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Domenica delle Palme – Gesù volle ricevere su di sé tutte le violenze dellʼodio, dellʼincomprensione, affinché noi uomini ci perdonassimo, ci amassimo, ci sentissimo fratelli

La liturgia delle Palme ha un carattere introduttivo: i testi di questa settimana cercano di farci penetrare in profondità l’evento della Passione e della Resurrezione del Signore. I testi di questa liturgia ne fanno l’inventario.
Tutti due i testi sono divisi in due parti abbassamento del Servo; ed esaltazione e glorificazione.
[ La prima lettura è il terzo canto del Servo ) che è forse quello che ci illumina maggiormente nella missione del Servo: molti tratti sono vicini a quelli del Profeta Geremia.
[…]Il Servo si consegna alla sofferenza senza protesta, in modo spontaneo … sa che la sua obbedienza di discepolo passa attraverso questa prova. Il quarto canto del Servo spiegherà il senso della sofferenza che questo terzo canto annuncia.  ….  (d. G. Dossetti, appunti di omelia, 1970).
 Nella II lettura, tratta dalla lettera ai Filippesi, l’umiliazione acquista caratteri più radicali, perché è riferita a Colui che esiste nella forma di Dio. Il motivo dell’abbassamento è indicato al v. 8: obbedienza radicale del Figlio al Padre che non stimò un oggetto di rivendicazione l’essere alla pari di Dio. Cristo è accanto a Dio, ma come Figlio. Come in Is 50, l’Inviato viene reso oggetto di sofferenza e contraddizione: ma anche qui l’ultima parola è di salvezza. Ciò che il Figlio ha rifiutato come rapina, Dio glielo dona coma grazia.
Il Dio che apparentemente lascia solo il suo Inviato è, nell’ultima parola, il Dio che salva colui che si è svuotato completamente, abbandonandosi alla sua volontà (d. G. Dossetti, appunti di omelia, 1970).
[…] . Il vero commento [ al racconto della Passione secondo Marco ]  non è il discorso concettuale ma è la vita vissuta. Con questo animo vorrei indicare semplicemente alcuni spunti di riflessione che potrebbero anche diventare la trama per una meditazione della settimana santa che comincia oggi.
Mi colloco nell’ottica di questo centurione – la figura che balza all’improvviso al termine della narrazione – che dinanzi alla morte di Gesù dice: «Veramente quest’uomo era figlio di Dio!».
È  una confessione di fede di una purezza sconcertante. I discepoli erano fuggiti. Pietro, che aveva promesso di stare vicino al maestro a costo della morte ..non c’era. C’era soltanto questo pagano, che vede morire un uomo e avendolo visto morire in quel modo non dice: «che disperato!». Dice: «Veramente costui era figlio di Dio».
C’è una contraddizione fra ciò che ha visto e ciò che ha confessato. È proprio in questa contraddizione che si annida il segreto di Gesù, il segreto della universalità e della permanenza del messaggio della Passione.
Come tante e tante volte si è detto, la figura di Gesù non può essere posta nella serie dei fondatori di religioni o dei grandi pensatori, perché la sua singolarità è di aver fatto coincidere la via della conoscenza di Dio con la via della verità dell’uomo.
[…] La via crucis è la via dell’uomo. Chi percorre quella via fino in fondo, può arrivare anche a confessare che Gesù è figlio di Dio. Ma se non la percorre e confessa che Gesù è figlio di Dio, ha già commesso un’ evasione in quanto parla di Lui attribuendo a Lui l’immagine di Dio che ci possiamo formare con le filosofie o con le superstizioni. Mentre dice che Gesù è Dio, uccide la verità della professione di fede. Questa verità si manifesta in fondo alla verità della croce.
La passione ha due epicentri. Uno è il Golgota dove si consuma tutto, dove anche la religione si chiude «si spaccò il velo del tempio» …. L’altro è il momento in cui Gesù, anticipando quell’evento, prese del pane e del vino, raccolse i suoi e disse: «questo è il mio corpo e questo è il mio sangue». [Ernesto Balducci – “Il Vangelo della pace” anno B – vol. 2]
Gesù ha compiuto tale atto per evitare che i discepoli leggessero la sua morte come un evento subito per caso, oppure dovuto a un destino ineluttabile voluto da Dio. Nulla di tutto questo. Gesù ha infatti vissuto la propria fine nella libertà … Gesù ha concluso la sua esistenza così come l’aveva sempre spesa: nella libertà e per amore di Dio e di tutti gli esseri umani! Affinché ciò fosse chiaro, Gesù ha anticipato profeticamente ai discepoli la sua passione e morte, spiegandola loro con un gesto capace di narrare l’essenziale di tutta la sua vicenda: pane spezzato, come la sua vita lo sarebbe stata di lì a poco; vino versato nel calice, come il suo sangue sarebbe stato sparso in una morte violenta.
Se, all’inizio del vangelo, Marco aveva scritto che i discepoli, “abbandonato tutto, seguirono Gesù” (cf. Mc 1,18.20), nell’ora della passione si vede costretto ad annotare che essi, “abbandonato Gesù, fuggirono tutti” (Mc 14,50). Lo scandalo della croce permane in tutta la sua durezza e non va attutito, ma il segno eucaristico, memoriale della vita, passione e morte di Gesù, sarà capace di radunare di nuovo i discepoli intorno al Cristo Risorto. La comunità dei discepoli di Gesù potrà così attraversare la storia e giungere fino a noi, senza temere di affrontare anche le ore buie e le crisi: il suo Signore l’ha infatti preceduta anche in queste prove, vivendole nella libertà e per amore. ( E. Bianchi )
[…]. La Chiesa non crede alle soluzioni violente. Crede a una sola violenza, quella di Cristo che morì inchiodato alla croce, come ce lo presenta il Vangelo di oggi. Egli volle ricevere su di sé  tutte le violenze dellʼodio, dellʼincomprensione, affinché noi uomini ci perdonassimo, ci amassimo, ci sentissimo fratelli.(…) Mai abbiamo predicato la violenza. Solo la violenza dellʼAmore, quella che lasciò Gesù inchiodato su una croce, che ognuno fa a se stesso per vincere i propri egoismi e perché non vi siano diseguaglianze tanto crudeli tra di noi. Tale violenza non è quella della spada, quella dellʼodio. È la violenza dellʼamore, quella della fraternità, quella che vuole trasformare le armi in falci per il lavoro (O. Romero, La violenza dellʼamore,25-6)

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