione, fino a essere resi capaci di leggere e vedere ciò che quotidianamente non vedevano.
Altri cristiani hanno pensato che in questo evento Gesù ha concesso agli apostoli di vedere la sua gloria, di cui si era spogliato nell’incarnazione, gloria non persa ma solo “messa tra parentesi”.
Altri, più recentemente, preferiscono vedere nel racconto della trasfigurazione un’anticipazione pasquale: sarebbe frutto della fede in Gesù risorto, della sua identità svelata nella resurrezione, e dunque letta a posteriori come profezia della Pasqua.
 Diverse letture, tutte possibili, che non si escludono a vicenda.
Noi con semplicità, con occhi semplici, accogliamo il mistero di questo evento come rivelazione:  …. Sì, quell’uomo era il Figlio di Dio!
A testimoniarlo come tale, ecco intervenire innanzitutto Mosè ed Elia, nella loro gloria di viventi in Dio [ E Bianchi ]
  È interessante la presenza di questi due personaggi, che non viene spiegata.  Forse ci saremmo aspettati altre figure bibliche: per esempio Isaia, profeta e scrittore molto noto (Elia non ha scritto nulla) o Davide, il grande re d’Israele. In realtà, Mosè ed Elia sono entrambi famosi per la teofania di Dio sul monte Sinai e inoltre rappresentano la Legge e i Profeti, concretamente tutto quanto nelle Scritture riguarda Gesù. E che cosa fanno Mosè ed Elia? Si intrattengono con Gesù. ( C. M. Martini )
 Gli sono accanto e gli parlano del suo “esodo”, della sua fine, della sua morte che avverrà presto a Gerusalemme, la città verso cui è incamminato: sarà un esodo, un passaggio, perché il Padre lo innalzerà nella gloria (cf. Lc 9,51; 24, 51).  [ E. Bianchi ]
Sappiamo quanto il termine esodo sia carico di significato per gli ebrei: è l’uscita dall’Egitto, la liberazione del popolo, l’evento che ancora oggi ricordano nella Pasqua, l’evento fondatore della loro identità.
Mosè ed Elia alludono all’esodo che Gesù avrebbe portato a compimento a Gerusalemme; c’è quindi una pienezza nella vita di Gesù che ancora non si è compiuta nella storia del popolo ebraico, ma che per lui si realizzerà a Gerusalemme. È certamente un modo discreto di indicare la sua morte e risurrezione, il mistero pasquale quale compimento del disegno di salvezza. [ C. M. Martini ]
Vi è qui la convergenza su Gesù di tutte le Scritture di Israele, che solo in lui trovano unità e pieno compimento.
Per i tre discepoli questo evento appare come un sigillo su colui che essi seguono: ciò che gli accade è conforme a tutte le Scritture, è secondo la rivelazione di Dio data fino ad allora a Israele, il popolo dell’alleanza.
Inadeguati a tale mistero, Pietro, Giovanni e Giacomo sono oppressi dal sonno, ma riescono a vincerlo e a contemplare “la gloria” di Gesù e dei due uomini che parlano con lui della sua passione, morte e resurrezione.
Il peso della gloria li invade, così che, in qualche modo, vedono il regno di Dio venire con potenza (cf. Mc 9,1).
Pietro allora, in una sorta di estasi, chiede a Gesù di rendere quel momento durevole, in quanto momento di visione e non più di fede, di beatitudine e non più di fatica, di pace e non più di lotta spirituale.
