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V DOMENICA del T.O. – La Chiesa è lo spazio spirituale e fisico dove Gesù opera la guarigione completa degli uomini. 

Le riflessioni di Giobbe, che scaturiscono dalla sua situazione, ascoltate nella PRIMA LETTURA sono rivolte alla morte e al rapido correre della vita umana verso di essa. Ma mentre lo schiavo sospira l’ombra  e il mercenario aspetta il suo salario  per un nuovo modo di essere a Giobbe questa piccola speranza gli è stata negata. A lui sono toccati mesi di illusione e notti di affanno gli sono state assegnate. Per lui neanche una piccola speranza. Non c’è per lui un giorno nuovo.  Per lui la notte è solo un continuo rigirarsi.

« L’unica speranza  di Giobbe è che Dio stesso si prenda cura di lui; è  un lampo, ma è un lampo che viene subito sommerso da quanto dirà nei versetti successivi “…mi cercherai e più non sarò! ”   Leggendo versetto per versetto, vediamo descritta  lucidamente  la situazione dell’uomo,  come una situazione senza speranza di per sé se non per  un intervento che Giobbe osa  appena accennare, ma lo accenna quasi come dire: no, non è possibile. Questa apertura: che  Dio stesso possa prendere su di sé il suo peccato è un grande lamento, una grande elegia. La grande chiarezza con cui Giobbe, senza attenuare niente, mette tutto se stesso davanti a Dio, tutta la pienezza del suo dolore, fa  di questo grido un grido profetico. Talmente grande, talmente estremo è il suo dolore che  non è più solo il  dolore di  Giobbe, ma quello della vita dell’uomo( S. Agnese 1999)

 A differenza della legge mosaica   che giustifica  l’esigenza di compensare la fatica di chi si spende nell’annuncio evangelico, nella SECONDA LETTURA,  Paolo rivendica per sè, e come “ricompensa”(!!), la totale gratuità del suo ministero.  Viene spontaneo un affascinante e severo interrogativo: la gratuità del ministero resta una particolare esigenza di Paolo, oppure chiede lo stesso atteggiamento a chiunque abbia ricevuto il dono di Dio?  La grande  “diaconia” di Paolo celebra nella sua stessa persona quello che noi crediamo e celebriamo nell’ “incarnazione del Verbo”, nel Figlio di Dio che per noi si è fatto carne.! Per “servire” nell’amore il fratello devi amarlo entrando nella sua storia e quindi condividendone ogni povertà.

 

Nel  BRANO EVANGELICO vi è un quadro forte della salvezza, che a noi ricapitola l’intero messaggio evangelico e anticipa profeticamente tutta l’opera del Cristo.  Egli, che è uscito dal Padre e viene nel mondo, opera con forza la redenzione dai demoni e accostandosi a noi ci afferra con potenza, ci strappa dalla morte e dal suo potere, ci fa risorgere e ci dà la possibilità di rendere culto e di servire. Di questo ha bisogno sia Israele che tutti gli uomini per cui la casa in cui Egli si trova diviene il luogo dove Egli opera la redenzione. La Chiesa è lo spazio spirituale e fisico dove Egli opera la guarigione completa degli uomini.  In questo brano noi sentiamo tutta la forza della redenzione. Il sabato completa questa creazione. La «terapia» del Cristo avviene nel primo giorno, il suo giorno e ci porta nella gioiosa speranza della nostra piena redenzione.

La sua azione converge nella sua preghiera compiuta prima dello spuntar della luce. Tutto è forte in Lui e tutto in Gesù è dono per noi. Egli ci visita con la misericordia viscerale del Padre che non vuole che nessuno si perda

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