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XX Domenica del T.O. – Il fuoco dell’amore, acceso da Cristo nel mondo per mezzo dello Spirito Santo, è un fuoco senza limiti, universale che brucia ogni divisione fra individui, categorie sociali, popoli e nazioni.

L’episodio proclamato nella prima lettura è mirabile nella sua splendida semplicità.

In pochi tratti viene disegnato il mistero della storia e la sua direzione pasquale.

Colpisce la profonda mitezza di Geremia: egli in tutto la narrazione non parla mai!  

  Notiamo anche il contrasto tra gli aggressori di Geremia e colui che lo libera. Essi sono appartenenti al popolo, ed evidentemente costituiti in una certa potenza.

Il “liberatore” porta nel suo stesso nome – e anche nel suo essere eunuco – una connotazione servile ( Ebed Melek vuol dire Servo del Re), ed è uno straniero.  L’accusa rivolta contro Geremia è di particolare profondità: egli “non cerca la pace del popolo ma il male” (v.4). Ricordiamo che – tenuto conto  della tradizione ebraico-cristiana ciò che è bene per il Signore può sembrare male agli uomini.   In ultimo è chiarissima l’immagine pasquale di questa fossa di morte nella quale il profeta viene immerso e dalla quale viene tirato fuori.

 

Nella seconda lettura  “moltitudine di testimoni” vengono chiamati tutti coloro che ci hanno mostrato la fede nelle sue innumerevoli manifestazioni.

Essi diventano il potente invito perché anche noi intraprendiamo e proseguiamo il cammino della nostra vita.

Per questo abbiamo bisogno di essere leggeri e agili: dobbiamo poter deporre tutto quello che, non necessariamente cattivo, sarebbe un peso affaticante, inutile e alla fine dannoso.

Ed è necessario che ci svincoliamo dai peccati che ci assediano.  Perché la vita, più che un cammino, è proprio una corsa che, però deve essere fatta nella perseveranza di  “tenere fisso lo sguardo su Gesù”. Perché solo Lui  consente di affrontare, discernere, giudicare questioni rispetto alle quali Egli potrebbe apparire storicamente del tutto lontano. Per questo anche l’esperienza spirituale più modesta è in grado di constatare come Lui, e Lui solo, sappia indicare orizzonti di pensiero e di azione, liberi da dogmatismi, pesantezze, fondamentalismi, superficialità, mondanità….

 

Nel brano del vangelo Gesù avverte i discepoli che è giunto il momento della decisione. La sua venuta nel mondo, infatti, coincide con il tempo delle scelte decisive: non si può rimandare l’opzione per il Vangelo. E per far comprendere meglio questo suo richiamo, si avvale dell’immagine del fuoco che Lui stesso è venuto a portare sulla terra. Dice così: «Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso!» (v. 49). Queste parole hanno lo scopo di aiutare i discepoli ad abbandonare ogni atteggiamento di pigrizia, di apatia, di indifferenza e di chiusura per accogliere il fuoco dell’amore di Dio; quell’amore che, come ricorda San Paolo, «è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo» (Rm 5, 5). Perché è lo Spirito Santo che ci fa amare Dio e ci fa amare il prossimo; è lo Spirito Santo che tutti abbiamo dentro.    

Gesù ci chiama a diffondere nel mondo questo fuoco, grazie al quale saremo riconosciuti come suoi veri discepoli. Il fuoco dell’amore, acceso da Cristo nel mondo per mezzo dello Spirito Santo, è un fuoco senza limiti, è un fuoco universale  che brucia ogni divisione fra individui, categorie sociali, popoli e nazioni. La testimonianza del Vangelo brucia, brucia ogni forma di particolarismo e mantiene la carità aperta a tutti, con la preferenza per i più poveri e gli esclusi.  Il Vangelo si manifesta davvero come il fuoco che salva, che cambia il mondo a partire dal cambiamento del cuore di ciascuno.

In questa prospettiva, si comprende anche l’altra affermazione di Gesù riportata «Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione» (Lc 12,51). Egli è venuto a “separare col fuoco”. Il bene dal male, il giusto dall’ingiusto. In questo senso è venuto a “dividere”, a mettere in “crisi” – ma in modo salutare – la vita dei suoi discepoli, spezzando le facili illusioni di quanti credono di poter coniugare vita cristiana e mondanità, vita cristiana e compromessi di ogni genere, pratiche religiose e atteggiamenti contro il prossimo. ( Papa Francesco)

 

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