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V Domenica del T.O. – Gesù è mandato dal Padre ed è uscito nel mondo per fare il bene e donare la salvezza.

È difficile non rimanere profondamente colpiti da questi versetti di Giobbe, che la liturgia ci propone nella prima lettura di questa domenica.
Le riflessioni di Giobbe, che scaturiscono dalla sua situazione, sono rivolte alla morte e al rapido correre della vita umana verso di essa. Tutto questo è assurdo. Ma l’uomo non può farci nulla; egli non può fermare questa corsa né imprimere un movimento di ritorno. È un inutile sogno degli uomini pensare di fermare l’espandersi del dolore e della sofferenza entro la stirpe umana.
Giobbe dice delle cose che non crede del tutto; spera che non sia così anche se non sa come non è così, non sa per quali vie Dio lo salverà.

Capisce che non può essere così, sarebbe troppo assurdo: non sa quale ma sa che Dio la soluzione ce l’ha per dare un senso a tutto questo.
… Il Vangelo non fa che parlarci del rapporto fra sofferenza e peccato per questo risponde (in Giovanni): «Non ha peccato né lui né sua madre, ma perché sia manifestata la gloria di Dio». … Redenzione è redenzione dal peccato e dalle sue conseguenze. …
Io e la mia generazione siamo ancora vittime di una serie di dolori che non riusciamo ad eliminare. Quindi la mia speranza è solo come quella delle api che muoiono dopo aver lasciato l’alveare. Visione in cui la persona non ha più posto, c’è solo la specie. Questa dottrina anche se non lo si sa ha sotto una visione marxista, è l’essenza pura del marxismo.
Quando io sono colpito da un dolore totale che mi paralizza di fronte a ogni possibilità di vita di relazione di contributo sacrale ecc. cosa posso fare! È pura negatività, perché sono nato nel 1970 e non del 2400.
Problema della morte: la morte è fine e buona notte, a meno che io non includa nelle prospettive del progresso anche il superamento della morte. Non posso porre solo il problema, per cui si può supporre al limite che il superamento delle cause biologiche e sociologiche mi portino al termine. Ma resta il problema della morte, e allora non è più ammissibile che questo discorso non è fattibile nemmeno nell’ambito della Risurrezione. Cristo è finito, il Cristo pasquale non c’è. Se i morti non risorgono, nemmeno Cristo è risorto. La risurrezione presuppone distruzione e nuove creazioni, non sviluppo all’infinito di un germe.
Queste sono cose molto divulgate, ma un livello molto mediocre di scienza. Lo scienziato di punta si rende conto che l’intelletto umano perde sempre più il controllo delle stesse scoperte da lui fatte.” ( D. G. Dossetti -Oratorio di sant’Antonio, appunti di omelia, 1970(?).
Le parole drammatiche di Giobbe non possono essere archiviate troppo in fretta nemmeno da quanti hanno la grazia della salute. Lasciamole risuonare nel cuore per poter cogliere un riflesso dell’abisso di disperazione che accanto a noi vive chi è nella sofferenza. Nella solitudine si allungano soltanto le ombre, ma anche le domande e i dubbi: sulla vita, sugli altri e perfino su Dio. ( Mons. Nunzio Galantino )
Dio è il Padre che vuole che si spezzino le catene. Le catene possono essere spezzate e l’uomo è chiamato a farlo: ecco l’annuncio del Vangelo.
Niente è fatale. Se noi vogliamo, possiamo afferrare la macchina che ci stringe, nel suo fulcro, nella sua molla.
La molla di questa macchina è l’egoismo, è l’amore dell’uomo verso se stesso portato al limite. È possibile spezzarla, purché noi ci decidiamo a vivere secondo un’altra legge.

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Qui cade opportuno il discorso di Paolo, il quale, pur essendo libero si fa schiavo, si fa servo e si fa debole con i deboli. 

