Omelia del Vescovo Vincenzo Messa Crismale Giovedì Santo
Nel solco della grande tradizione della Chiesa, il Giovedì mattinadella Settimana Santa ci vede radunati in Cattedrale per la Messa Crismale durante la quale vengono benedetti gli Oli Sacri:l’Olio degli Infermi, l’Olio dei Catecumeni e il Crisma.
È una delle celebrazioni più solenni e più partecipate che manifesta la Chiesa come Corpo di Cristo.
Siamo sempre accolti dal volto misericordioso del nostro Pantocratore che custodisce gli sguardi di coloro che lo contemplano e riflette il volto di coloro che lo incontrano.
Il Rito della Benedizione degli Oli sottolinea il Mistero della Chiesa come Sacramento di Cristo, che santifica ogni realtà e situazione di vita.
Vescovo, Presbiteri, Diaconi, Seminaristi, Religiosi, Religiose e Popolo santo di Dio riuniti in preghiera formano una sola famiglia, un sol corpo ed un’anima sola.
Con il Sacro Crisma si ungono i battezzati, per esprimere il loro inserimento nel Corpo di Cristo, si confermano i cresimati, si ungono le mani dei presbiteri e si consacrano i vescovi.
Con l’Olio dei Catecumeni si ungono quanti devono lottare per vincere lo spirito del male in vista degli impegni del Battesimo.
Con l’Olio degli Infermi ricevono l’unzione sacramentale, come medicina di Dio,quei nostri fratelli che nella malattia e nella sofferenza offrono al Signore silenziosamente la propria vita.
Attraverso l’olio profumato, il buon odore della grazia di Cristo si diffonde dal Capo a tutto il corpo.
L’immagine dell’olio prezioso versato sul capo di Aronne che scende sulla sua barba fino all’orlo delle sue vesti sacre, è preludio dell’unzione sacerdotale che giunge fino ai confini dell’universo.
Questo segno sacramentale a noi presbiteri fu dato con l’unzione e l’imposizione delle mani, nel giorno della nostra ordinazione sacerdotale.
L’unzione che abbiamo ricevuto non ci fu data per profumare noi stessi ma per i poveri, i prigionieri, per i malati, per quanti soffrono nel corpo e nello spirito.
Il profumo del Sacro Crisma deve accompagnare la nostra vita come riverbero del profumo di Cristo!
Penso alla casa di Betania piena del profumo di balsamo; la penso come dimora del sacerdote che ripete il gesto di Maria perché quel profumo non venga mai meno.
Oggi, carissimi sacerdoti, è la nostra festa!
Oggi siamo nati tutti nel cuore di Cristo sommo ed eterno sacerdote; oggi facciamo memoria della nostra ordinazione sacerdotale e rinnoviamo con lo stessoentusiasmo di allora le promesse sacerdotali.
Come sempre ci uniamo alla gioia di quanti celebrano anniversari sacerdotali giubilari augurando un fecondo ministero a servizio della Chiesa: ricordiamo in particolare i 50 anni di sacerdozio del carissimo Padre Aurelio Biundoo.f.m.capp., i 10 anni dei carissimi don Alessio Corradino, don Marcello Franco, don Sandro Orlando, don Francesco Richiusa e don Francesco Sapuppo, che proprio oggi, celebrano i loro anniversari dell’Ordinazione Sacerdotale.
A questi si aggiungono: il 25° di don Francesco Lo Bianco, i 50 di don Salvatore Mocciaro, i 60 di Frà Gabriele Barreca cappuccino e di Mons. Giuseppe Camilleri, i 70 di Mons. Calogero La Placa e don Sebastiano Pace.
È una festa,quella di oggi, che non avrà mai fine: “Tu es sacerdos in aeternum!”… finché i campi produrranno un grappolo d’uva ed una spiga di frumento, un sacerdote salirà l’altare e costringerà Dio a farsi nostro cibo e nostra bevanda.
Ma è anche la vostra festa, carissimi fedeli laici, perché anche voi attraverso il battesimo siete stati unti e incorporati a Cristo formando un Popolo sacerdotale.
Il Vangelo ci ha ricordato la profezia di Isaia che si compie in Gesù Cristo, il Messia, l’Unto per eccellenza.
Vedo con piacere la presenza qualificata delle autorità civili e militari della nostra diocesi.
Saluto tutti affettuosamente. Un particolare saluto va a S. Ecc. il Prefetto Dott.ssa Antonella De Miro. Mi sento onorato della vostra presenza.
Vi ringrazio, vi ringrazio di cuore per tutte le attenzioni riservatemi e per tutte quelle volte che avete condiviso il cammino di questa chiesa con una presenza discreta e attenta.
Il Cristo Pantocratore illumini la vostra azione per il bene comune a vantaggio del nostro territorio e della gente che vi abita.
Saluto tutti affettuosamente e vi ringrazio per la vostra presenza così significativa.
Questo saluto raggiunga l’Eccellentissimo e carissimo mons. Rosario Mazzola Vescovo emerito di questa Chiesa cefaludense a cui va il nostro affetto ed un sincero augurio di buona salute.
