XXIX Domenica del T.O. – È proprio perseguendo ciò che è al di là di Cesare che io garantisco l'autenticità di ciò che è nel regno di Cesare.
Il brano evangelico del tributo a Cesare è collocato nel contesto degli ultimi giorni di Gesù a Gerusalemme. È inserito in un ambito finalizzato a evidenziare il contrasto crescente tra Gesù e i capi del popolo. Con la parabola dei cattivi vignaioli Gesù aveva annunciato il rigetto dei sommi sacerdoti e dei farisei; con la parabola del banchetto nuziale aveva tratteggiato il passaggio della storia della salvezza dal popolo eletto ai pagani. ( T&T)
Nel vangelo di questa domenica il primo di una serie di attacchi con i quali i capi religiosi, i capi spirituali tenteranno di screditare Gesù, tendendogli trappole per diffamarlo e screditarlo di fronte alla gente.
La domanda, “e’ lecito o no pagare il tributo a Cesare” è tendenziosa ( perché proprio a causa del pagamento di questo tributo c’erano state tante sollevazioni. ) ed è una trappola da parte di Gesù (infatti all’interno del tempio era severamente proibito portare monete che avevano delle effigi umane – all’ingresso c’erano dei cambiavalute che cambiavano le monete romane con le monete permesse nel tempio ) quando ingenuamente gli viene presentato un denaro. ( A . Maggi )
Fermiamoci a considerare la risposta-domanda di Gesù «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?».
(…) La parola immagine evoca subito negli ascoltatori di Gesù una famosa frase biblica: “Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò” (Gen 1,27). L’uomo perciò nella sua realtà più intima e profonda è siglato dall’appartenenza a Dio. ( G. Ravasi, Breviario…, 243)
Il riferimento all’immagine di Cesare, incisa nella moneta, dice che è giusto sentirsi a pieno titolo – con diritti e doveri – cittadini dello Stato; ma simbolicamente fa pensare all’altra immagine che è impressa in ogni uomo: l’immagine di Dio. Egli è il Signore di tutto, e noi, che siamo stati creati “a sua immagine” apparteniamo anzitutto a Lui. ( Papa Francesco )
Nel monito di Gesù “Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio” due considerazioni:
– da un lato egli proclama il dovere umano, civile e morale di pagare le tasse, cioè di collaborare alla vita politica e al bene comune della società terrena. .. denunziando, nel contempo, tutte le tendenze spiritualiste, isolazioniste, intimiste che invitano il cristiano a rinunciare ad ogni impegno sociale (…) considerando la politica e lo Stato solo strumenti del Maligno (G. Ravasi, Breviario…, 243);
– dall’altro lato richiama il primato di Dio, chiede di rendergli quello che gli spetta in quanto Signore della vita dell’uomo e della storia. ( Papa Francesco )
Cosa restituire a Dio che è di Dio?
Dare a Dio non significa dare a qualcuno che è fuori della storia, significa adempiere gli obiettivi che sono tutelati dalla sua volontà e su cui nessuna autorità – collettiva o personale – può mai inserirsi.
Ecco, allora, che io mi trovo, nel fondo di me stesso, come soggetto di due diversi ordini di responsabilità.
Quella giuridico-politico io devo viverla secondo le norme della laicità … nella convinzione che tutti gli uomini di buona volontà, tutti gli uomini che seguono la propria coscienza, nel preparare un mondo diverso sono interni alla qualità messianica della storia, sono strumenti di Dio, non importa se lo conoscono o non lo conoscono. Questa è la fase laica della vita politica.
La seconda fase è quella della non-rinuncia a quell’orizzonte totale che io nella mia coscienza contemplo, verso cui mi muovo, per cui mi sacrifico.
È proprio perseguendo ciò che è al di là di Cesare che io garantisco l’autenticità di ciò che è nel regno di Cesare.
Una politica che vuol essere tutto, una politica che vuole tutto ricondurre nei propri confini diventa una sacralizzazione del politico e urta frontalmente contro questa parola di Gesù Cristo.
Non importa se questa politicizzazione assoluta sia fatta nel nome di Dio o nel nome dell’ateismo. Non importa. Essa urta contro la dimensione universale della coscienza, contro la sfera che è sotto la protezione della mano di Dio.
È importante salvare questa dimensione che non è quella della fuga, è la dimensione a cui mi riferisco ogni qualvolta voglio, con legittimità morale, contestare l’ordine presente.. ( Ernesto Balducci da ‘il Vangelo della pace ” vol. 1 anno A)
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