C’è una possibilità nell’uomo che sorpassa davvero ogni ragione, quella di far propria la condizione degli altri, dimenticare se stesso per assumere in sé il destino dell’altro. In quel momento la macchina si spezza, non funziona più: abbiamo fermato la macchina nefasta del male.
Essa riprende il suo moto perché non manca mai di combustibile. Ma noi abbiamo la pretesa di cambiare. È questa la speranza evangelica.
Al di là delle nostre vicende umane noi contiamo su questo Dio impossibile, improponibile che è amore e che è impotente in quanto non usa gli stessi metodi che noi usiamo all’interno della sapienza di questo mondo.
Ho avuto modo di dire più volte che anche l’idea di un Dio onnipotente è un’idea equivoca in quanto rassomiglia molto a ciò che conosciamo dentro la macchina delle onnipotenze. Nel Dio onnipotente noi proiettiamo la nostra volontà di potenza. Se si chiama amore non può tutto, non può nulla di ciò che non è amore. (Ernesto Balducci – Il Vangelo della pace” vol. 2° – anno B)
Il Vangelo di oggi  ci presenta Gesù che, dopo aver predicato di sabato nella sinagoga, guarisce tanti malati. Predicare e guarire: questa è l’attività principale di Gesù nella sua vita pubblica. Con la predicazione Egli annuncia il Regno di Dio e con le guarigioni dimostra che esso è vicino, che il Regno di Dio è in mezzo a noi. ( Papa Francesco)
L’azione con cui Gesù libera la donna dalla febbre può sembrare poca cosa (“un miracolo sprecato”, ha scritto un esegeta!), ma la febbre è il segno più comune che ci mostra la nostra fragilità e ci preannuncia la morte di cui ogni malattia è indizio. … Non fermiamoci dunque alla cronaca dell’azione di Gesù, ma comprendiamo come egli, il Veniente con il suo Regno, è in lotta contro il male, lo fa arretrare, fino a vincere la morte il cui re è il demonio, colui che dà la morte e non la vita.
Gesù appare così come colui che fa rialzare, risuscita ..ogni uomo, ogni donna dalla situazione di male in cui giace. … E il frutto di quel “far rialzare” è l’immediato servizio, la pronta diakonía da parte della suocera di Pietro.
Giunge la sera, la giornata descritta da Marco come la prima in cui Gesù opera è quasi terminata, ma ecco che da tutta la città vengono portati malati e indemoniati davanti alla porta della casa in cui egli si trova.
Con enfasi l’evangelista scrive “tutti i malati … tutta la città”, perché l’afflusso era considerevole.
Cosa cercava tutta quella gente? Innanzitutto guarigione, ma certamente desiderava anche vedere miracoli: la medicina era troppo cara, spesso senza efficacia, e poi in quel tempo c’erano molti esorcisti, guaritori, maghi, da cui la gente si recava.
Quelli venuti da Gesù non trovano però né un mago né un operatore di miracoli. Trovano uno che guarisce chi incontra, parlando, entrando in relazione, ma soprattutto suscitando nei malati fede-fiducia: e quando Gesù trova questa fiducia, allora può manifestarsi la vita più forte della morte.
Gesù non guariva tutti ma – ci dicono i vangeli – curava tutti quelli che incontrava, e le sue liberazioni dalla malattia, dal peccato o dal demonio volevano essere segni, indicazioni riguardo al regno di Dio che egli annunciava e chiedeva di accogliere. ( E. Bianchi )

E quando tutti vanno via, guariti e rincuorati, Gesù si reca in un luogo appartato, per pregare. .. L’intimità con il Padre non era una fuga dal mondo e dalla vita per godersi finalmente un po’ di tranquillità .. Molto più verosimilmente tali incontri erano colloqui appassionati (forse anche drammatici) tra il Figlio e il Padre sulla missione che aveva ricevuto, sulle condizioni del mondo, sulla salvezza di tutti coloro che Gesù aveva incontrato e su quella degli altri che avrebbe dovuto e voluto incontrare ancora. ( V. Paglia )
Questa azione notturna di Gesù non è secondaria, non è una semplice appendice al giorno. È la fonte del suo parlare e del suo agire, è l’inizio del suo “ritmo” giornaliero, è ciò che gli dà la postura per vivere tutta la giornata nella compagnia degli uomini: perché egli è sempre l’inviato di Dio, colui che deve sempre “raccontarlo” (cf. Gv 1,18) agli uomini, e per questo è sempre in comunione con lui.
La preghiera di Gesù nella notte, in luoghi deserti, nella solitudine, è testimoniata più volte dai vangeli, fino a quella preghiera con cui prepara spiritualmente la sua passione e morte. Preghiera piena di confidenza, in cui Dio è sempre invocato come “Abba, Papà caro e amato”; preghiera nella quale Gesù discerne la volontà di questo Padre che è amore e trova vie per realizzarla; preghiera nella quale lo Spirito santo, compagno inseparabile di Gesù, è per lui forza e consolazione. ( E. Bianchi )
[Gesù “ nascosto” – nell’intimita col Padre – viene cercato da tutti per godere del “successo” delle guarigioni,] ma la sua risposta è: «Andiamo altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!». …. A pensarci: se Gesù fosse rimasto lì, a raccogliere il successo, da noi non arrivava. Di villaggio in villaggio è giunto al fondo della sua missione: salvare ogni uomo. Non solo Cafarnao. ( F. Rosini )
Ecco la missione di Gesù: è mandato dal Padre ed è uscito nel mondo per fare il bene e donare la salvezza. E così di villaggio in villaggio, il sabato di sinagoga in sinagoga, Gesù predicava e toglieva terreno ai demoni. Da Cafarnao a tutta la Galilea… ( E. Bianchi )

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