XXVIII Domenica del T.O. – Guarire nel corpo è certamente una vittoria della vita sulla malattia e sulla morte … ma questo non significa entrare nella salvezza che è guarigione, restituzione all’integrità di tutta la persona, nella sua unità di corpo, mente e spirito.
La fiducia nella parola di Dio è al centro della liturgia odierna.
Lo testimonia anzitutto la storia di Naaman il Siro (prima lettura), che può essere simbolicamente paragonata alla storia della nostra vita di fede; quella vita di fede che, per motivi diversi, a volte si riduce male, come la pelle lebbrosa di Naaman. Ma quando finalmente egli accetta di immergersi nel fiume Giordano, dando retta alle indicazioni del profeta Eliseo, «il suo corpo ridivenne come il corpo di un ragazzo; egli era purificato [dalla sua lebbra]».( N. Galantino)
( Nel vangelo ) Per la terza volta Luca attesta che Gesù è in cammino verso Gerusalemme (cf. Lc 9,51; 13,22) e precisa che, invece di continuare la strada verso il sud, tocca la frontiera tra Galilea e Samaria per scendere nella valle del Giordano. ( E. Bianchi )
Perché l’evangelista mette questo itinerario strano? Attraversava la Samaria e la Galilea… Perché vuole centrare l’attenzione sulla Galilea, cioè sul territorio di Israele. E’ lì che succede questo fatto.
( Viene detto: “Entrando in un villaggio” ).
Il villaggio, anonimo, nei vangeli ha sempre il significato di incomprensione o addirittura di opposizione … È il luogo dove le mode, le novità arrivano sempre in ritardo, ma poi attecchiscono e quando mettono radici diventano una tradizione che è difficile sradicare. ..Il villaggio è il luogo del “si è sempre fatto così” e dove le novità vengono viste con sospetto.
( Continua Luca) …gli vennero incontro dieci lebbrosi.
Questo è impossibile. … perché i lebbrosi, dal momento in cui veniva certificata l’esistenza, erano espulsi dal villaggio, dovevano vivere al di fuori del villaggio, in un luogo appartato…. Luca ci sta dicendo che la lebbra, questa impurità, si deve proprio al fatto che dimorano in questo villaggio.
Chi dimora nella tradizione, chi rifiuta le novità che Dio propone, non ha più alcuna comunicazione con il Signore, poiché essere impuro significa non avere più alcuna comunicazione. Pertanto questa lebbra, questa impurità si deve al fatto che vivono in questo villaggio.
… ( Ma questi dieci lebbrosi ) …. da una parte vivono nella tradizione e dall’altra vedono in Gesù la speranza di salvezza che ci può essere. ( Maggi )
(Alla loro richiesta di aiuto) Gesù non li manda via da sé ma, accogliendo la loro fiducia iniziale che li aveva spinti all’invocazione, li invita a una fiducia che può contare sulla sua parola. Ed ecco che “mentre essi andavano, furono purificati”: la loro lebbra sparisce ed essi diventano puri. ( E. Bianchi )
E’ uscendo dal villaggio che diventano purificati. …Quindi è la prova che questa impurità era dovuta alla loro permanenza in questo ambiente di tradizione. ( A. Maggi )
Come altre narrazioni di miracoli, anche questo racconto potrebbe finire qui e invece prosegue.
Tra quei dieci uomini lebbrosi guariti dalla malattia fisica, uno era samaritano, a differenza degli altri nove che erano giudei, dunque membri del popolo di Dio, santi per vocazione (cf. Lv 11,44-45; 19,2, ecc.).
I samaritani erano ritenuti scismatici ed eretici, il loro culto era considerato illegittimo, erano disprezzati come gruppo. Ma proprio uno di essi, annoverato tra “quelli di fuori”, tra “i lontani”, non appena si vede guarito torna indietro e comprende che, essendo stato purificato dalla sua fede in Gesù, deve testimoniarlo, deve mostrargli gratitudine. ( E. Bianchi )
Fa impressione vedere che uno solo torna indietro per lodare Dio a gran voce e ringraziarlo. Gesù stesso lo nota: dieci hanno gridato per ottenere la guarigione e solo uno è ritornato per gridare a voce alta il suo grazie a Dio e riconoscere che Lui è la nostra forza. ( Papa Francesco )
Gesù resta deluso non perché gli altri non sono tornati a ringraziarlo, ma perché il loro cammino di fede si è arrestato alla guarigione, senza accogliere la salvezza, cioè la grazia del Signore: costoro sono guariti ma non salvati.
Non sembri oziosa questa differenza: guarire nel corpo è certamente una vittoria della vita sulla malattia e sulla morte, e Dio se ne rallegra, ma questo non significa entrare nella salvezza che è guarigione, restituzione all’integrità di tutta la persona, nella sua unità di corpo, mente e spirito.
Noi cristiani dovremmo essere molto attenti e vigilanti di fronte a guarigioni e miracoli: questi avvengono, a dire il vero anche in contesti non cristiani, ma non sono le guarigioni e i miracoli che danno la salvezza, che rendono i malati figli del Regno e quindi discepoli di Gesù. La guarigione fisica non significa e non coincide con la guarigione totale, quella della vita più intima, la vita spirituale che ciascuno di noi, con più o meno consapevolezza, vive. (E.Bianchi.)
….. È significativo che Naaman e il samaritano siano due stranieri. Quanti stranieri, anche persone di altre religioni, ci danno esempio di valori che noi talvolta dimentichiamo o tralasciamo. Chi vive accanto a noi, forse disprezzato ed emarginato perché straniero, può insegnarci invece come camminare sulla via che il Signore vuole. ….. . ( Papa Francesco)
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