VI Domenica del T.O. – La carità è creativa nel trovare il linguaggio giusto per comunicare con tutti coloro che vengono ritenuti inguaribili e quindi intoccabili.
Il lebbroso, ricorda la prima lettura, doveva vivere solo, senza contatti, tagliato fuori dalla società. Doveva lui stesso allontanare gli altri gridando la sua condizione. ( F. Rosini ).
Il Levitico ci pone di fronte a un discorso inaccettabile per noi: non ci sarebbe da cacciar fuori nessuno, da scomunicare, dato che abbiamo conosciuto il Cristo e la sua carità. Prospettiva inaccettabile: è l’A.T., diciamo! Ma il Vangelo non esce da questa prospettiva: non dice guarire, ma purificare ; non dice “sii guarito” ma “sei mondato”.
È qui in gioco il nostro modo di intendere il rapporto fra Antico e Nuovo Testamento: ci siamo già preclusi la comprensione [a causa] della cecità.
Il testo del Levitico contiene delle vere rivelazioni: la malattia in genere non trova nella sua realtà immediata delle cause; ha significazioni a monte. La malattia nell’uomo non spiega se stessa, è un segno: e la norma legale che assoggetta il malato ad un certo stato di inferiorità appare ed è inaccettabile. ( d. G. Dossetti, appunti di omelia di sr. Ignazia Danieli Gerusalemme 11 febbraio 1979 )
Le malattie spesso generano disperazione … Affermava Martin Lutero : «Dio, probabilmente, gradisce molto di più le bestemmie dell’uomo disperato, che non le lodi compassate del borghese benestante la domenica mattina durante il culto. …». Dio non ci guarisce dal dolore, ma ci sostiene nella sofferenza … ( G. Ravasi )
“Dio non viene a esaudire i nostri desideri, ma a compiere le sue promesse“ (D. Bonhoeffer). E queste promesse sono sempre mantenute sia quando ci accade qualcosa di bene, sia quando siamo visitati dal dolore e dalla sofferenza. Ogni nostra invocazione, come quella del Signore Gesù prima della sua passione e morte, dovrà infatti approdare all’abbandono: «Non la mia, ma la tua volontà si compia». La preghiera, più che una lista di richieste, deve agire in noi perché diveniamo docili e disponibili a vivere secondo la volontà e il pensiero di Dio… ( T&T)
E nel racconto della passione, gli evangelisti si sforzano di far patire a Cristo tutti i mali possibili, paura della morte, solitudine, tradimento degli amici, tortura, crocifissione e morte per asfissia, ed è una gran brutta morte, ma l’apice è il silenzio del Padre». …
Dietrich Bonhoeffer diceva “Dio è impotente e debole nel mondo e così e soltanto così rimane con noi e ci aiuta… Cristo non ci aiuta in virtù della sua onnipotenza ma in virtù della sua sofferenza …Dio soffre in Cristo, che nella sua vita terrena è diventato fratello dei sofferenti».
Il Vangelo secondo Marco per il 46% è un continuo racconto di guarigione di malati: lebbrosi, ciechi, storpi, epilettici ma anche prostituite e pubblicani.
In particolare, riguardo al lebbroso, Cristo assume un comportamento “sovversivo” che viola tutte le regole rituali e sanitarie: Egli non ha paura di toccare … e toccare, è vicinanza, partecipazione».
Ennio Flaiano era padre di una bambina colpita a otto anni da encefalopatia. Dopo la morte dello scrittore, venne trovato tra le sue carte l’abbozzo di una sceneggiatura per un film dedicato al ritorno di Cristo sulla terra, circondato e infastidito da tv e giornalisti, attento solo ai malati e agli ultimi: “Non voglio che tu la guarisca – chiede nel film a Gesù un uomo portando con sé la sua bambina malata che cammina a fatica –, ma voglio solo che tu l’ami. Gesù, scrive Flaiano, baciò quella ragazza e disse: ‘In verità, quest’uomo ha chiesto ciò che io posso dare’”. ( G. Ravasi )
Gesù tocca e guarisce il lebbroso. Gesù facendosi uomo si è lasciato “contagiare dal peccato dell’uomo”, lo ha preso sulle sue spalle, lo ha crocifisso, donando se stesso con la croce, e a sua volta ha contagiato l’uomo con la sua misericordia, con il suo amore. Ed è bello allora pensare che questo lebbroso, prima temuto come portatore di contagio, ora diventa contagiatore di bene, annunciando le meraviglie di Dio. …. ( C. Carretto )
Guarendo il lebbroso, Gesù non reca alcun danno a chi è sano, anzi lo libera dalla paura; non gli apporta un pericolo ma gli dona un fratello; non disprezza la Legge ma apprezza l’uomo, per il quale Dio ha ispirato la Legge. Infatti, Gesù libera i sani dalla tentazione del “fratello maggiore” (cfr Lc15,11-32) e dal peso dell’invidia e della mormorazione degli “operai che hanno sopportato il peso della giornata e il caldo” (cfr Mt 20,1-16).
Di conseguenza: la carità non può essere neutra, asettica, indifferente, tiepida o imparziale! La carità contagia, appassiona, rischia e coinvolge! Perché la carità vera è sempre immeritata, incondizionata e gratuita! (cfr 1 Cor 13).
La carità è creativa nel trovare il linguaggio giusto per comunicare con tutti coloro che vengono ritenuti inguaribili e quindi intoccabili. E il contatto è il vero linguaggio comunicativo, lo stesso linguaggio affettivo che ha trasmesso al lebbroso la guarigione.
Quante guarigioni possiamo compiere e trasmettere imparando questo linguaggio del contatto! Era un lebbroso ed è diventato annunciatore dell’amore di Dio. Dice il Vangelo: «Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto» (Mc 1,45). ( Benedetto XVI )
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