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XXI Domenica del T.O. – Per la salvezza è necessario attraversare il passaggio giusto che è per tutti..ma stretto!

La prima lettura  è tratta dal terzo Isaia  ed  annuncia come Dio non si leghi ad un popolo, ad una lingua, ad una cultura, ad un metodo, ad una teologia .. a nulla di umano, ma sa raggiungere tutti i popoli e tutte le lingue. … arriverà a lidi lontani, alle genti che non hanno udito parlare di Lui, che non hanno visto la sua gloria e, per di più, anche tra queste culture e queste genti si prenderà sacerdoti e leviti. È una Parola molto rivoluzionaria per la mentalità di Israele che era e che è fortemente nazionalista e fortemente particolarista, invece Isaia nel suo  modo di raccontare l’amore di Dio, ci dice che Dio sta cercando ogni diversità e ogni particolarità.

 

La seconda lettura  cita, ai vers.5-6, il testo di Proverbi 3,11-12. .. Si tratta di un duplice invito: non trascurare la correzione, e non farsene scoraggiare. Dunque una lettura positiva degli eventi, delle parole e di ogni situazione che razionalmente giudicheremmo negativa, e che invece contiene elementi importanti di crescita della nostra relazione figliale con il Padre.

Vi si sottolinea l’amore paterno che presiede alla correzione.L’autore della lettera agli Ebrei applica il testo alle prove della vita, esortando a cogliere anche le più dolorose, anche le persecuzioni, come momento dell’amorosa pedagogia divina: “E’ per la vostra correzione che voi soffrite! Dio vi tratta come figli… Certo ogni correzione sul momento non sembra causa di gioia, ma di tristezza; dopo però arreca un frutto di pace e di giustizia per quelli che sono stati addestrati” (Ebrei 12, 7-11).” ( C.M. Martini )

 

Il Vangelo  di oggi ci presenta Gesù che passa insegnando per città e villaggi, diretto a Gerusalemme, dove sa che deve morire in croce per la salvezza di tutti noi. In questo quadro, si inserisce la domanda di un tale, che si rivolge a Lui dicendo: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?». …Gesù però capovolge la domanda – che punta più sulla quantità, cioè “sono pochi?…” – e invece colloca la risposta sul piano della responsabilità, invitandoci a usare bene il tempo presente. Dice infatti: «Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno»

Con queste parole, Gesù fa capire che non è questione di numero, non c’è il “numero chiuso” in Paradiso! Ma si tratta di attraversare fin da ora il passaggio giusto, e questo passaggio giusto è per tutti, ma è stretto. Questo è il problema. Gesù non vuole illuderci, dicendo: “Sì, state tranquilli, la cosa è facile, c’è una bella autostrada e in fondo un grande portone…”. Non ci dice questo: ci parla della porta stretta. Ci dice le cose come stanno: il passaggio è stretto. In che senso? Nel senso che per salvarsi bisogna amare Dio e il prossimo, e questo non è comodo! È una “porta stretta” perché è esigente, l’amore è esigente sempre, richiede impegno, anzi, “sforzo”, cioè una volontà decisa e perseverante di vivere secondo il Vangelo. San Paolo lo chiama «il buon combattimento della fede» (1Tm 6,12). Ci vuole lo sforzo di tutti i giorni, di tutto il giorno per amare Dio e il prossimo.

E, per spiegarsi meglio, Gesù racconta una parabola. C’è un padrone di casa, che rappresenta il Signore. La sua casa simboleggia la vita eterna, cioè la salvezza. E qui ritorna l’immagine della porta. Gesù dice: «Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta dicendo: “Signore, aprici”. Ma egli vi risponderà: “Non so di dove siete”»

Queste persone allora cercheranno di farsi riconoscere, ricordando al padrone di casa: “Io ho mangiato con te, ho bevuto con te… ho ascoltato i tuoi consigli, i tuoi insegnamenti in pubblico…” (cfr v. 26);”. Ma il Signore ripeterà di non conoscerli, e li chiama «operatori di ingiustizia». Ecco il problema! Il Signore ci riconoscerà non per i nostri titoli ; no, i titoli non contano. Il Signore ci riconoscerà soltanto per una vita umile, una vita buona, una vita di fede che si traduce nelle opere.

E per noi cristiani, questo significa che siamo chiamati a instaurare una vera comunione con Gesù, pregando, andando in chiesa, accostandoci ai Sacramenti e nutrendoci della sua Parola. Questo ci mantiene nella fede, nutre la nostra speranza, ravviva la carità. E così, con la grazia di Dio, possiamo e dobbiamo spendere la nostra vita per il bene dei fratelli, lottare contro ogni forma di male e di ingiustizia.    ( Papa Francesco)

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