XXVI Domenica del T.O – Il Signore ci educa ad andare oltre, ad aprire il cuore e a saper scorgere la sua presenza anche in luoghi e persone “non autorizzate”.
Nella PRIMA LETTURA lo Spirito riposa su Mosè secondo l’economia della Legge. Il fatto che Dio attinga da Mosè lo Spirito per comunicarlo ai settanta indica che Dio non esce da questa economia di cui Mosè è mediatore, ma è solo una economia parziale.. perchè data solo ai settanta ma il desiderio di Mosè che tutto il popolo sia profeta. Il dono dello Spirito non è solo su alcuni in rapporto alla missione che devono compiere (re consacrati, sacerdoti e profeti) ma è su tutti. Già in Es 19,6 viene detto :«Voi sarete per me un regno di sacerdoti…»
Nella SECONDA LETTURA viene ribadito con forza da Giacomo che le strutture sociali, quando sono basate sulla violenza, evidenziano nell’immediato la forza dei potenti ma la forza della fede della comunità cristiana sarà è in grado di rovesciare i potenti dai troni. I potenti infatti, calpestando i poveri e sottraendo loro molti beni, si sono affannati ad accumulare; ed è proprio questo desiderio di accumulare – e non i beni in quanto tali – che viene condannato. È certamente un brano che anticipa la connotazione conciliare della Chiesa come Chiesa dei poveri
…Nel brano del VANGELO continua tensione tra Gesù e i suoi, sempre incapaci di comprenderlo. Incomprensione che si manifesta nella puntualizzazione “Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva“…. È questa, certamente, una espressione che nasconde uno spirito di pretesa, il pensiero che solo i Dodici siano autorizzati a compiere gesti di liberazione nel nome di Gesù …Sono qui ritratte le nostre patologie ecclesiali, che a volte emergono fino ad avvelenare il clima nella chiesa, fino a creare al suo interno divisioni e opposizioni …. (E. Bianchi) […] Guai alla comunità cristiana che pensa di essere chiesa autentica, guai all’autoreferenzialità e all’autarchia spirituale, atteggiamenti di chi pensa di non avere bisogno delle altre membra, perché si crede lui il corpo di Cristo (cf. 1Cor 12,12-27 ) […] Fare il bene è un dovere, è una carta di identità che ha dato a tutti il nostro Padre, perché ci ha fatto a sua immagine e somiglianza. E lui fa il bene sempre. (dalle Omelie di papa Francesco a Santa Marta, 22 maggio 2013: Mc 9, 38-40).
[…]Il Signore ci educa ad andare oltre, ad aprire il cuore e a saper scorgere la sua presenza anche in luoghi e persone “non autorizzate”. … È inevitabile, guidati dall’autoreferenzialità, che si scandalizzino “i piccoli”,. La prima cosa da fare è allora eliminare dalla nostra vita ciò che ci fa ostinatamente “inciampare” (“scandalo” significa “inciampo”) nel cammino di fede,. ( N. Galantino) [..] “Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala:, ….” Tutti noi siamo membra di un solo ed unico Corpo. […Gesù] è venuto a salvare tutti, affinché nessuno vada perduto. E invece noi facciamo prima a “tagliarci” di un fratello che tagliarci un piede, una mano. Facciamo prima a strappare la dignità ad un fratello, il suo pane, il suo lavoro… che strapparci un occhio. (Père Christian de Chergé: “L’autre que nous attendons” 29 settembre 1985).
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