VI DOMENICA DI PASQUA – L’amore di sua natura tende all’infinito e Cristo lo spinge fino alla vetta superiore e irraggiungibile, quella di Dio
L’incontro di Pietro con Cornelio della PRIMA LETTURA mostra subito il legame di reciprocità che si instaura progressivamente. La parola di Pietro, che attesta: “anch’io sono un uomo”, lascia capire che l’incontro ha il suo fondamento sulla base dell’uguale e riconosciuta dignità umana, al di là della diversità etnica e religiosa.
Lo Spirito ha fatto cadere le barriere attraverso il coraggio di un incontro umanamente impensabile. È fondamentale l’affermazione-conversione di Pietro: : «In verità, sto rendendomi conto che Dio non fa preferenza di persone, ma accoglie chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque nazione appartenga».
Non esiste una religione, un popolo, una condizione umana che appartenga a Dio e un’altra, o altre, che non vi appartengono. È la inequivocabile smentita di ogni integralismo religioso ed etnico: chi discrimina le persone nega quel Dio a cui afferma di appartenere
La SECONDA LETTURA proclama che L’amore vicendevole non ha origine da noi, ma da Dio, che è in noi. Nell’amore vicendevole noi esprimiamo il nostro essere figli e manifestiamo la nostra origine divina. Il Figlio è stato messo dentro la melma della nostra miseria perché noi fossimo trasfigurati nella sua gloria: è lì tutto l’amore del Padre. Quindi noi non abbiamo potuto amare Dio perché non eravamo capaci di amarlo, perché eravamo schiavi degli idoli, amavamo ciò che non è Dio; ma Dio ci ha fatto conoscere il suo amore nel suo Figlio, dove è tutto l’amore del Padre, per noi, per sempre.
L’amore fraterno è la via per giungere a conoscere l’Amore di Dio. Noi possiamo misurare sempre il grado di conoscenza che abbiamo di Dio, che non vediamo, dall’amore verso i fratelli.
La tonalità dominante del brano del VANGELO è dichiarato in apertura: amarsi gli uni gli altri è «il comandamento» per eccellenza del Cristo e riassume in sé ogni altra proposta morale del Vangelo. L’amore del cristiano non si modella su quello pur alto degli eroi e dei santi, ma su quello, infinito, del Figlio di Dio. […] L’amore di sua natura tende all’infinito e Cristo lo spinge fino alla vetta superiore e irraggiungibile, quella di Dio. Non si può, perciò, essere mai contenti del proprio amore, esso è sempre in crescita, dev’essere sempre nuovo. Chi ama è pronto a donare tutto, la sua stessa vita per la persona amata, senza falsi e rimbombanti eroismi, ma nel silenzio e nella gioia. L’amore è rivelazione di ogni segreto, è affidamento del proprio io alle mani di un’altra persona che a sua volta si consegna liberamente all’altra. L’amore è gratuito, una scintilla accesa da Dio nel cuore dell’uomo: «Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi». Lo scrittore francese Julien Green affermava: «Amare, sino a morirne, qualcuno di cui non si sono mai viste le sembianze né intesa la voce, è tutto il cristianesimo». […] Altro valore dell’amore è nella sua capacità di dare frutto, di generare, di creare: «Andate e portate frutto e che il vostro frutto rimanga». Infinità, totalità, intimità, grazia e creatività: questi sono i cinque volti dell’amore che Gesù, nell’ultima sera della sua vita terrena, ci rivela e ci lascia come testamento. «Vi ho dato l’esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi». ( G. Ravasi)
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