Raggiunga altresì l’Eccellentissimo mons. Giuseppe Marciante vescovo eletto di questa diletta Chiesa di Cefalù: lo aspettiamo con il cuore aperto alla speranza, esprimendo sin da ora i nostri sentimenti di gioia e di gratitudine al Signore e al Santo Padre per il dono del nuovo Pastore. Il Signore che conduce la storia sa come guidare la Sua Chiesa e come provvedere al Suo gregge.
Raggiunga anche S. Eccellenza Reverendissima Mons. Francesco Oliva, vescovo di Locri-Gerace che puntualmente, confermando la fedeltà ad una tradizione che va avanti da anni, ci invia una boccetta di essenza di bergamotto per la preparazione del Sacro Crisma.
Questo delicato profumo è segno di comunione e di condivisione fra le nostre chiese che rende la celebrazione crismale una “Liturgia del Profumo”.
In questo contesto di gioia e di gratitudine sono chiamato a sapermi congedare per raggiunti limiti di età, esprimendovi tutta la mia riconoscenza per la vicinanza e la collaborazione offertami in questi anni di ministero episcopale svolto in mezzo a voi.
Ringrazio soprattutto voi carissimi presbiteri, che assieme a me avete portato il peso e la responsabilità di questa santa Chiesa a noi affidata.
Il vescovo è colui che veglia; cura la speranza vegliando per il suo popolo (1 Pt 5, 2).
Vegliare, sorvegliare e vigilare sono tre verbi che si fondono in uno, dando la preferenza al “vegliare”.
Questi tre verbi denotano un atteggiamento spirituale oltre ché un atteggiamento di governo.
Il verbo “Vegliare” ci parla di speranza.
Chi “veglia” sveglia l’aurora di un nuovo giorno ed è sempre pronto a scommettersi fino al tramonto.
Il sole quando tramonta non va a riposare, va a combattere contro le tenebre per risorgere sempre più splendente.
Sognare la luce piena di mezzogiorno significa vivere nella luce, da figli della luce.
Al Signore della storia e Dio di Misericordia affido il giudizio di questa “veglia” e di questi quasi nove anni trascorsi a servizio di questa Chiesa.
Solo Lui può giudicare!
Mi conforta il pensiero di Sant’Agostino quando in uno dei suoi Discorsi così esordisce: “Quale uomo infatti è in grado di giudicare un altro uomo? Il mondo è pieno di giudizi avventati. Colui del quale dovremmo disperare, ecco che all’improvviso si converte e diviene ottimo. Colui dal quale ci saremmo aspettati molto, ad un tratto si allontana dal bene e diventa pessimo.” (cfr. S. Agostino, Disc. 46, 24-25; CCL 41, 551-553).
Lui solo, solo il Signore, Pastore dei pastori, Lui solo pascola con giudizio. Molti erano gli apostoli ma ad uno solo disse: “Pasci le mie pecorelle” (Gv 21, 17).
“Certo se vi sono delle buone pecore, vi saranno buoni pastori; perché dalle buone pecore si formano i buoni pastori” (cfr S. Agostino, Disc. 46, 29-30; CCL 41, 555-557).
In questi anni ho avvertito fortemente la responsabilità affidatami e ho la consapevolezza di essere stato a volte esigente e forse anche senza volerlo sarò risultato scomodo in qualche circostanza, ma non ho saputo disattendereil monito dell’apostolo Paolo: “Annuncia la Parola, insisti in ogni occasione opportuna e non opportuna, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni pazienza e insegnamento”
Tempo opportuno e inopportuno: “Per chi a tempo opportuno e per chi a tempo inopportuno?” La risposta c’è la da S. Agostino: “Certamente a tempo opportuno per chi vuole, a tempo inopportuno per chi non vuole. Sono proprio inopportuno e oso dirtelo – prosegue Agostino – tu vuoi smarrirti, tu vuoi perderti, io invece non lo voglio” (cfr S. Agostino, Disc 46).
Certamente Agostino non ignorava la II lettera di Paolo a Timoteo“…verrà un giorno infatti in cuinon si sopporterà più la sana dottrina ma, pur di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo i propri capricci, rifiutando di dare ascolto alla verità per perdersi dietro alle favole. Tu però vigila attentamente, sopporta le sofferenze…adempi il tuo ministero” (2 Tim 4, 5).
Il Signore mi ha posto come vostra sentinella, perché allora non avrei dovuto vigilare, richiamare? Forse per paura? Forse per non perdere il favore degli uomini?
Un pastore deve preoccuparsi più di piacere agli uomini o a Dio? So bene quello che voi state pensando in questo momento…state rincorrendo tutti i però, i se e i ma, ma sorvolando a qualunque elucubrazione mentale,riconoscendo anche i miei limiti, vi assicuro davanti a Dio che vi ho sempre voluto bene anche quando ai vostri occhi sono apparso esigente e determinato; ma che volete, non riesco ad immaginare un padre debole ed insicuro né tanto meno un padre che lascia fare ai propri figli tutto quello che passa loro per la testa in nome di quella benevolenza che non conduce da nessuna parte.
