I diaconi, ovvero «curare» e «aver cura» – Malati e migranti cuore del loro servizio.
Nel curare e aver cura si gioca la nostra identità di diaconi. Il curare senza avere cura è un semplice atto tecnico. L’avere cura invece significa anche soltanto tenere la mano di un ammalato e dire: “Tu sei importante per me”». Ad affermarlo è stato il vescovo di Avellino, Arturo Aiello, delegato per il diaconato della Commissione episcopale Cei per il clero e la vita consacrata, nel corso della preghiera introduttiva al XXVI Convegno nazionale della comunità del diaconato in Italia, sul tema “Diaconi educati all’accoglienza e al servizio dei malati”.
Nel suo saluto, il vescovo di Cefalù, la diocesi ospitante, monsignor Vincenzo Manzella, ha invitato gli oltre 300 convegnisti a «spalancare il cuore e volare alto in questa circostanza che il Signore offre, la vostra presenza sia monito di speranza per chi attende conforto e consolazione». Dal canto suo, aprendo i lavori Enzo Petrolino, presidente della Comunità del diaconato in Italia, organizzatrice dell’evento, ha affermato che «il servizio dei diaconi oggi è prezioso in particolare per gli ammalati e per i migranti.
Oggi oltre a questo servizio, il nostro impegno deve essere rivolto all’accoglienza di chi arriva nel nostro Paese». «Il diacono – ha sottolineato monsignor Gianrico Ruzza, vescovo ausiliare di Roma – deve stare nella frontiera della società. Ha il compito di inserirsi con positività e con gioia, a nome di tutta la comunità, nelle periferie esistenziali e materiali dell’uomo del nostro tempo».
La relazione di apertura, sul tema “Il servo del Signore. Il mistero della sofferenza della storia della salvezza e l’atteggiamento di Gesù verso i malati”, è stata invece svolta da padre Giulio Michelini, docente di teologia biblica e responsabile per l’arcidiocesi di Perugia-Città della Pieve, della formazione dei candidati al diaconato. «La malattia si intende non solo in senso materiale ma anche spirituale – ha sottolineato –. Come diceva Agostino tutti siamo malati e abbiamo bisogno del medico Gesù che accoglie, rialza, reintegra, guarisce e prende su di se le malattie.
Al diacono è chiesto di compiere alcuni gesti fatti da Gesù che consistono nell’avvicinarsi, chinarsi, accogliere e rivolgere
parole di consolazione. Il tutto attraverso un serio discernimento soltanto così, caricandosi delle malattie e farsi carico di alcune situazioni possiamo fare di più. Al diacono non è chiesto di guarire ma di prendersi cura dei malati».
( Tratto da avvenire 4 Agosto 2017 a firma di Pino Grasso )
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