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XIV Domenica del T.O. – Il credente non è più colui che ubbidisce a Dio osservando le sue leggi, ma colui che assomiglia al Padre praticando un amore simile al suo.

La prima lettura presenta una figura messianica  connotata dalla piccolezza, dalla umiltà. Il re di  cui parla Zaccaria è un curvato, un obbediente,  un mite, come Gesù nel testo evangelico. E tanto  nel re di Zaccaria quanto nel Messia Gesù, la connotazione di umiltà e mitezza non si esaurisce sul piano morale, ma è elemento rivelatore  dell’essere e dell’agire di Dio. (Da “Eucarestia e Parola” – Comunità di Bose )
Nel vangelo di Matteo un’ora di prova nel ministero di Gesù, un’ora in cui sono possibili, anzi quasi fisiologici, lo scoramento e il senso di fallimento.
Ma Matteo sottolinea che proprio “in quel tempo” (en ekeíno tô kairô), in quell’ora di “crisi”, Gesù fa sgorgare dal suo cuore un inno di lode gioiosa e convinta a Dio: “Riconosco, o Padre, Signore del cielo e della terra, che hai nascosto queste cose ai saggi e agli intellettuali e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché questa è stata cosa gradita davanti a te”. ( E. Bianchi )
…Per poter entrare nella conoscenza del mistero di Dio vale più una reale, pratica partecipazione alla tribolazione degli esclusi che non anni di studio teologico.
 Se voi passate un’ora sola ad addossarvi la disperazione di un disperato, voi siete già entrati nel mistero di Dio la cui conoscenza non è di tipo concettuale, ma vitale.
 Se io riesco a sopportare una situazione penosa, ad essere non già uno che fa le opere buone per sentirsi buono ma uno che cerca di capire le ragioni di una sofferenza, di una disperazione, allora io entro nel mistero del Regno di Dio e intanto comincio a capire che questo mondo è un mondo intollerabile.
I veri preamboli della fede non sono di tipo intellettuale, come insegnavano a me. I preamboli erano questi: che Dio esiste, che l’uomo è libero (c’è il libero arbitrio) e che l’anima è immortale.
Partendo da essi si arriva a dimostrare che Cristo è Dio.
È una via intellettualistica maliziosa, perché evidentemente ci sono uomini semplici che non possono sapere che cos’è l’induzione e la deduzione. Chi possiede questi strumenti logici si accaparra perfino la conoscenza di Dio.  Non è questa la via evangelica.
La via evangelica è quella della partecipazione alla sofferenza degli umili.  ( Ernesto Balducci da “Il mandorlo e il fuoco” vol 1 – anno A )
Dio non si compiace dei presunti “sapienti” di questo mondo, pieni di sé e chiusi a ogni novità divina. Il Dio di Gesù e nostro ha invece delle “preferenze”, in particolare per i “piccoli”, disprezzati, emarginati, esclusi.
La sua logica, dunque, è del tutto differente dalla logica del mondo. Tanto da poter dire con il pastore luterano Dietrich Bonhoeffer: «Quando gli uomini dicono “perduto” Dio dice “trovato”. Quando gli uomini dicono “condannato”, egli dice “salvato”. Quando gli uomini dicono “abietto”, Dio esclama “beato”!». È questo il modo sconcertante e “politicamente poco corretto” di agire del nostro Dio! E noi, figli suoi, siamo chiamati ad assumere la stessa logica e mentalità, ad avere le sue stesse preferenze, mettendo cuore e mani a servizio dei “piccoli”.
Proprio loro, i piccoli e gli ultimi, devono rappresentare per noi la scuola alla quale imparare la fraterna solidarietà, lo spirito del servizio gratuito, la concreta fratellanza. . ( N.Galantino )
Il passare del tempo con la gente tribolata è conoscenza di Dio.
Capire che in questo mondo le persone più delicate, più pure, sono le più perseguitate, le più reiette, e i mascalzoni hanno successo, è un primo passo, il primo preambolo per conoscere Dio.
 Se noi ci mettiamo di fronte a Dio con tutte le riserve che vengono dalla cultura filosofica restiamo dentro uno schema intellettuale che non ci consente di entrare nel mistero di Dio.
Anche le ricerche razionali hanno valore, purché non siano legate alla pregiudiziale intellettualistica che squalifica il rapporto con l’uomo.
Vale più amare sul serio i tribolati e gli oppressi che non studiare.
 Un oppresso o anche semplicemente un sofferente ha qualcosa da insegnarci: anche se è un ateo può parlare del Regno di Dio senza che se ne accorga.
Mi premeva illustrare questa prassi della conoscenza di Dio soprattutto a chi si dibatte con più sofferenza dentro la crisi del dubbio.
La crisi del dubbio potrebbe essere un dono del Signore: potrebbe essere il passaggio da un certo modo – intellettualistico, nozionistico, astratto e, tutto sommato, complice dei poteri di questo mondo – a un nuovo modo di essere cristiani.
Perfino l’ateismo potrebbe essere una notte oscura attraverso cui si passa per una diversa conoscenza di Dio.  Con Gesù Dio si è fatto uomo, e l’uomo, l’umanità, è l’unico valore sacro.   (Ernesto Balducci da “Il mandorlo e il fuoco” vol 1 – anno A)
 Nel vangelo di questa domenica poi  c’è l’invito da parte di Gesù:  “Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressie io vi darò ristoro ..Prendete il mio giogo sopra di voi” .
La legge, la legge di Mosè, era diventata un giogo, ma un giogo pesante. Allora Gesù invita a fare una sostituzione: lasciate stare il giogo della legge, il credente non è più colui che ubbidisce a Dio osservando le sue leggi, ma colui che assomiglia al Padre praticando un amore simile al suo. ( A. Maggi )
«…. Né gli uomini sapienti secondo la sapienza dei secoli, né la sapienza di Israele, che attinge alla rivelazione, sono nulla di fronte al decreto del Padre, che ha incentrato tutto nella debolezza del Cristo. Né gli uomini né Israele possono beneficare della loro sapienza se non accettano il decreto del Padre. Capire e non capire dipende da un’azione divina».  (d. G. Dossetti, appunti di omelia, Ras el ‘Amud, 6.7.1975).
 

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