XV DOMENICA DEL T.O. – La Parola di Dio non è una Parola astratta … ma Cristo stesso
Nella PRIMA LETTURA il Signore stesso parla di sé, dei propri «pensieri», della propria «parola», delle proprie azioni. I pensieri degli esiliati non sono conformi a Dio. La sua parola, che nasce dai suoi pensieri e si traduce nelle sue «vie», va e torna lui compiendo ciò che Egli desidera, «come la pioggia e la neve».
Come la Parola, così il popolo è in un movimento eterno che si svolge in Dio. Anche l’iniquo può tornare, perché sa che troverà misericordia.
La SECONDA LETTURA ci ricorda che non siamo più nell’attesa della salvezza, ma nell’attesa della sua pienezza.
Per questo“le sofferenze del tempo presente”” non sono paragonabili alla gloria futura che sarà rivelata in noi”(ver.18). E con noi – cioè l’intera umanità, sia o no consapevole! – l’intera creazione è “protesa verso la rivelazione dei figli di Dio”(ver.19). Dunque c’è uno stretto legame tra la vicenda dell’umanità e tutta la creazione. Questa è totalmente coinvolta nel dramma e nella speranza dell’umanità. Anch’essa quindi “sarà liberata dalla corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio”(ver.21
Come la creazione, così anche noi, “che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo”(ver.23), non perché non l’abbiamo ricevuta, ma, proprio perché l’abbiamo già in germe ricevuta, percorriamo la via radicalmente nuova – la vita nuova! – lungo la quale Gesù ci conduce. Per questo la speranza non è per noi una vaga condizione di ottimismo esposta a conseguenze alienanti, ma al contrario! La speranza è l’interpretazione rigorosa e la norma severa di pensiero e di azione di tutta la nostra vita.
Nel VANGELO di questa domenica (cfr Mt 13,1-23) Gesù racconta a una grande folla la parabola – che tutti conosciamo bene – del seminatore, che getta la semente su quattro tipi diversi di terreno. La Parola di Dio, simboleggiata dai semi, non è una Parola astratta, ma è Cristo stesso…
Ci sono diversi modi di ricevere la Parola di Dio. Possiamo farlo come una strada, dove subito vengono gli uccelli e mangiano i semi. Questa sarebbe la distrazione, un grande pericolo del nostro tempo. ….
Un’altra possibilità: possiamo accogliere la Parola di Dio come un terreno sassoso, con poca terra. Lì il seme germoglia presto, ma presto pure si secca, perché non riesce a mettere radici in profondità. È l’immagine di quelli che accolgono la Parola di Dio con l’entusiasmo momentaneo che però rimane superficiale, non assimila la Parola di Dio.
Possiamo, ancora – una terza possibilità di cui Gesù parla nella parabola – accogliere la Parola di Dio come un terreno dove crescono cespugli spinosi. E le spine sono l’inganno della ricchezza, del successo, delle preoccupazioni mondane… Lì la Parola cresce un po’, ma rimane soffocata, non è forte, muore o non porta frutto.
Infine – la quarta possibilità – possiamo accoglierla come il terreno buono. Qui, e soltanto qui il seme attecchisce e porta frutto. La semente caduta su questo terreno fertile rappresenta coloro che ascoltano la Parola, la accolgono, la custodiscono nel cuore e la mettono in pratica nella vita di ogni giorno.
Questa del seminatore è un po’ la “madre” di tutte le parabole, perché parla dell’ascolto della Parola. Ci ricorda che essa è un seme fecondo ed efficace; e Dio lo sparge dappertutto con generosità, senza badare a sprechi. … Ognuno di noi è un terreno su cui cade il seme della Parola, nessuno è escluso. La Parola è data a ognuno di noi. ( Papa Francesco)
Terra buona è colui che ascolta e comprende e, secondo la potenza dello Spirito, che gli è data, produce nell’intelligenza di quella parola cento, mentre in quell’altra parola produce sessanta e infine vi è una parola, in lui seminata, che produce trenta. Infatti a ciascuno è data un’intelligenza particolare della Parola e in base alla sua comprensione produce. Se guardiamo al Cristo, pienezza delle divine Scritture, in lui la Parola produce tutta e solo il centuplo; se guardiamo ai suoi santi vediamo che il dono loro conferito mette in luce la potenza di questa o quella parola nella quale producono il centuplo; in tal modo l’intero corpo in rapporto a tutta la Parola produce il centuplo e la Chiesa appare così la pienezza di colui che si realizza interamente in tutte le cose (Ef 1,23).
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