XXIII Dom del T.O. – Il comunicare autentico non è solo una necessità .. è anche un traguardo da raggiungere…una partecipazione al mistero di Dio che è comunicazione.
I profeti sono quelli che danno libera voce a ciò che nell’uomo normale resta represso e Isaia è di questi. Egli nella I LETTURA esorta ad unire gli estremi: lo zoppo che salta e il muto che canta: aspettativa che viene proclamata nella certezza che Dio stesso è garante della veridicità. E il tempo del suo compiersi è già presente dentro di noi, anche se ci sono molti scoraggiati che non credono più ad un cambiamento. È la comunità, allora, che è chiamata a testimoniare che è possibili quanto proclamato dai profeti.
Comunità che, come afferma Giacomo nella II LETTURA non è uno spazio sacro dove si fanno i giochi profetici, ma il luogo in cui si prende coscienza di ciò che deve essere la comunità umana .. l’Ecclesia, l’assemblea vera nella quale “non ci sono discriminazioni e neanche giudici perversi. Luogo dove i poveri sono gli “ scelti” dal Signore .. … ricchi nella fede ed eredi del del Regno, promesso a quelli che lo amano. (T&T)
Nel VANGELO il sordomuto diventa simbolo del non-credente che compie un cammino verso la fede. Infatti la sua sordità esprime l’incapacità di ascoltare e di comprendere non solo le parole degli uomini, ma anche la Parola di Dio. E san Paolo ci ricorda che «la fede nasce dall’ascolto della predicazione» (Rm 10,17).
Due i gesti che Gesù compie: tocca le orecchie e la lingua per ripristinare la relazione con quell’uomo “bloccato” nella comunicazione, e alza gli occhi al cielo e comanda: “Apriti!”, perché il miracolo è dono dall’alto. … L’insegnamento che traiamo da questo episodio è che Dio non è chiuso in sé stesso, ma si apre e si mette in comunicazione con l’umanità. Nella sua immensa misericordia, supera l’abisso dell’infinita differenza tra Lui e noi, e ci viene incontro .. . e si fa uomo: non gli basta parlarci mediante la legge e i profeti, ma si rende presente nella persona del suo Figlio, la Parola fatta carne. Gesù è il grande “costruttore di ponti”, che costruisce in sé stesso il grande ponte della comunione piena con il Padre.
Questo Vangelo ci parla anche di noi: spesso ripiegati e chiusi in noi stessi, trasformandoci in isole inaccessibili e inospitali. Persino nei rapporti umani più elementari : la coppia chiusa, la famiglia chiusa, il gruppo chiuso, la parrocchia chiusa, la patria chiusa… E questo non è di Dio! Questo è nostro, è il nostro peccato. Eppure all’origine della nostra vita cristiana, nel Battesimo, ci sono proprio quel gesto e quella parola di Gesù: “Effatà! – Apriti!”. E il miracolo si è compiuto: siamo stati guariti dalla sordità dell’egoismo e dal mutismo della chiusura e del peccato, e siamo stati inseriti nella grande famiglia della Chiesa; possiamo ascoltare Dio che ci parla e comunicare la sua Parola a quanti non l’hanno mai ascoltata, o a chi l’ha dimenticata e sepolta sotto le spine delle preoccupazioni e degli inganni del mondo. ( Papa Francesco )
In quest’uomo, che non sa comunicare e viene rilanciato da Gesù nel vortice gioioso di una comunicazione autentica, noi possiamo leggere la parabola del nostro faticoso comunicare interpersonale, ecclesiale, sociale.
Il comunicare autentico non è solo una necessità per la sopravvivenza di una comunità civile, familiare, religiosa. E’ anche un dono, un traguardo da raggiungere, una partecipazione al mistero di Dio che è comunicazione. … Non è un tema accessorio o “di lusso”. Si tratta di una condizione dell’essere uomo e donna e dell’essere Chiesa. (Carlo Maria Martini, EFFATA “APRITI”, Centro Ambrosiano, Milano, 1990, pp. 13-15)
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