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XX DOMENICA el T.O. – In Gesù l’ascolto della sofferenza dell’altro fa parte della sua identità di Servo del Signore che si addossa fragilità e malattie delle moltitudini.

Nella PRIMA LETTURA , il Signore fa una promessa al suo popolo: il suo tempio  (“la sua casa”) non sarà un luogo di discriminazione e neppure di confusione, ma piuttosto “casa di preghiera per tutti i popoli”. E le iniziative che Dio metterà in atto sono tutte volte a far diventare questo sogno una realtà: è Lui stesso, infatti, che prende per mano gli esclusi, per accompagnarli nella sua “casa di preghiera” (cfr. parte conclusiva 2ª lettura). Questo, dunque, il “sogno” di Dio, un sogno che continua a essere attuale anche per noi e alla cui realizzazione Egli chiama a prendere parte soprattutto gli “ ultimi” e gli “ esclusi.

Nella SECONDA LETTURA  Paolo si presenta  portatore dell’annuncio di salvezza: egli sta ai confini tra il popolo ebraico – a cui appartiene per sangue – e il popolo dei pagani, culturalmente unificato dall’Impero di Roma. I gentili sono in attesa di salvezza, e Paolo rende onore al suo ministero annunciando a loro la salvezza fino a suscitare, se possibile, la gelosia degli ebrei che si sentivano proprietari della promessa di Dio.     Questa ambivalenza è un grande messaggio per noi che ci troviamo, in qualche modo, nella stessa condizione. Anche se non ce ne accorgiamo – ed è un errore tipico delle fasi di transizione – noi siano interni a un mondo chiuso, pieno di presunzione che riteneva di aver elaborato per tutte le genti i modelli di vita, di elevazione, di progresso. E questi modelli sono stati imposti lontano dai nostri confini, come un giogo, a popoli diversi, e molto spesso (diciamocelo con pentimento, con angoscia anche) sono stati imposti in nome di Gesù Cristo come condizioni di salvezza. ( P. Ernesto Balducci )

 

« La tua fede ti ha salvato! ». domina la pagina del VANGELO di questa domenica nell’incontro di Gesù con una donna cananea, una straniera rispetto ai giudei. La scena si svolge mentre Egli è in cammino verso le città di Tiro e Sidone, è qui che la donna implora Gesù di guarire sua figlia la quale – dice il Vangelo – «è molto tormentata da un demonio» Il Signore, in un primo momento, sembra non ascoltare questo grido di dolore, tanto da suscitare l’intervento dei discepoli che intercedono per lei. L’apparente distacco di Gesù non scoraggia questa madre, che insiste nella sua invocazione. La forza interiore di questa donna, va ricercata nel suo amore materno e nella fiducia che Gesù può esaudire la sua richiesta. …. La sua insistenza nell’invocare l’intervento di Cristo è per noi stimolo a non scoraggiarci, a non disperare quando siamo oppressi dalle dure prove della vita. Il Signore non si volta dall’altra parte davanti alle nostre necessità e, se a volte sembra insensibile alle richieste di aiuto, è per mettere alla prova e irrobustire la nostra fede. Noi dobbiamo continuare a gridare come questa donna: “Signore, aiutami! Signore, aiutami!”. ..   ( Papa Francesco)

In questo racconto …  è una donna, peraltro una pagana, che rende evento il Vangelo! Detto altrimenti, attraverso l’immagine dei cagnolini – o meglio dei cani domestici – la donna spezza il confine ideologico e indica una possibile realtà da salvare. Ciò che qui avviene è “il miracolo dell’incontro. A causa di questo incontro decisivo Gesù inaugura una nuova fase: questa pagana mette ‘al mondo’ Gesù, gli fa scoprire l’universalità della sua missione” (Élian Cuvillier).    Non possiamo non mettere in evidenza come per Gesù l’incontro con un’altra persona è vero nella misura in cui non solo egli cambia chi incontra, ma subisce anche un cambiamento in se stesso proprio a causa dell’incontro.   Gesù si sente un ebreo, un figlio di Israele, appartenente al popolo delle promesse e delle benedizioni, al quale è destinata in primo luogo la sua missione. E tuttavia sa anche che la storia della salvezza riguarda tutta l’umanità e che l’ascolto della sofferenza dell’altro, un ascolto mai escludente, fa parte della sua identità di Servo del Signore che si addossa fragilità e malattie delle moltitudini (rabbim; cf. Mt 8,17 e Is 53,4). Ecco la non chiusura di Gesù, la non rigidità della sua missione, l’atteggiamento di apertura verso l’altro, chiunque sia.   (E. Bianchi )

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