I DOMENICA DI AVVENTO – Vegliare è un esercizio faticoso … ma è un esercizio generato e sostenuto da una speranza salda:qualcuno che, amato, invocato, ardentemente desiderato, sta per venire.
La PRIMA LETTURA comincia con un’affermazione molto forte: la paternità di Dio si esprime nella redenzione: da sempre ti chiami nostro redentore. Poi una domanda: «perché ci lasci vagare?», espressione che rivela una grande sofferenza. Segue poi l’implorazione di una Teofania di Dio, invocazione che anima la speranza che il Signore discenda squarciando i cieli, superando le precedenti teofanie ( come quella del Sinai). Venendo ad abitare tra noi, il popolo, come argilla, si farà trasformare in nuove creature. La supplica apre il cuore alla speranza fondata su quel legame indissolubile che fa di Dio il Padre del popolo, che non può abbandonare.
Grazie e pace proclama la SECONDA LETTURA : la pace segue la grazia. Questa operazione della grazia si compie in Gesù – v. 7: non vi manca nulla (cf. v. 5); e definisce i cristiani con una locuzione: «voi che aspettate la rivelazione di N.S.G.C.». È solo in questo senso che ci possiamo dire cristiani. Il cristianesimo non è sequela di una dottrina, ma aspettativa di un incontro di una rivelazione – Siamo gente proiettata verso un ritorno – v.8: «irreprensibili»: senza imperfezione (cfr. Apoc.). Il dato assoluto che ci garantisce di tutto questo è la fedeltà di Dio (v. 9); Egli ci ha già con uniti nel Cristo (d. G. Dossetti, abbazia di Monteveglio, 1969).
La vigilanza, tema del VANGELO odierno, è virtù del tempo intermedio fra la prima e la seconda venuta del Cristo , condizionante il tempo intermedio; la carità consumata non la possiamo afferrare altro che nella vita eterna. Quaggiù noi possiamo solo protenderci verso la carità: vegliando
La nostra vigilanza è correlativa alla certezza che Dio è fedele (1Cor 1) e viceversa. Questa vigilanza è anche gioia… L’attesa vigilante e confidente dell’incontro con Cristo che ritorna, riguarda l’universalità dei chiamati (Mc 13,37) – Io non posso essere sicuro del mio incontro se non per la vigilanza di tutta la Comunità – La spiritualità dell’Avvento è speranza e vigilanza della Chiesa nel suo insieme.( d. G. Dossetti, abbazia di Monteveglio, 1969).
Vegliare è un esercizio faticoso, perché in esso occorre impegnare la mente e il corpo, ma è un esercizio generato e sostenuto da una speranza salda: c’è qualcuno che giunge, qualcuno che è alla porta; qualcuno che, amato, invocato, ardentemente desiderato, sta per venire. Non è un caso che sanno vegliare soprattutto le sentinelle e gli amanti… Nessuna possibilità di vivere come addormentati, in un triste sonnambulismo spirituale… Vegliamo perciò e stiamo attenti, ricordando le parole di Ignazio Silone il quale, a chi gli chiedeva perché non divenisse cristiano, rispose: «Perché mi sembra che i cristiani non attendano nulla!» (E. Bianchi)
Lascia un commento