IV Domenica di Quaresima – La nostra vicenda è orribile mescolanza di figlio maggiore nelle pretese, presunzione e giudizio sugli altri e figlio minore perché ne facciamo di tutti i colori.
L’infamia d’Egitto, ricordata nella PRIMA LETTURA, è la schiavitù che non scompare fino a che i figli d’Israele non sono entrati nella terra promessa. Il passaggio del Giordano, la circoncisione e il mangiare la pasqua nella terra data a loro in eredità sono i segni che conducono i figli d’Israele alla libertà. Essi prendono possesso della terra osservando con esattezza la Legge del Signore per quello che riguarda la Pasqua. La carica profetica della Pasqua celebrata in Egitto ancora in schiavitù si attua nelle steppe di Gerico e quindi nella propria terra come uomini liberi.
Nella prima Pasqua mangiano il nutimento preparato in fretta e scarso quindi incapace di poterli nutrire per tutto il viaggio. Nel suo significato simbolico esso rappresenta la conoscenza dell’uomo naturale che non può nutrirlo nel cammino della vita .. Nella pasqua celebrata da uomini liberi mangiano i prodotti della terra, àzzimi e frumento abbrustolito. È questo il nutrimento nuovo … ha inizio il nuovo modo di nutrirsi legato alla terra. La manna è stata il cibo del della peregrinazione nel deserto. Il suo cessare indica una nuova condizione. D’ora in poi non sarà più il Signore a nutrirli direttamente ma la terra. Il nutrimento della terra è condizionato all’osservanza dei comandamenti
Nella SECONDA LETTURA la proclamazione che La riconciliazione a Dio mediante Cristo è l’evento supremo della storia della salvezza. Con essa tutto un mondo finisce: “le cose vecchie sono passate”. Siamo dentro ad una nuova creazione: “Tanto che, se uno è in Cristo, è una nuova creatura”! “L’Apostolo è ministro di questa riconciliazione per incarico di Dio stesso. …ma il ministero apostolico porta anche noi, che ne riceviamo lo straordinario beneficio, ad essere ministri-servi di tale riconciliazione universale! Questo “ministero” non è un potere! Noi siamo comunicatori”. Siamo “via” di questa comunicazione:
Dei tre protagosti del brano del VANGELO il Padre è immagine di qualcuno a cui affidarci senza riserve. …. La sua figura ha al tempo stesso tratti paterni e materni: se ne può parlare come del Padre nelle cui braccia si è sicuri e come della Madre a cui ancorare la vita che da essa riconosciamo. E’ pertanto evocazione dell’origine, del grembo, della patria, della casa, del focolare, del cuore a cui rimettere tutto ciò che siamo, del volto a cui guardare senza timore. Il bisogno del Padre è quindi equiparabile al bisogno di un riferimento e di un rifugio paterno e materno e può essere espresso indifferentemente con metafore maschili e femminili. ….. ( C.M. Martini: Ritorno al Padre di Tutti )
Il figlio minore .. andandosene da casa si allontana dall’amore del padre . Precipitato nella miseria più estrema il suo ritorno ha poco di conversione, solo il bisogno di una vita più agiata lo spinge al Padre preporandosi ad una accoglienza piena di rimproveri .. invece trova un papà che gli corre incontro, lo veste con l’abito del figlio, imbandisce per lui un banchetto, lo abbraccia e lo bacia, ..Proprio come aveva profetizzato Osea: Dio continua ad amare il suo popolo mentre questi si prostituisce, e, appena può, lo riabbraccia e lo riprende (cf. Os 1,2; 11,8-9) ( E. Bianchi )
Il figlio maggiore: fisicamente non si è mai allontanato da casa, ma vive lì quasi come un estraneo, senza riuscire a cogliere la grandezza del cuore del padre! ( N. Galantino )
… La nostra vicenda è orribile mescolanza di figlio maggiore nelle pretese, presunzione e giudizio sugli altri e figlio minore perché ne facciamo di tutti i colori» (d. G. Dossetti, appunti di omelia, Gerico, 16.3.80).
Affermare che l’uomo è figlio di Dio è facile, e tutti gli uomini religiosi lo fanno, perché hanno cara la teologia ortodossa. È invece più faticoso dire che l’uomo è “mio fratello”, ma è esattamente questo il compito che ci attende. ( E. Bianchi)
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