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II Domenica di Quaresima: Viviamo dentro una nube la nostra esperienza di fede. Nessun contatto in questa nube con la gloria di Dio se non la parola " Questo è mio Figlio, ascoltatelo".

trasfigurazione… Dopo aver contemplato la gloria di Gesù, gli apostoli, entrati nell’oscuramento della nube dove furono presi da timore, vennero impegnati dal Signore – è detto in un altro sinottico – a tacere su quello che avevano veduto.
Le certezze che nascono da un contatto con la Gloria di Dio, non possono essere dette nel contesto del nostro discorso feriale, né propagate come se fossero verità di tipo filosofico o scientifico. Esse eccedono a tal punto la credibilità, sono così al di fuori della nostra possibilità di rappresentarle che il vero modo di rispettarle è il silenzio.
C’è un silenzio che nasce dal vuoto uno non dice niente perché non ha niente da dire ma c’è un silenzio che nasce dal pieno uno non dice niente perché sa che quello che dice non è credibile – . C’è un ritegno che è l’opposto della mancanza di fede, è un segno della fede. […]
 È dentro una nube che viviamo, dunque, la nostra esperienza di fede.
 Vivere così significa innanzitutto vivere sotto il segno della croce.
Paolo, con parola forte, parla dei «nemici della croce».
I nemici della croce di Cristo sono tutti coloro che dimenticano che l’esistenza è sotto il segno della morte, siamo in questa vita terrena con tutti i segni della fragilità.
Il punto terminale della nostra vita umana è un cimitero. Questo è il mondo della nostra esperienza. Chi di voi ha avuto qualche altra esperienza che ci porti al di là di questo limite?
La nube ci circonda totalmente.
… Viviamo dentro una nube dove, come gli Apostoli, abbiamo un gran terrore.
Questo terrore lo provate ogni giorno se tenete gli occhi aperti, e nell’orizzonte domestico e nel grande orizzonte – anch’esso ormai domestico – della vita sociale, dove ci raggiungono notizie terrificanti, dove la fragilità dell’uomo, gli squilibri dell’uomo aggressivo, il sangue che si sparge, ci danno terrore.
Non possiamo costruirci una cronaca a nostro uso e consumo, tutta azzurra o tutta rosa, perché il mondo è squallido.
 Questa verità, offertaci da questo mondo terribile, non è l’ultima verità.
 L’altro terrore, che è sacro, è quello della potenza di Dio ed è lo specifico della fede.
Come la fiaccola che passa, secondo un rito antico, attraverso gli animali squartati mentre anche Abramo è nel terrore – è l’iniziativa di Dio che si fa vivo, che porta la promessa e libera Abramo dal terrore – così noi abbiamo questa luce – è la luce della resurrezione – che ci dà come il terrore della potenza di Dio.
Dio non è plausibile, non è ragionevole, la sua potenza sorpassa le nostre argomentazioni. Se così stanno le cose. noi viviamo sotto il segno della croce.
Non ci illudiamo: la signoria del mondo è una signoria micidiale.
I poteri di questo mondo, nella complessità in cui si svolgono e si intrecciano – siano quelli bruti della forza fisica, siano quelli che hanno in mano il diritto e la ricchezza o la parola o la cultura sono poteri che schiacciano i miseri ed hanno efficacia fino a quella soglia oltre la quale c’è il nulla: qui ogni potere tace.
 Di fronte ad un uomo moribondo ogni potere tace, non ha più niente da dire perché il mondo del potere è il mondo dell’effimero, dove la follia si svolge, dove la cultura trionfa, dove il denaro circola.
Questa anticipazione della radicalità della croce è un aspetto della fede – un aspetto terreno, laico – che ci affratella a tutti gli uomini, anzi in qualche modo ci pone accanto a loro, sia pure in modo critico, perché non accettiamo le signorie sostitutive a cui spesso gli uomini senza fede hanno aderito quasi come sostituto della fede.
Ma anche all’interno del mondo religioso siamo contro ogni fanatismo, contro ogni superstizione, contro ogni autoritarismo, perché tutto questo offende la radicalità della croce.
È un principio importante, mai del tutto vissuto, mai del tutto adempiuto, che ci deve trovare intransigenti sia pure con amore.
L’altra verità è che in questa nube non c’è nessun tramite per tener contatto con la gloria di cui vi ho detto se non la parola che dobbiamo ascoltare: «Questo è mio figlio, ascoltatelo».
Ciò che ci rimane come eredità è questa parola, scritta, sì, nei libri, ma in realtà trasmessa nella viva palingenesi del cuore – non si dà la parola consegnando un libro, la parola si riaccende, come se fosse nel momento aurorale, nel cuore che l’annuncia oppure è una parola morta – ed è una parola che fa la sua corsa nel tempo.
(Ernesto Balducci – da “Gli ultimi tempi” – vol. 3- anno C )

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