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XXIII Domenica del T.O. – La Chiesa non è un'alternativa storica, è il lievito dell'unica storia degli uomini.

Le letture di questa domenica ci invitano a riflettere su un aspetto essenziale e delicato della vita cristiana, soprattutto in relazione all’edificazione di una comunità di credenti matura e responsabile: farsi carico del fratello e dei suoi eventuali errori, per una crescita comune.
In questo compito, infatti, ogni credente deve essere collaboratore di Dio, proprio come lo sono stati i profeti nella storia del rapporto tra Javhé, l’unico vero Santo, e il suo popolo.

È questa, per esempio, l’esperienza di Ezechiele (prima lettura), inviato da Dio «come sentinella per la casa d’Israele». La sua missione di annunciare al popolo la Parola del Signore non va intesa come la fredda e sterile denuncia di un “fustigatore” che stigmatizza i peccati altrui, magari sottilmente compiaciuto della propria integrità religiosa. Al contrario, Dio gli chiede di interpretarla come assunzione, in prima persona, della responsabilità per la sorte del fratello («della sua morte io domanderò conto a te»).
 La “sentinella”, infatti, e il compito che essa assolve sono un segno concreto della vicinanza amorevole di Dio. Nella comunità, perciò, essa ha anzitutto il compito di far percepire a chi sbaglia che, nell’errore, egli non viene lasciato solo a consumarsi nel suo peccato. Il Signore, infatti, proprio perché ci ama, non ci fa mancare i suoi interventi correttivi, la sua vicinanza, il suo perdono. Sta a chi ha peccato valorizzarli o respingerli con fastidio.
Anche Gesù insegna (Vangelo) a essere responsabili edificatori della comunità, consapevoli dell’urgenza di promuovere a tutti i costi l’unità e l’accordo, ricercando ogni possibile via di dialogo, così da escludere ogni frattura definitiva. ( N. Galantino)

Il messaggio centrale del vangelo di questa domenica indica la misericordia come decisiva, assolutamente necessaria nei rapporti tra fratelli e sorelle.
I pochi versetti proclamati in questa domenica vogliono indicare la necessità della riconciliazione sia nel vivere quotidiano sia nella preghiera rivolta al Signore vivente.
…  Gesù chiede la correzione e la riconciliazione tra quanti sono in conflitto, tra l’offeso e l’offensore, ma le richiede anche a livello comunitario, quando un membro della comunità mediante il suo peccato contamina tutto il corpo, diventa soggetto di scandalo, di ostacolo alla vita cristiana, che è e deve essere sempre comunione tra diversità riconciliate e dunque sinfoniche. ( E. Bianchi )
 Il verbo mettere d’accordo è Sinfoneo, da cui la parola “sinfonia”. E’ importante perche indica la vita della comunità. Sinfonia significa che diverse voci, diversi strumenti suonano ciascuno dando il meglio di sè. Non ci deve essere una uniformità di voci e di suoni, ma c’e una varietà nell’unico spartito che è quello dell’amore. Quindi è l’amore vissuto nelle varie forme, fiorito nelle varie modalità. ( A. Maggi )
… I credenti non hanno il monopolio dell’amicizia fra gli uomini. Il loro ministero di riconciliazione specifico riguarda il senso ultimo, definitivo, universale di questo viaggio verso l’umanità dominata dall’amore, regolata secondo la legge dell’amore.
 Questa aspettativa non è vissuta semplicemente nell’intimo dell’esperienza religiosa: è vissuta ogni volta che due o tre si riuniscono, e sono «la chiesa».
La chiesa non è che l’embrione dell’umanità pacificata; il simbolo, la sentinella che emerge appena sul filo dell’orizzonte, cautamente, per annunciare, a chi è nell’accampamento, che sta venendo un tempo diverso, un tempo nuovo, che cioè è possibile mettere l’amore alla base dell’esperienza collettiva. La chiesa è solo un segno e uno strumento dell’amore degli uomini tra di loro.
Essa annuncia che questa aspettativa non sarà vanificata dalla storia, perché poggia sul fatto che in Gesù Cristo la riconciliazione è cominciata.
La nostra fede in Cristo è, dunque, una fede in un certo destino del mondo, quello della riconciliazione. Ecco qual è il potere messianico.
Voi sapete come le parole della Scrittura: «ciò che voi scioglierete sarà sciolto, ciò che legherete sarà legato» sono state giuridicamente applicate al sacramento della confessione, e così sono rimaste svuotate dalla loro risonanza messianica. Esse vogliono dire che noi possiamo discernere, in virtù della fede, le attese che sono nel cuore degli uomini.
Noi possiamo sciogliere e discernere, condannare e accogliere, non con un potere esterno che ci ponga allo stesso livello dei poteri umani, ma con la potenza spirituale che ci viene da Gesù Messia, … Noi siamo la giustificazione ultima di ogni sforzo storico per creare un mondo diverso.
La Chiesa non è dunque un’alternativa storica, è il lievito dell’unica storia degli uomini.
Noi non ci poniamo come ideologia contro altre ideologie ma come contestazione all’interno di tutte le ideologie, nella misura in cui esse si ritengono presuntuosamente risposte risolutive di ogni problema.
Mentre dico queste cose, cresce in me il bisogno di confessare che in realtà la nostra vita di cristiani è l’esempio del contrario. Noi non siamo una comunità riconciliante perché in noi non ha avuto adeguata signoria la Parola del Signore. Hanno signoria altre parole.
Dice al profeta il Signore: «ascolterai una parola dalla mia bocca e tu li avvertirai da parte mia», ma noi abbiamo annunciato parole che non erano della bocca di Dio. Abbiamo parlato di un’etica borghese, di una metafisica medioevale, abbiamo parlato di tante cose, tutte sanzionandole con la volontà di Dio, e invece dì essere ministri di riconciliazione siamo stato, e siamo, al nostro interno, ministri di divisione.
Da qui comincia un discorso che lascio al vostro silenzio, ma che non può che risolversi in un rinnovato impegno ad adoperarsi anche se morissimo a metà strada – perché cambi questa comunità cristiana e sia non un luogo di divisioni e di conflitti ma di unione nel Cristo, sia un segno di unità fra tutti gli uomini. Non di competizione, non di alternativa all’interno della storia, ma di animazione interna al cammino storico fino alle prospettive che superano la storia e che si identificano con l’eterna comunione con quel Dio che sarà un giorno Tutto in tutti. (Ernesto Balducci – da “il mandorlo e il fuoco” voi I – Anno A)
 
 

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