Omelia notte di Natale del nostro Vescovo Vincenzo
Nel silenzio della notte, ci giunge una notizia che rivela il progetto di Dio “…taciuto da secoli…”.
Sentiamo rivolte a noi le parole dell’angelo: “…Non temete, vi annunzio una grande gioia…oggi è nato per voi un Salvatore che è Cristo Signore…” (Lc 2,10-11).
In queste parole vibra un profumo di gioia e di speranza, di coraggio e di salvezza. Dio entra nel mondo dal basso, viene da un’umile famiglia e sceglie la via della periferia.
Viene in un giorno qualunque, in un luogo qualunque, da una giovane donna qualunque.
Dio viene e porta una promessa di felicità ed ha una carezza per tutti.
Noi amiamo carezzare i bambini, ma questo “…bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia…” (Lc 2, 7) è già in grado di ricambiare una carezza perché è il Principe della pace e non fa differenza di persone.
È un Dio fatto uomo, che si è chinato su di noi, si è innamorato di noi, si è reso disponibile a tutto pur di salvarci e di riempirci di luce… e si chiama Gesù.
Noi non meritiamo tutto questo!Ma Dio non si merita, Dio si accoglie!
Tutto appartiene a Lui, i cieli e la terra.
Dio prima di incarnarsi, per dirla con un santo della chiesa bizantina (Nicolas Cabasilas), era un re in esilio, uno straniero senza città ed eccolo che fa ritorno alla sua dimora. Poiché la terra prima di essere la terra degli uomini è la terra di Dio. E, ritornando, ritrova questa terra creata da Lui e per Lui.
Questa è la notte in cui accogliamo il nostro Salvatore.
Dio viene a cercarci e noi lo accogliamo e lo aiuteremo ad abitare questo mondo prendendoci cura della Sua Parola, dei suoi Sogni, del Suo Vangelo.
Non potremo prenderci cura di Lui senza saperci prendere cura di quanti hanno bisogno di essere accolti ed aiutati, di quanti vivono nella povertà e nel bisogno.
Davanti a Gesù Bambino, l’uomo è invitato ad una verifica della sue scelte morali perché “…la grazia di questa notte che porta salvezza a tutti gli uomini ci insegna a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà…” (Tt 2, 11-12).
Con gli occhi della fede siamo chiamati a contemplare questo Bambino e a riconoscere in Lui il Dio della storia, della nostra storia, il Dio che si fa carico dei nostri vissuti, delle nostre attese e delle nostre speranze.
Di Lui possiamo fidarci! È un Dio che mantiene le sue promesse, perché è l’unico che ha parole di verità e di vita eterna!
A Natale è d’obbligo far rinascere nel nostro cuore la speranza perché il Natale è la festa della vita e della speranza. La speranza è come un germoglio, un nuovo inizio di vita. E i germogli possono spuntare dappertutto, anche nei luoghi più aridi, tra le rovine più abbandonate.
Sperare significa fidarci del futuro, preparandolo con pazienza.
La speranza è fatta di oggi e di domani e fornisce le ali alla vita.
Il Natale è il canto di una presenza, il vagito di un bimbo che crea amicizia tra Dio e l’uomo.
Quanti hanno portato qualche dono a Gesù Bambino, hanno inaugurato senza saperlo la consuetudine dei regali a Natale.
Lo scambio dei doni chiede di allargare l’orizzonte per abbracciare chi ha meno e non potrà mai ricambiare.
Condividere il bene significa moltiplicarlo e noi vogliamo sperare che tutti gli uomini possano celebrare il Natale con la presenza del festeggiato: Gesù!
L’augurio che ci scambiamo vuole essere un forte auspicio di umanizzazione accogliendo l’invito a riscoprire la nostra umanità, la nostra interiorità, la nostra storia.
Fiducia e speranza, serenità e coraggio, gioia e ottimismo ci aiuteranno a raggiungere la grotta di Betlemme per ricevere e dare una carezza.
A tutti e a ciascuno in particolare, alle nostre famiglie, ai nostri giovani, ai nostri anziani, ai nostri malati giunga il mio affettuoso augurio di un Santo Natale.
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