Ma mentre Pietro sta ancora parlando in modo estatico, ecco venire la nube della Shekinà, della Presenza di Dio, che li avvolge con la sua ombra, destando nei discepoli timore e tremore.  [ E Bianchi ]
« …venne una nube e li coprì con la sua ombra »  :   è qualcosa di simile al fenomeno che ancora oggi avviene sul Tabor. Siccome il monte si trova nella pianura di Esdrelon e fino al mare non c’è impedimento, pur essendo abbastanza lontano, talvolta arrivano delle nuvole dal mare e ci si trova immersi nella nebbia, che rimane tuttavia luminosa perché c’è il sole. È il fenomeno che i discepoli vivono: una nube luminosa. Essa indica lo Spirito Santo, quello stesso Spirito che, secondo il vangelo di Luca (1, 35), copre con la sua ombra Maria. I discepoli entrano nell’ombra santa che è lo Spirito. [ C. M. Martini ]
Sono davanti a Dio nella sua sfera di vita, non nella luce che abbaglia ma nella nube che oscura e non permette di vedere: sentono timore ma non vedono nulla, percepiscono la Presenza di Dio ma non la vedono. Però odono, ascoltano, perché Dio non lo si vede senza morire (cf. Es 33,20), ma lo si può sempre ascoltare …. [ E Bianchi ]
La voce di Dio risuona in quella nube come rivelazione dell’identità di Gesù e, nel contempo, come compito per i suoi discepoli: “Questi è il Figlio mio, l’Eletto; ascoltatelo!”.
 Cosa ascoltano in realtà Pietro, Giovanni e Giacomo? Ascoltano la profezia di Isaia sull’anonimo Servo del Signore, figura attesa dai credenti di Israele: “Ecco il mio Servo, il mio Eletto” (Is  42,1). La rivelazione ormai è Gesù stesso, la sua persona, e il grande comando “Ascolta, Israele!” (Shema‘ Jisra’el: Dt  6,4) diventa: “Ascoltate il Figlio, ascoltate lui!”. Anche l’ascolto della Legge e dei Profeti deve diventare ascolto di Gesù, il Figlio che Dio ama perché compie la sua volontà, conformemente alla missione ricevuta. I tre ormai conoscono Gesù: è il Figlio amato di Dio, da lui inviato perché fosse ascoltato. [ E Bianchi ]
Dopo aver contemplato la gloria di Gesù, gli apostoli, entrati nell’oscuramento della nube dove furono presi da timore, vennero impegnati dal Signore – è detto in un altro sinottico – a tacere su quello che avevano veduto.
Le certezze che nascono da un contatto con la Gloria di Dio, non possono essere dette nel contesto del nostro discorso feriale, né propagate come se fossero verità di tipo filosofico o scientifico.
Esse eccedono a tal punto la credibilità, sono così al di fuori della nostra possibilità di rappresentarle che il vero modo di rispettarle è il silenzio.
 C’è un silenzio che nasce dal vuoto – uno non dice niente perché non ha niente da dire – ma c’è un silenzio che nasce dal pieno – uno non dice niente perché sa che quello che dice non è credibile. … C’è un ritegno che è l’opposto della mancanza di fede, è un segno della fede. […]
È dentro una nube che viviamo, dunque, la nostra esperienza di fede.  Vivere così significa innanzitutto vivere sotto il segno della croce.
Paolo, con parola forte, parla dei «nemici della croce».  I nemici della croce di Cristo sono tutti coloro che dimenticano che l’esistenza è sotto il segno della morte…
 Siamo in questa vita terrena con tutti i segni della fragilità.  Il punto terminale della nostra vita umana è un cimitero.  Questo è il mondo della nostra esperienza.  Chi di voi ha avuto qualche altra esperienza che ci porti al di là di questo limite?
La nube ci circonda totalmente.
Noi abbiamo lumi artificiali sostitutivi. Viviamo dentro una nube dove, come gli Apostoli, abbiamo un gran terrore.
Questo terrore lo provate ogni giorno se tenete gli occhi aperti, e nell’orizzonte domestico e nel grande orizzonte – anch’esso ormai domestico – della vita sociale, dove ci raggiungono notizie terrificanti; … dove la fragilità dell’uomo, gli squilibri dell’uomo aggressivo, il sangue che si sparge, ci danno terrore.
