Gesù, ritornando al Padre, si fa massimamente intimo a noi e noi diventiamo massimamente intimi a lui.
La pagina evangelica (cfr Mt 28,16-20), quella che conclude il Vangelo di Matteo, ci presenta il momento del definitivo commiato del Risorto dai suoi discepoli.
La scena è ambientata in Galilea, il luogo dove Gesù li aveva chiamati a seguirlo e a formare il primo nucleo della sua nuova comunità.
Adesso quei discepoli sono passati attraverso il “fuoco” della passione e della risurrezione; alla vista del Signore risorto gli si prostrano davanti, alcuni però sono ancora dubbiosi.
A questa comunità spaurita, Gesù lascia il compito immenso di evangelizzare il mondo; e concretizza questo incarico con l’ordine di insegnare e battezzare nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo (cfr v. 19).
Abbiamo ascoltato quello che Gesù Risorto dice ai discepoli prima della sua ascensione: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra» (Mt 28,18). Il potere di Gesù, la forza di Dio.
Questo tema attraversa le Letture di oggi: nella prima Gesù dice che non spetta ai discepoli conoscere «tempi o momenti che il Padre ha riservato al suo potere», ma promette loro la «forza dallo Spirito Santo» (At 1,7-8); nella seconda San Paolo parla della «straordinaria grandezza della sua potenza verso di noi» e «dell’efficacia della sua forza» (Ef 1,19). Ma in che cosa consiste questa forza, questo potere di Dio?
[…. IL potere di Gesù] è anzitutto il potere di collegare il cielo e la terra. Oggi celebriamo questo mistero, perché quando Gesù è asceso al Padre la nostra carne umana ha varcato la soglia del cielo: la nostra umanità è lì, in Dio, per sempre. Lì è la nostra fiducia, perché Dio non si staccherà mai dall’uomo. ( Papa Francesco )
[ L’acensione ] è’ il ritorno di Gesù al Padre …. per cui lui, la sua umanità, la sua realtà globale, tutto il suo essere ritorna al Padre.
Come è venuto dal Padre senza mai uscirne, senza mai separarsi da lui quanto alla sostanza, cosi ora ritorna al Padre nel senso che questo reingresso nel seno del Padre — da cui è uscito e in cui è , a un tempo, da tutta l’eternità — si realizza pienamente in lui anche in un modo storico, per la sua umanità.
Per capire un po’ di più il mistero [ dell’Ascensione ] , … bisogna che andiamo oltre il diaframma che la coppia di concetti cielo-terra può rappresentare per noi. … E pareti come questa non si bucano con il trapano della nostra parola, … si bucano solo con la grazia stessa che ci deve essere data nel dono puro dello Spirito. … Il Signore ci dia lo spirito di sapienza e di rivelazione proprio per comprendere che cosa voglia dire questo uscire di Cristo dal Padre e questo ritornare a lui, questo rapporto cielo-terra, terra-cielo, … che sono rispettivamente l’equivalente di ciò che è Dio è di ciò che è tutt’altro da Dio.
… Ritornando al Padre … nell’atto stesso in cui sembra allontanarsi … in realtà si fa massimamente intimo a noi e noi diventiamo massimamente intimi a lui.
Comprendere la glorificazione di Gesù, la sua risurrezione e la sua ascensione, vuol dire penetrare il mistero più intimo dell’essere di Dio e acquisire progressivamente, per il Cristo che è entrato in Dio, l’esperienza di tutti gli esseri in Dio: l’esperienza prima di tutto di noi stessi in Dio per il Cristo e poi l’esperienza di tutti gli altri esseri, per il Cristo, in Dio. …. Noi non possiamo più avere un rapporto di unità con un’altra creatura, se non in modo mediato, per mezzo del Cristo stesso in Dio; non possiamo avere più esperienza della nostra personalità e del suo dilatarsi, se non nell’esperienza di Cristo in Dio. . ( Tratto da: “G. Dossetti, omelia registrata, 11.5.1972”).
