XVI DOMENICA del T.O. – L’invito di Gesù a stare con lui è pieno di tenerezza, di sollecitudine per i discepoli, ma anche per Gesù è una necessità.
(Nel brano di Geremia – I LETTURA –) i falsi pastori ritengono – magari in nome di Dio – di avere il diritto di dispensare le coscienze dalla loro autonomia, dalla loro responsabilità, e si assumono il diritto di dare disposizioni e ordini in nome di Dio, senza premurarsi che le loro parole passino attraverso l’accoglimento libero delle coscienze. Ora, i falsi pastori, non sono quelli che portano scritta la falsità sulla fronte; anzi, spesso sono quelli più ammirati. Ma sono falsi pastori perché utilizzano il gregge secondo obiettivi che non hanno niente a che fare con la liberazione delle coscienze. ..
Essi danno disposizioni contando sulla nostra cieca obbedienza. … Nei momenti in cui dovrebbero parlare, non parlano. Se vengono le guerre e i cataclismi, per prudenza stanno zitti. Non sono delle guide delle coscienze. (Ernesto Balducci – “il mandorlo e il fuoco ” vol 2- anno B)
Per renderci conto della grandezza della SECONDA LETTURA dovremmo assumere la condizione di migrante , emarginato, reietto … per capire e condividere fino in fondo il dolore del rifiuto iniziando una vera con-versione noi, che pur frequentando gli ambienti ecclesiastici, siamo i veri lontani pur essendo accanto ai riti, noi che possiamo diventare i vicini grazie al sangue di Cristo, accogliendo chi è veramente vicino a Colui che “ spogliò se stesso “ per farsi l’ultimo degli ultimi. ( T&T)
Nel brano del VANGELO Gesù ci invita a “stare con lui”, per condividere con lui la preghiera al Padre, per approfondire la vocazione e la missione, per riposarsi. È un invito pieno di tenerezza, di sollecitudine per i discepoli, ma anche per Gesù è una necessità: egli deve fare discernimento sulla sua missione, soprattutto ora che Giovanni il Battista, con la morte violenta subita, diventa precursore anche del suo futuro. Lavorare, impegnarsi seriamente con tutta la propria persona è necessario ed è umano, ma lo è altrettanto la dimensione della solitudine, del silenzio, della quiete. ( E. Bianchi )
Il continuo agitarsi in una vita tumultuosa non è segno di operosità ma di irrequietezza della mente. Il correre frenetico ci ruba la capacità di pensare, di sostare per contemplare e per capire. L’agitarsi diventa, così, anche un modo per far tacere la coscienza, in maniera da impedire di rendere ragione a sé stessi del proprio agire. ( G. Ravasi )
Dobbiamo sentire nel nostro cuore la chiamata: “Fuggi, fa’ silenzio, cerca quiete” (Detti dei padri del deserto, Serie alfabetica, Arsenio 2) Senza ottemperare a questa esigenza, si cade nella superficialità, ci si disperde, si finisce per vivere senza sapere dove si va. Non si potrà però restare nella sosta: la folla spezzerà la quiete raggiunta reclamando l’amore, la compassione e la misericordia del “ Pastore buono”.
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