III Domenica di avvento: vivere il vangelo nella concretezza della storia.
L’invito di Giovanni Battista alla conversione viene accolto dal popolo, ad eccezione dei rappresentanti dell’istituzione religiosa.
Al suo battesimo accorrono le folle e accorrono addirittura i pubblicani, i soldati, ma sono assenti scribi, sacerdoti e farisei. ….
Le folle che invece accolgono l’invito di Giovanni Lo interrogavano chiedendo: “Che cosa dobbiamo fare?” …. Nelle risposte di Giovanni Battista non c’è nulla che riguardi la religione, nulla che riguardi il culto. Non dice “andate di più al tempio, portate delle offerte, pregate di più”, ma suggerisce atteggiamenti di giustizia, di solidarietà, di condivisione nei confronti dell’uomo. ( A. Maggi)
Che volete che significhi il battesimo?
Anch’esso è diventato un rito sterile, inutile in cui le buone famiglie si assicurano che anche i figli siano garantiti per la vita eterna.
Ma un battesimo di fuoco è un battesimo che brucia, come il fuoco nelle stoppie.
Il battesimo di fuoco ci rende impazienti, ci rende incapaci di stare zitti; il battesimo di fuoco ci rende appassionati nella denuncia delle ingiustizie e pone questa passione al di sopra di ogni altra preoccupazione, anche dell’obbedienza, della docilità.
Questa passione sta prima di tutto.
È al Regno di Dio che l’uomo aspira: questa è la certezza che, a volte , mi riconduce – come per una specie di reazione dinanzi alla realtà storica – all’intimità del Vangelo come germe vivo.
Io mi ritrovo in quel Regno, lo sento vero, sento che esso circoscrive e relativizza tutto il sapere umano; tutto il razionalismo che si è svolto in antagonismo con la religione.
L’annuncio evangelico è puro: esso è consegnato a coloro che lo vivono.
Gesù è ancora uno sconosciuto, come lo annunciava il Battista: «C’è in mezzo a voi uno che non è conosciuto».
Noi abbiamo Cristo nei crocifissi, nei quadri, nei simboli, nelle croci pettorali dei vescovi, negli anelli ma in realtà egli è uno sconosciuto, perché la Sua Verità verrà dopo la giustizia, e la giustizia non c’è.
In questo mondo, se Gesù viene, è crocifisso per necessità.
Dove più è acclamato, più è crocifisso.
Bisogna essere fedeli a questa certezza, e bisogna certo, anche concedersi la gioia, ma sapendo che essa è parzialmente illegittima, e che essa è solo il pregustamento di ciò che sarebbe il mondo, qualora facessimo giustizia.
Ci sono dei pessimisti che dicono: L’uomo è nato lupo per l’uomo e così sarà sempre. Dinanzi alla violenza non si meravigliano nemmeno: il mondo non può andare che così.
Ma chi ha sperimentato che potrebbe andare in un altro modo, chi ha scoperto che dipende da noi, non dal fato, dalle stelle o dalla provvidenza, ma da noi, che vada in un altro modo, allora diventa più indomabile nel combattere le condizioni che impediscono questa realizzazione.
Non ci sono due realtà: una il Regno di Dio e una il regno dell’uomo.
La creazione è una sola; o il progetto di Dio è uno solo per tutti gli uomini.
Avere questa certezza significa realizzare in noi l’attesa, l’avvento.
Questa attesa ci pone nel cuore dei problemi di tempo e ci suggerisce, con fantasia creativa, espedienti per lottare contro la meccanica di morte, dinanzi alla quale sta la predicazione del Vangelo di Giovanni il Battista.
I pubblicani, gli scribi, i farisei, Erode, tutti sono – dinanzi a Lui – condannati.
Noi sappiamo che Cristo deve venire, viene dopo, ma è già presente anche in questo Vangelo di giustizia. Basta avere queste certezze e poi aprire le pagine del giornale di stamani per sapere come si fa a vivere il Vangelo nella concretezza della storia, senza troppa teoria. Basta rifarsi a questi imperativi di fondo, illuminati dalla Parola di Dio di oggi, per sapere che non si può essere cristiani se non ci addossiamo – in modo concreto – le tribolazioni in cui vive l’umanità che sconta le proprie ingiustizie. (Ernesto Balducci – da “Il Vangelo della pace” vol. 3 – anno C )
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