Vi ho amato con la responsabilità e la fermezza del buon padre di famiglia che volendo il bene dei loro figli non esita a dire “no” quando deve essere “no” e nello stesso tempo non risparmia una carezza ed un sorriso per confortare, incoraggiare e sostenere.
Vi ho amato e continuerò ad amarvi.
Lo sa Dio se vi ho voluto bene e se vi voglio benee per dirla ancora con Agostino “Se non vuoi il fastidio di dovermi sopportare, non sperderti, non smarrirti” (cfr S. Agostino, Disc. 46, 14-15; CCL 41, 541-542).
Troppo poco sarebbe stato se mi fossi limitato ad affliggermi di fronte a situazioni in cui un padre ha il dovere di intervenire.
Mi è stata anche di grande conforto la “Regola Pastorale” di San Gregorio Magno dove afferma: “Spesso i pastori malaccorti, per paura di perdere il favore degli uomini, non osano dire liberamente ciò che è giusto...” .
Un pastore che ha paura di dire la verità è come se voltasse le spalle al nemico con il suo silenzio.
Nei tempi difficili che stiamo vivendo non ci può essere posto per la mediocrità.
Oggi c’è bisogno di persone che siano “credenti” e “credibili”, oltre ché coerenti con i principi e la fede che si professa; c’è bisogno di persone capaci di compiere il proprio dovere con fedeltà e coraggio, guardando non al proprio interesse egoistico, bensì al bene comune e ricercando in ogni momento la volontà divina.
A volte per andare avanti bisogna saper fare un passo indietro.
Non basta apparire buoni ed onesti: occorre esserlo realmente. E buono e onesto è colui che non copre con il suo io la luce di Dio, è colui che non antepone se stesso a Dio, ma lascia trasparire Dio dalla sua vita.
A noi sacerdoti viene chiesto di anteporre al fascino del potere terreno, il nostro sacerdozio e la nostra indiscussa fedeltà alla Chiesa.
Mi ha sempre accompagnato la ferma convinzione che tutti siamo utili e nessuno è indispensabile, che il mondo gira con noi e senza di noi e ciascuno di noi è irrepetibile ma sostituibile.
A tutti, sacerdoti e non, fedeli laici e popolo santo di Dio, viene chiesto di camminare con passo spedito verso la santità. È certamente difficile poiché la fede è sempre esposta a molteplici sfide, ma quando ci si lascia attrarre da Dio che è verità, il cammino si fa deciso, perché si sperimenta la forza del suo amore.
Parafrasando una espressione di Santa Caterina da Siena, sommessamente mi sento di potervi dire: “Se sarete quello che dovete essere, metterete fuoco in tutto il mondo” (cfr Lett. 368).
Guardo con fiducia a questo nuovo evento che attende questa diletta chiesa.
Non si può non cogliere l’esortazione di Santa Caterina.
Quel formidabile “se sarete quello che dovete essere” interpella tutti e ciascuno in particolare.
Questo momento storico è affidato a tutti voi, chiesa in cammino, chiesa ricca di fede e di potenzialità.
È un momento questo, che va vissuto nella fede, non come un tempo che si è concluso ma come un tempo che continua a scorrere inesorabilmente come dono di Dio.
Se è vero che “passa la scena di questo mondo” è maggiormente vero che c’è qualcosa che rimane a cui è possibile aggrapparsi e quando non sapremo a che cosa o a chi aggrapparci, ci saranno sempre i poveri e i diseredati; “i poveri li avete sempre con voi” (Mc 14, 7) ci dice Gesù .
L’apostolo Paolo è lapidario nell’affidarci una consegna: “Ciascuno continui a vivere secondo la condizione che gli ha assegnato il Signore” (1 Cor 7, 17).
Volendo formulare un augurio per questa Chiesa in cammino ricorro alle parole dell’apostolo Pietro nella sua prima lettera (1Pt 3,8-9): “Siate tutti concordi, partecipi delle gioie e dei dolori degli altri, animati da affetto fraterno, misericordiosi, umili; non rendete male per male, ne ingiuria per ingiuria, ma al contrario, rispondete benedicendo; poiché a questo siete stati chiamati per avere in eredità la benedizione”.
E ricorro anche alle parole dell’apostolo Paolo:
“…amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda. Non siate pigri nel fare il bene, siate invece ferventi nello spirito; servite il Signore. Siate lieti nella speranza, costanti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera…. premurosinell’ospitalità.
Benedite coloro che vi perseguitano, benedite e non maledite. Rallegratevi con quelli che sono nella gioia; piangete con quelli che sono nel pianto. Abbiate i medesimi sentimenti gli uni verso gli altri; non nutrite desideri di grandezza; volgetevi piuttosto a ciò che è umile. Non stimatevi sapienti da voi stessi” (Rm 12, 9-16).
E per quanto mi riguarda spero di poter far mie, quando sarà, le parole di Paolo: “Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede”.
Spero tanto nella corona di giustizia che il Signore, giudice giusto,vorrà consegnarmi in quel giorno.
A voi tutti, rinnovando la mia gratitudine chiedo solo una preghiera.
Grazie!
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