PENTECOSTE – Non c’è nulla in Gesù che non sia del Padre perché il suo essere il Figlio, il Verbo di Dio, proclama la sua essenziale relazione con il Padre che non conosce alcuna limitazione.
La PRIMA LETTURA ci ricorda che la nostra festa di Pentecoste, – il nome “pentecoste” viene da un termine della lingua greca che significa “cinquanta” per ricordare i “cinquanta” giorni che distanziano questa ricorrenza dalle feste pasquali – era originariamente festa della mietitura e poi festa della rinnovazione dell’Alleanza del Sinai e quindi del dono della Legge. Tali sono le immagini del vento e del fuoco, citate ai vers.2-3. Festa della Parola di Dio nel dono dello Spirito. Il miracolo delle lingue si compie nel miracolo della comprensione della Parola di Dio in tutte le lingue! Grande è in tutti lo stupore.
Pur parlando lingue diverse, dichiarano: “li udiamo parlare nelle nostre lingue delle grandi opere di Dio”! Non capiscono come e perché questo avvenga, ma è il miracolo della Parola che deve raggiungere tutte le genti e tutte le lingue!
La SECONDA LETTURA sottolinea come le opere della carne sono la triste operosità dell’uomo peccatore! All’opposto, il frutto dello Spirito è l’operosità di Dio stesso in noi, che siamo morti al peccato e siamo risorti in Lui! Siamo risorti nel Signore, che è morto ed è risorto per noi! Tutto quello che in noi avviene e si compie come “frutto dello Spirito”, è lo Spirito del Signore a compierlo in noi! Per questo la nostra vita nuova nel Signore viene definita non come “opera” nostra, ma appunto come “frutto” della presenza in noi dello Spirito del Signore e suo frutto!
Lo Spirito, che procede dal Padre e ha in Lui il supremo riferimento come pure lo ha il Figlio, prende dal Figlio quanto annuncia ai discepoli perché tutto quanto ha il Padre è pure del Figlio. Gesù richiama quanto ha già detto in precedenza: non c’è nulla in Lui che non sia del Padre perché il suo essere il Figlio, il Verbo di Dio, proclama la sua essenziale relazione con il Padre che non conosce alcuna limitazione perché si estende secondo l’infinita pienezza dell’unica natura divina. […] La Parola proclamata nel VANGELO è immensa, ci butta nelle braccia dello Spirito. Senza lo Spirito non possiamo conoscere Gesù. Dall’altra parte non si può dire che lo Spirito rivela oltre il Cristo: La Parola e la Scrittura sono scelte di Dio e non sono un segno approssimativo del divino, ma sono tutto il divino, lo Spirito non ci fa capire cose che vanno oltre ma quelle cose come divine. Come quando dice “Figlio” lo Spirito non mi fa andare oltre questa parola, ma mi fa vedere la sua portata divina senza cancellarla; è autentica e adeguata al segno. Da una parte ci fa sentire l’immensa portata di Dio, però non ce lo fa conoscere esplorando abissi che sono al di là, ma esplorando abissi che sono nella parola e nei fatti del Cristo. Anche la liturgia è un fatto esterno – si dice – di fronte alla meditazione che scopre il divino: ma la liturgia ci immette nella vita divina anche al di là della coscienza. Bisogna invocare spesso lo Spirito che ci fa scendere sempre più nella profondità di Cristo» (d. G. Dossetti, appunti di omelia, Gerico, 3.12.1975).
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