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II Domenica del T.O. – La manifestazione della gloria di Cristo passa attraverso la madre.

Nella prima lettura la profezia ci fa contemplare con un unico sguardo l’itinerario che parte dalla nostra umiliazione e giunge alla gloria. Ciascuno di noi e l’umanità, che ha nella Chiesa le primizie della redenzione, può vedere il punto di partenza del suo cammino e quello finale dell’arrivo. Entro quest’arco s’iscrive tutta la storia della Chiesa, dei popoli e di ciascuno.   Le parole proclamate sono di grande consolazione e speranza. Il testo presenta pure la realtà dei nuovi cieli e della nuova terra dove è collocata la Sposa redenta e in questa terra abiterà pure lo Sposo;  infatti  la nuova  creazione  ha  il  suo principio nell’umanità dello Sposo, il cui splendore divino s’irradia in questi nuovi spazi.

Nella seconda lettura la pericope 4-11 è dominata dallo Spirito, il medesimo e l’unico. I termini carismi, divisioni, operazioni sono espressi nei verbi: dare (7.8), dividere (11), operare (11). È chiaro che i carismi, i servizi e le energie sono operazioni che non sono conferiti una volta per sempre a ciascuno ma incessantemente in rapporto all’utilità e come vuole lo Spirito. La sorgente è lo Spirito che si manifesta con questo o quel dono ora in questo ora in quello come Egli vuole e in rapporto all’utilità. I carismi non sono da cercare come segno di perfezione. Nessuno è privo di doni perché tutti edificano il Corpo che è la Chiesa.

 

Nel brano del Vangelo   al centro del racconto delle nozze di Cana c’è Maria. Persino Gesù e i discepoli appaiono in una luce più sfumata. Per l’evangelista la figura della madre è senza dubbio centrale, ed è da lei che l’attenzione si proietterà poi su Gesù. Il miracolo, la manifestazione della gloria di Cristo passa attraverso la madre.

Nella narrazione  tutti hanno qualcosa da fare: chi nella cucina, chi al servizio, chi   agli   strumenti  musicali. Soltanto Maria vede l’insieme, ha il colpo d’occhio e capisce che cosa di essenziale sta succedendo e che cosa di essenziale sta mancando. Questo è lo spirito contemplativo di Maria, il suo dono della sintesi, la capacità di attendere alle cose particolari.

Certamente anche lei avrà avuto qualche impegno di aiuto materiale: tuttavia badava alle singole cose e contemplava il colpo d’occhio cogliendo la situazione.

Maria percepisce il gemito inespresso del mondo e lo esprime semplicemente: “Non hanno più vino”. E’ l’unica a dire questa parola. E’ probabile che altri se ne stessero accorgendo ma come in un sogno: vedono che qualcosa sta venendo meno, e non sapendo come fare, preferiscono proseguire fingendo di niente.

Questo meraviglioso dono contemplativo dovrebbe desiderarlo ogni donna: non è la perizia, la destrezza nel fare questo o quello, la specializzazione delle capacità umane, ma è una percezione complessiva, che sa conservare il senso del tutto.

Il carisma di Maria è lo sguardo confortante all’insieme del corpo ecclesiale, che la rende attenta per tutti i punti dolenti e pronta ad esprimerli, a provvedere, avvisando chi di dovere, facendo intervenire altri. A Cana infatti Maria non provvede direttamente alla necessità del vino, ma la mette in luce, la pone in rilievo e l’affida al Figlio.

Maria ci deve aiutare a scoprire ciò che manca, non per accusare o recriminare, ma per soffrire e per amare. E anzitutto deve aiutarmi a scoprire quello che manca in me, quel “non so che” che dà il di più: forse sono piccole cose che mi mancano, piccoli passi che devo compiere nella disciplina del corpo, dello spirito, della mente, piccoli perdoni, piccole rinunce da vivere, piccole tensioni da coprire o piccole parole da frenare. Forse mi manca poco perché si manifesti il buon vino.

Maria è sicura del suo figlio, perché è il Figlio di Dio.

Forse è questa certezza a cui veniamo meno più facilmente. Magari ci accorgiamo della mancanza del vino, magari ci immedesimiamo un po’ tristemente nella secchezza della nostra vita, delle nostre comunità, delle nostre chiese locali. Non riuscendo tuttavia a passare il guado della fede, ci arrestiamo nella considerazione amara della situazione oppure cerchiamo delle soluzioni inadeguate. Non crediamo abbastanza, ci manca quel salto di qualità che non consiste nel cercare la chiave del tesoro nascosto, bensì nella sicurezza in Gesù anche nelle cose più semplici, anche nelle espressioni più immediate della vita.   (Cardinale Carlo Maria Martini, in Maria, la donna del suo popolo 1984))

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