XVIII Domenica del T.O. – Il valore della vita della persona non dipende da quello che ha, ma da quello che dà.
La liturgia di oggi ci parla di vita concreta. «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità!»: due fratelli in lite perché non riescono a spartirsi l’eredità. Una situazione realistica e persino frequente.
Quante famiglie divise per questo!
Quante relazioni interpersonali bruciate per interesse! E non solo a causa di beni materiali, ma anche per accaparrarsi la stima altrui, per apparire più autorevoli degli altri, per prevalere a ogni costo!
La Parola ascoltata però ci toglie ogni alibi, insegnandoci che certi conflitti si superano solo se impostiamo diversamente la nostra vita, seguendo la strada suggerita dalle letture odierne.
«Tutti i giorni dell’uomo non sono che dolori e fastidi penosi; neppure di notte il suo cuore riposa». Questa e altre affermazioni contenute nella prima lettura, se isolate dal contesto e lette a prescindere dal Vangelo, ci appaiono come un concentrato di pessimismo sulla vita dell’uomo. Alla luce del Vangelo, invece, diventano un severo ammonimento per chi, nel progettare e vivere la propria esistenza, punta tutto sull’interesse, sul tornaconto, sull’accumulo di beni.
Quando due o più persone che hanno impostato così la loro vita si incontrano, allora sono inevitabili i contrasti. Proprio come accade ai due fratelli che si rivolgono a Gesù. L’interesse per l’eredità li fa entrare in rotta di collisione, tanto che non riescono più a parlare tra loro e chiedono a Gesù di risolvere la loro controversia. Essi ignorano – e forse capita anche a noi – che la soluzione a queste situazioni assurde non sta fuori di noi, bensì nel nostro modo di concepire la vita e vivere le relazioni. ( N. Galantino )
Il valore della vita della persona non dipende da quello che ha, ma da quello che dà.
L’insegnamento di Gesù nei vangeli è che si possiede soltanto quello che si è capaci di dare; quello che si trattiene per sé non si possiede, ma ci possiede.
…. Il ricco, i ricchi sono malati terminali di egoismo per i quali non c’è speranza alcuna di salvezza, perché dovrebbero essere generosi, ma loro, appunto perché sono ricchi, non lo sono.
Il ricco non pensa minimamente di dare, di condividere. E’ già ricco e ha questa campagna che gli fa un raccolto abbondante; non è che pensa “a chi posso dare, con chi posso condividere?” Il ricco pensa soltanto per sé. Ai ricchi tutto è dovuto. …. Pensa soltanto e unicamente a se stesso. Non lo sfiora minimamente un cenno di solidarietà, di condivisione, lui è già ricco, ha un frutto abbondante, “e dai che ti costa dare gli altri?!” No, il ricco, come ho detto, è un ammalato terminale di egoismo per il quale non c’è speranza.
Ed ecco la sentenza di Dio : “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”. ( A Maggi )
Sì, ragionare e comportarsi in questo modo si dimostra folle, insensato, perché manifesta un’illusione mortifera: quella che la ricchezza e la proprietà di molti beni salvino, diano senso e significato alla vita. Spesso non lo ammettiamo, ma in realtà lo pensiamo, e facciamo di questo criterio l’ispirazione di molte nostre scelte…
L’ora della morte sarà anche quella dell’incontro con il giudice, Dio, il quale renderà manifesto ciò che ciascuno di noi ha pensato, detto e fatto nei giorni della sua vita terrena. Allora sarà evidente la verità di ciò che si è vissuto qui e ora: ovvero, dell’aver tenuto conto o meno della volontà di Dio che tutti gli esseri umani siano fratelli e sorelle e partecipino con giustizia alla tavola dei beni della terra, in quella condivisione capace di combattere la povertà. Ma chi ha accumulato per sé con un folle egoismo, chi non si è “arricchito presso Dio”, cioè condividendo i suoi beni, sarà nella solitudine eterna. La vita umana non finisce qui, anche se spesso lo dimentichiamo… ( Enzo Bianchi )
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