Gesù, col suo potere, [non ha fatto altro] che collegare per noi la terra al cielo.
Ma questo suo potere non è finito una volta asceso in cielo; continua anche oggi e dura per sempre. Infatti, proprio prima di salire al Padre, Gesù ha detto: «Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20). … [ E Gesù] è veramente con noi e per noi: in cielo mostra al Padre la sua umanità, la nostra umanità; mostra al Padre le sue piaghe, il prezzo che ha pagato per noi; e così «è sempre vivo per intercedere» (Eb 7,25) a nostro favore. Ecco la parola-chiave del potere di Gesù: intercessione. …
Questa capacità di intercedere, Gesù l’ha donata anche a noi, alla sua Chiesa .. Ecco il nostro potere: non prevalere o gridare più forte, secondo la logica di questo mondo, ma esercitare la forza mite della preghiera, con la quale si possono anche fermare le guerre e ottenere la pace. Come Gesù intercede sempre per noi presso il Padre, così noi suoi discepoli non stanchiamoci mai di pregare per avvicinare la terra al cielo.
Dopo l’intercessione emerge, dal Vangelo, una seconda parola-chiave che rivela il potere di Gesù: l’annuncio.
Il Signore invia i suoi ad annunciarlo con la sola potenza dello Spirito Santo: «Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli» (Mt 28,19). Andate! È un atto di estrema fiducia nei suoi: Gesù si fida di noi, crede in noi più di quanto noi crediamo in noi stessi! Ci invia nonostante le nostre mancanze; sa che non saremo mai perfetti e che, se aspettiamo di diventare migliori per evangelizzare, non cominceremo mai.
Per Gesù è però importante che da subito superiamo una grande imperfezione: la chiusura. Perché il Vangelo non può essere rinchiuso e sigillato, perché l’amore di Dio è dinamico e vuole raggiungere tutti. Per annunciare, allora, occorre andare, uscire da sé stessi. Con il Signore non si può stare quieti, accomodati nel proprio mondo o nei ricordi nostalgici del passato; con Lui è vietato cullarsi nelle sicurezze acquisite. La sicurezza per Gesù sta nell’andare, con fiducia: lì si rivela la sua forza. Perché il Signore non apprezza gli agi e le comodità, ma scomoda e rilancia sempre. Ci vuole in uscita, liberi dalla tentazione di accontentarci quando stiamo bene e abbiamo tutto sotto controllo.
… Andare nel mondo col Signore appartiene all’identità del cristiano. Non è solo per i preti, le suore, i consacrati: è di tutti i cristiani, è la nostra identità. …
Il cristiano non è fermo, ma in cammino: col Signore verso gli altri. Ma il cristiano non è un velocista che corre all’impazzata o un conquistatore che deve arrivare prima degli altri. È un pellegrino, un missionario, un “maratoneta speranzoso”: mite ma deciso nel camminare; fiducioso e al tempo stesso attivo; creativo ma sempre rispettoso; intraprendente e aperto; laborioso e solidale. Con questo stile percorriamo le strade del mondo!
Come per i discepoli delle origini, i nostri luoghi di annuncio sono le strade del mondo: è soprattutto lì che il Signore attende di essere conosciuto oggi.
Come alle origini, desidera che l’annuncio sia portato non con la nostra, con la sua forza: non con la forza del mondo, ma con la forza limpida e mite della testimonianza gioiosa. …Lasciamo ad altri le chiacchiere e le finte discussioni di chi ascolta solo sé stesso, e lavoriamo concretamente per il bene comune e per la pace; mettiamoci in gioco con coraggio, convinti che c’è più gioia nel dare che nel ricevere (cfr At 20,35). Il Signore risorto e vivo, che sempre intercede per noi, sia la forza del nostro andare, il coraggio del nostro camminare. ( Papa Francesco)
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