Solennità di Tutti i Santi – « I Santi sono gli anonimi, la turba che Gesù con i suoi occhi osservava, trapassando forse i secoli, quando diceva: "Beati i miti, i facitori di pace".»
La solennità di Tutti i Santi è la “nostra” festa: non perché noi siamo bravi, ma perché la santità di Dio ha toccato la nostra vita. I santi non sono modellini perfetti, ma persone attraversate da Dio. Possiamo paragonarli alle vetrate delle chiese, che fanno entrare la luce in diverse tonalità di colore. I santi sono nostri fratelli e sorelle che hanno accolto la luce di Dio nel loro cuore e l’hanno trasmessa al mondo, ciascuno secondo la propria “tonalità”. Ma tutti sono stati trasparenti, hanno lottato per togliere le macchie e le oscurità del peccato, così da far passare la luce gentile di Dio. Questo è lo scopo della vita: far passare la luce di Dio, e anche lo scopo della nostra vita. ( Papa Francesco )
Nel solennità di Tutti i Santi .. è bene anzitutto evitare un possibile rischio: quello di considerarli come dei puri simboli, esseri umani quasi “alieni”, sicuramente ammirevoli ma “irraggiungibili”; in definitiva, troppo diversi da noi e, quindi, estranei alla nostra quotidianità. ( N Galantino )
Se voi trovate nel mondo uomini che potete chiamare miti, misericordiosi, puri di cuore, facitori di pace… voi avete conosciuto la santità. Questi sono i santi senza aureole (non importano le aureole!), sono i figli del regno, sono gli esseri beati…
Nella nostra memoria carnale gli uomini di successo sono altri e perfino i santi che nominiamo santi spesso sono troppo vicini agli altri uomini di successo. Io sono convinto (enuncio una ipotesi rispettosa) che dinanzi agli occhi di Dio i santi non sono i nostri santi ma gli anonimi, la turba che Gesù con i suoi occhi osservava, trapassando forse i secoli, quando diceva: «Beati i miti, i facitori di pace…». Dove sono? [….] Forse, sono là dove il nostro occhio non arriva … […] Sono la turba di coloro che con mitezza e dignità difendono il volto divino dell’uomo . Si tratta di una santità che non è molto diffusa in casa nostra, che non bazzica molto, forse, nelle nostre chiese. ( Ernesto Balducci – “I1 Vangelo della pace” vol 2 )
Anche i santi sugli altari spesso rispondono più ai modelli della cultura che è nostra che non ai modelli della coscienza prima. …. Per questo i santi, “quelli ufficiali”, ci dicono sempre meno. Non è per mancanza di devozione, ma perché siamo dislocati in un altro spazio storico … Noi andiamo verso un futuro in cui la nostra identità recondita si farà palese. […] [ E i rappresentatnti di ciò che saremo ] li troverò nei miti, nei pacifici, negli uomini inermi, in coloro che hanno ripugnanza a far forza sull’uomo, in coloro che sono gli sconfitti di oggi, che non giocano di furbizia per prevalere, non si appoggiano sui forti per far carriera.
[È la schiera degli anonimi] perché su di loro non si posa mai l’occhio artificiale che è il mezzo di informazione. Essi non sono degni di entrare nello spazio informativo. … In questa innumerevole schiera forse ci siamo anche noi, con una parte di noi stessi, perché per quanto viviamo nelle due società, in quella futura che è già dentro di noi e in quella attuale, prevale in noi il desiderio di una società diversa in cui sia possibile dare a Dio un solo nome. Ora Dio non è Uno, è Molti, perché siamo molti noi, siamo divisi. Dio non lo conosciamo in quanto ognuno lo conosce a modo suo, ma come Egli è non lo conosciamo. Il segreto per conoscerlo è che noi superiamo la nostra divisione. Solo allora potremo dare un nome a Dio; per ora Dio è sempre un idolo della nostra tribù. ( Ernesto Balducci – da: “Gli ultimi tempi” – vol. 1)
I santi sono i più umani tra gli uomini. Si sforzano di realizzare l’umanità nel miglior modo possibile, si sforzano di avvicinarsi il più possibile a Gesù Cristo, cioè a Colui che è stato perfettamente uomo. ( G. Bernanos).
Il vangelo delle beatitudini … non presenta tanto un ideale soggettivo di santità e di perfezione, ma indica tutti gli strati del popolo di Dio e le sue categorie. Quelle categorie che Paolo aveva negato secondo la grandezza degli uomini – “ non sono molti i ricchi, non sono molti i sapienti, non sono molti i potenti fra di voi” – sono invece individuate in questo discorso che ci dice come è composto il popolo di Dio nel suo insieme e nei suoi strati.
Nel suo insieme è questo popolo povero, umile, mansueto, disarmato, che si lascia perseguitare e che vede in questo la sua grandezza e la sua gloria e che sazia in questo la sua sete di giustizia e santità.
Questo, nel suo insieme. Però se si va poi a guardare da vicino, vediamo che i suoi strati sono fatti così: di gente che volontariamente e nello spirito rinunzia alle ricchezze e preferisce la povertà; di gente che volontariamente e nello spirito rinunzia alle gioie e preferisce, anche se questo costa alla natura, quello che Iddio gli manda e che può essere fonte invece, di sofferenze e pianti; di gente che volontariamente si lascia guidare solo da una cosa, non dalla ricerca di sé, ma dalla ricerca,dal desiderio,dalla brama della giustizia e della santità di Dio, che si santifichi in tutti; di gente che cerca di purificare incessantemente il proprio sguardo, perché sa che non è mai abbastanza puro e non può mai dire: “io sono puro!”: mai! … (G. Dossetti da “Omelia della IV Dom per annum A”).
[ Vivere le beatitudini ] è un cammino difficile da comprendere perché va controcorrente, ma il Signore ci dice che chi va per questa strada è felice, prima o poi diventa felice. …. ( Papa Francesco )
[ La parola chiave del Vangelo di oggi è stata ] “beati”. Il termine greco è “makários” che significa “benedetto, fortunato, felice”: esso esprime la condizione dell’uomo su cui si è posata la benevolenza divina e che ha così realizzato le aspirazioni più ambite. Proprio così questa creatura è felice, perché si sente amata da un amore fedele e percepisce che la dignità del suo essere è riconosciuta, valorizzata, esaltata. È la meta cui aspira ogni essere umano: siamo fatti per la felicità, e quando essa manca ci sentiamo frustrati, incompiuti, irrealizzati, non amati, tristi della tristezza più grande, la tristezza di vivere.
Beato è invece chi percepisce di essere avvolto da un amore grande e profondo, rivolto al suo cuore in modo proprio e personale, un amore sicuro e affidabile, a cui potersi abbandonare senza paura e senza rimpianti, un amore che ti fa sentire utile e importante e ti fa apparire la vita bella e degna di essere vissuta.
Il santo è chi ha compreso e vissuto le beatitudini. Egli vive la gioia promessa da Gesù alle condizioni indicate da Gesù. ( Bruno Forte )
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