Pentecoste – L’uomo di Nazareth è divorato dalla sete di trasmettere a tutto l’uomo e a tutta la creazione lo Spirito di Dio.
[ Nel capitolo 2 degli Atti degli Apostoli, brano che in parte oggi proclamiamo nella liturgia della parola, e che ( diversamente da quanto narrato da Giovanni, – come ci ricorderà più avanti don G. Dossetti – colloca la Pentecoste cinquanta giorni dopo la Pasqua) possiamo distinguere tre parti ]
Nella prima (2, 1-3) vengono descritti alcuni segni di una teofania, cioè di un intervento divino: “venne all’improvviso dal cielo un rombo, come di vento che si abbatte gagliardo“, “…apparvero loro lingue come di fuoco“.
Questi segni richiamano quelli della grande teofania del Sinai (cf Es 19,16-19), dove il popolo ricevette la legge e l’alleanza. Ma qui il fuoco assume la figura di lingue, simbolo del comunicare umano.
Nella seconda parte (2, 3-12) si descrive il miracolo delle lingue, sia nell’esperienza dei discepoli (“cominciarono a parlare in altre lingue, come lo Spirito dava loro il potere di esprimersi“) sia in quclla degli ascoltatori (“com’è che li sentiamo ciascuno parlare la nostra lingua nativa?“).
Nella terza parte (2, 14-47) [ non proclamata oggi ] Pietro spiega che cosa è avvenuto: si tratta del dono dello Spirito santo, inviato da Gesù Cristo che è stato crocifisso e che è risorto. Vengono anche ricordati gli effetti “contagiosi” di questo dono; da esso ha origine la prima comunità cristiana: “quel giorno si unirono a loro circa tremila persone” (2, 41 )
Il dono dello Spirito santo a Pentecoste suscita dunque una straordinaria capacità comunicativa, riapre i canali di comunicazione interrotti a Babele e ristabilisce la possibilità di un rapporto facile e autentico tra gli uomini nel nome di Gesù Cristo. Esso suscita la Chiesa come segno e strumento della comunione degli uomini con Dio e dell’unità del genere umano. ( C.M.Martini )
Nel Vangelo è Gesù stesso a descrivere l’azione dello Spirito Santo: «Egli vi guiderà alla verità tutta intera, (…) vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto».
«Ogni ammaestramento dello Spirito rimane legato alla Parola di Gesù. Il nuovo si fonda così sull’antico. All’ammaestramento subentra così il ricordo. Se vi fosse solo il ricordo nella Chiesa, allora essa sarebbe vittima di un morto passato; se vi fosse soltanto l’insegnamento senza il ricordo, sarebbe consegnata all’entusiasmo. Così lo Spirito Santo, come il vero consolatore della comunità, fa entrambe le cose, guida quest’ultima in avanti e la tiene ferma in Gesù». (Dietrich Bonhoeffer)
Mentre gli Atti degli Apostoli parlano dell’effusione dello Spirito Santo come di un evento accaduto cinquanta giorni dopo la Pasqua, Giovanni dice che il Signore ha effuso lo Spirito sugli apostoli riuniti nel cenacolo la sera stessa di Pasqua in occasione della manifestazione collegiale, fondamento della fede nella risurrezione per coloro che avrebbero dovuto essere testimoni qualificati ….
Che significato ha questa contrazione temporale, questa immedesimazione del mistero pasquale col mistero della Pentecoste che noi impropriamente talvolta separiamo ?
Mi pare che, in Giovanni, il senso sia ben preciso: manifestare l’inscindibilità tra il mistero della passione e della risurrezione e quello dell’effusione dello Spirito santo, considerato, come del resto appare in tutto l’Evangelo, lo scopo, il senso e il termine della missione del Cristo.
Il Signore stesso, il giorno in cui ha voluto riassumere lo scopo della sua venuta, l’ha qualificato in questo senso e ha detto: “Sono venuto a portare il fuoco sulla terra, e quanto desidero che si accenda! Con un battesimo devo essere battezzato e quanto mi sento angustiato finché non sia compiuto!”( Lc 12,49-50)… La missione di Cristo e tutto il senso dell’incarnazione si possono riassumere così: dare agli uomini lo Spirito santo, come un fuoco che incenerisce l’uomo e la creazione, e da questa cenere fa sorgere l’uomo nuovo e la creazione nuova … L’uomo di Nazareth è divorato dalla sete di trasmettere a tutto l’uomo e a tutta la creazione lo Spirito di Dio. Noi non comprendiamo il Cristo se non lo vediamo così! E Giovanni, infatti, ce lo presenta, nel giorno della sua risurrezione, proteso alla consumazione di questo suo compito: dare lo Spirito e darlo subito, perché già troppo egli ha tardato e già troppo l’uomo e la creazione l’hanno atteso……. Il mistero pasquale di cui parliamo e che si riattualizza nella liturgia è precisamente l’impazienza di Gesù di comunicare a tutti, incessantemente e senza ritardo, lo Spirito di Dio, con il battesimo suo personale nella morte e nella risurrezione e con il battesimo di tutto l’universo nello Spirito che lo ha risuscitato e che è con lui. ( G. Dosseti – Omelie tempo di Pasqua – 1970 )
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