Non possiamo costruirci una cronaca a nostro uso e consumo, tutta azzurra o tutta rosa, perché il mondo è squallido.
Questa verità, offertaci da questo mondo terribile, non è l’ultima verità. L’altro terrore, che è sacro, è quello della potenza di Dio ed è lo specifico della fede.
 Come la fiaccola che passa, secondo un rito antico, attraverso gli animali squartati mentre anche Abramo è nel terrore – è l’iniziativa di Dio che si fa vivo, che porta la promessa e libera Abramo dal terrore – così noi abbiamo questa luce ….
Dio non è plausibile, non è ragionevole, la sua potenza sorpassa le nostre argomentazioni.
…..   L’altra verità è che in questa nube non c’è nessun tramite per tener contatto con la gloria di cui vi ho detto se non la parola che dobbiamo ascoltare: «Questo è mio figlio, ascoltatelo».
Ciò che ci rimane come eredità è questa parola, scritta, sì, nei libri, ma in realtà trasmessa nella viva palingenesi del cuore – non si dà la parola consegnando un libro, la parola si riaccende, come se fosse nel momento aurorale, nel cuore che l’annuncia oppure è una parola morta – ed è una parola che fa la sua corsa nel tempo. [Ernesto Balducci – da “Gli ultimi tempi” – vol. 3- anno C (1988/98)
Così, nel silenzio, si conclude questo evento narrato con difficoltà: Gesù è di nuovo solo con i tre, i quali, ammutoliti dallo stupore e dall’adorazione del mistero, non parlano, non sanno raccontare ciò che hanno visto, fino a dopo che Gesù sia risorto dai morti. Proprio della resurrezione, infatti, la trasfigurazione è segno e profezia: anche i giusti saranno trasfigurati nel regno di Dio dopo la loro morte (cf. Apocalisse siriaca di Baruc  51). In verità anche noi attendiamo tale evento, desideriamo esserne partecipi nella nostra vita e di fatto lo siamo, ma non abbiamo abbastanza fede per vederlo come gloria di Dio: restiamo uomini e donne di poca fede! [ E. Bianchi ]
[ L’ episodio  del Tabor – da ultimo ] è rivelazione della Trinità. Gesù appare come il Figlio, la voce del Padre lo dichiara Figlio e la nube dello Spirito lo copre della sua gloria.
Siamo di fronte a un testo nodale, chiave di tutti i vangeli, un testo di cui dovremmo sempre nutrirci per allargare i nostri orizzonti su Gesù.
Noi siamo troppo tentati di lasciarci frammentare dalla quotidianità: facciamo una cosa, poi ne facciamo un’altra, magari cose buone, però banali e ripetitive, e ci lasciamo sbriciolare, logorare dalla piccolezza quotidiana. Persino i preti, i vescovi, i religiosi faticano ad alzare lo sguardo e a vedere l’insieme del mistero di Dio, incalzati dalle urgenze, dai problemi, dalle necessità.
Gesù ci invita a contemplare il significato globale, a considerare come tutto ciò che si compie in lui rivela il Padre, rivela la gloria di Dio, la forza della risurrezione.
È una rivelazione che ci permette di non rimanere schiacciati dagli avvenimenti, contenti perché una piccola cosa va bene, depressi perché un’altra va male.
La visione di fede ci fa contemplare Gesù nei gesti quotidiani, perché in essi il Figlio manifestava il Padre, nella gloria dello Spirito. È la rivelazione trinitaria dell’agire della Chiesa e dell’agire di Gesù.
Concludendo: Gesù viene confermato nella sua missione. Certo la gente che lo ascoltava poteva pensare: davvero Dio è con lui? Se è con lui, non dovrebbe permettere che sia criticato e abbandonato. La risposta è nella voce dal cielo: questi è il mio Figlio prediletto, in lui mi sono compiaciuto. È una rivelazione che la vita umile di Gesù piace al Padre e rivela il Padre stesso. [ C. M. Martini ]
 

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